AVELLINO – Sono ancora agitate le acque irpine. Malgrado le buone intenzioni di Giovanni Colucci, Presidente dell’Ato Calore Irpino (nella foto di Carmine Bellabona), la revisione del Piano d’ambito procede a rilento. Alcuni dei principali attori della vicenda, a partire dall’Alto Calore Servizi, sembrano interessati a recitare ruoli da solista su altri palcoscenici. La società di Corso Europa è sempre più dilaniata da polemiche e contrasti intestini che allontanano sempre più l’obiettivo primario, l’affidamento in house. Le amministrazioni comunali, che, a loro volta, dovrebbero fornire i dati necessari all’adeguamento del Piano, non danno mostra di uno spirito collaborativo, ma, viceversa, assumono iniziative che si dirigono in senso opposto. Emblematiche, in tal senso, sono le prese di posizione dei vertici di due Comuni irpini, Caposele e Montemiletto, che rientrano nel bacino territoriale dell’Ato Calore Irpino. Il primo cittadino del Comune della Valle del Sele, sottraendosi a qualsiasi confronto o dialogo con l’ente d’ambito, ha siglato un accordo con l’acquedotto pugliese per lo sfruttamento delle risorse idriche locali. Ancora più singolare l’iniziativa del sindaco di Montemiletto, che ha guidato la secessione del suo Comune dall’Alto Calore Servizi, società in cui ricopre la carica di vicepresidente.
Stando così le cose, è fin troppo evidente che, contrariamente a quanto ritenevano i sostenitori della battaglia referendaria sull’acqua pubblica, l’ostacolo più difficile da superare sul percorso dell’affidamento diretto del servizio idrico al gestore pubblico è rappresentato dall’inerzia e dai comportamenti contraddittori della classe politica locale, e non dagli interessi e dalle speculazioni dei gestori privati. In realtà, la minaccia della calata dei “signori dell’oro azzurro” aveva prodotto il magico effetto di coagulare gli interessi e le intenzioni di gruppi e movimenti politici che occupano massicciamente i vertici degli enti e delle società di servizio (in primis, l’Ato e l’Alto Calore Servizi). Se non che, una volta raggiunto l’obiettivo con la vittoria registrata nei referendum del giugno scorso, l’attenzione si è nuovamente spostata sulle manovre politiche dirette a consolidare o, viceversa, a minare le leve di comando.
In questo contesto anche la convergenza delle forze politiche in occasione dell’approvazione del bilancio dell’ente d’ambito si è rivelata una semplice tregua, a cui hanno fatto subito seguito nuove schermaglie sulla gestione dell’Alto Calore Servizi. Fatto è che il dibattito politico, che di per sé costituisce il percorso ideale per soddisfare i bisogni e risolvere i problemi delle comunità amministrate, diventa sterile e pretestuoso ogni qualvolta presti attenzione esclusivamente alle questioni riguardanti la gestione degli strumenti e centri di potere.
Accade, così, nel caso concreto che le forze politiche abbiano dedicato e dedichino molta attenzione agli equilibri interni della società di servizio, anche in relazione alla organizzazione del personale e della ottimizzazione delle risorse. E, tuttavia, le stesse forze sembrano dimenticare che quegli stessi equilibri, qualunque possa essere la soluzione idonea a renderli stabili, saranno destinati a saltare se in tempi brevi non verrà approvata la revisione del Piano d’ambito.
È proprio il Piano, infatti, ad individuare ed organizzare le risorse umane, economiche e strumentali necessarie alla gestione del servizio idrico integrato. Ciò significa che, in mancanza di un Piano aggiornato e realistico rispetto alle attuali caratteristiche del servizio, le polemiche che scuotono il confronto politico rischiano di risolversi in vuote e sterili disquisizioni.