AVELLINO – “Credo che questa mattina stiamo lanciando un messaggio. Io vengo da lontano, rispetto alla tradizione che abbiamo nella nostra provincia, noi siamo collocati inevitabilmente in una dimensione. Questa provincia è stata una provincia popolare, democratica cristiana – io non sono un nostalgico della Democrazia cristiana – sono nostalgico di quei valori e credo e spero che quei valori possano essere trasfusi nel terzo polo al quale noi aderiamo”: così Giuseppe Gargani questa mattina al circolo della stampa a chiusura dell’incontro promosso dal partito dei Popolari, liberali e riformisti schierato in questa tornata elettorale con il terzo polo di Calenda e Renzi.
“A me non piace l’espressione terzo polo, però è molto importante perché dimostra che non c’è né il primo né il secondo dei poli, perché questa campagna elettorale mi meraviglia, mi meraviglia profondamente, un po’ stupida, molto stupida quella di Letta, il segretario del Pd, che cerca di polarizzare nei confronti della Meloni tutto lo scontro ignorando l’altro, dimostra che. nonostante l’uomo di cultura, a lui sfugge il complesso della società italiana che è pluralistico. Il bipolarismo in Italia non ci sta e non ci sarà, almeno per cento anni. L’Italia – ha spiegato ancora Gargani – è una società complessa, multipolare, pluralistica, con varie culture, vere, non vere, culture forti, pseudoculture. E quindi il terzo polo si è incaricato di una cosa molto importante in questo momento: con una legge elettorale perversa che si chiama rosatellum, che privilegia le coalizioni fittizie, perché in Italia coalizioni non ce ne sono, Calenda e Renzi hanno avuto il coraggio di fare questa autonomia, in alternativa alla destra e alla sinistra. È una destra pericolosa, che peraltro nella nostra provincia non c’entra, per la nostra tradizione moderata. Letta ha fatto una scelta diversa, si è aggregato con l’estrema sinistra, quelli che non hanno votato mai per Draghi, un pasticcio incredibile di cui gli elettori soprattutto in questa settimana si accorgeranno”.
“Lo sforzo elettorale che noi dobbiamo fare – ancora sottolineato Gargani – è quello di appropriarci del centro, il terzo polo si dovrà chiamare di centro perché non c’è più né a destra e non c’è più a sinistra. Non abbiamo più avuto governi in Italia perché nel 2018 aveva vinto l’antisistema, si professava antisistema il M5S e in qualche modo la Lega. La destra non è quel che si suol dire europea, democratica, la destra è pericolosa, c’è una grande difficoltà ad avere in qualche modo tenerezza nei confronti della destra”.
Presenti all’incontro, oltre al segretario e al presidente di Popolari, liberali riformisti, Giuseppe Vecchione e Amerigo Festa, al segretario di Azione Giovanni Bove, i candidati per il terzo polo, vale a dire Domenico Gambacorta, in campo al Senato Campania 2, e Stefano Farina, in corsa alla Camera al collegio uninominale di Avellino.
“Noi – ha detto nel suo intervento Gambacorta – siamo ancorati all’Europa e i valori dell’Unione europea sono un po’ il discrimine tra quello che pensiamo noi di Calenda, di Azione, e quello che pensano altri partiti: lo avete visto l’altro giorno, il centrodestra, che poi non è manco più centrodestra, ma destra destra, sulla vicenda di Orban ha avuto posizioni totalmente diverse: c’è chi lo difende e chi no, Meloni e Salvini hanno difeso Orban, Berlusconi non l’ha difeso. Questi non sono d’accordo su niente. Io sono molto preoccupato. Si dice che c’è un’ondata di voti per il centrodestra, o meglio per la destra perché i moderati lì in mezzo non ci sono più”.
“Ieri la Camusso ha parlato di aree interne, le avranno detto qualcosa in macchina mentre veniva ad Avellino, non c’ha capito nulla, poverina, e queste sono cose che, per chi ha avuto funzioni di rilievo all’interno del sindacato come la Cgil, fanno abbastanza male”
E ancora: “In questo clima di crisi che stiamo vivendo la campagna elettorale è complicata, è difficile, però un messaggio di concretezza, di serietà lo dobbiamo dare. Il voto di pancia ha determinato un’Italia che è arretrata, i voti a questi schieramenti sempre più estremi – la destra destra, la sinistra che segue Fratoianni e Bonelli – non aiutano l’Italia ad uscire da questo momento di difficoltà. Usciamo dalla camicia di forza in cui ci troviamo dal 2001, che è la camicia di forza della mancanza dei partiti, di schieramenti sempre più estremi, della impossibilità di scegliere i candidati”.