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    15/05/2024

Un libro su Augusto Guerriero, il giornalista avellinese che spiegò la politica estera

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura_augusto_guerriero.jpgAVELLINO – Promossa dal settore Cultura della Provincia di Avellino è in programma giovedì prossimo, 31 maggio, con inizio alle ore 16.30, presso la sala Penta della biblioteca provinciale “Giulio e Scipione Capone” di corso Europa, la presentazione del libro di Claudio Taccucci sulla figura del grande giornalista avellinese Augusto Guerriero, detto Ricciardetto (Avellino, 16 agosto 1893 – Roma, 31 dicembre 1981). Ne parleranno, presente l’autore, Gianni Festa, presidente del Corecom Campania; Generoso Picone, responsabile della redazione provinciale del Mattino; Bruno Guerriero, capo redattore di Ottopagine; Vittorio Ciarrocchi, opinionista della redazione pesarese del Resto del Carlino. Dopo i saluti del presidente della Provincia di Avellino, Cosimo Sibilia, e dell’assessore alla Cultura Girolamo Giaquinto, introdurrà Anna Maria Carpenito Vetrano, l’ex direttrice della biblioteca provinciale che ha curato la prima sistemazione delle migliaia di volumi, giornali e riviste della donazione Guerriero. Modererà la giornalista Stefania Marotti.

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È davvero poco definire doveroso l’omaggio che il settore Cultura della Provincia di Avellino dedica alla memoria del giornalista avellinese Augusto Guerriero in occasione della pubblicazione del libro di Claudio Taccucci Ricciardetto: Augusto Guerriero un grande giornalista che ha previsto gli eventi mondiali di un secolo. Un secolo, il ventesimo, che Guerriero ha attraversato, in pratica, in tutta la durata ed in tutte le sue terribili manifestazioni.

Figlio di quella straordinaria fucina di cultura che fu il liceo “Pietro Colletta” nel capoluogo irpino, Guerriero individuò subito nel pensiero liberale il suo naturale habitat sociale e politico dal quale mai si allontanò. Entrato in diplomazia, Guerriero fece subito sue le regole che la caratterizzano: capire, dissimulare, interessi nazionali, versione ufficiale, mire segrete. Nel giornalismo mise questi pilastri alla base delle sue analisi sui temi di politica estera che trattò con disarmante disincanto sulle pagine (la prima per l’esattezza) del Corriere della Sera. Supportato da una conoscenza profonda della geografia e della storia dei popoli, come si conviene ad un vero diplomatico, esaminò da grandissimo giornalista le vicende internazionali che intanto si delineavano proprio partendo da quelle conoscenze. Mente e «cuore» profondamente de ideologizzati, testimonianza laica vivente, Augusto Guerriero contese agli americani Lipman e Rostow e al francese Raimond Cartier il ruolo di miglior columnist del mondo libero.

Se ci fosse stata una sfida ufficiale Guerriero avrebbe stravinto a posteriori. Scrisse che l’Unione sovietica non era altro che un insieme di popoli diversi ed in feroce lotta tra di loro tenuti insieme dalla violenza comunista e che con l’allentamento dei vincoli ideologici e la mitigazione dell’ossessiva invadenza militare, quel blocco si sarebbe sciolto come neve al sole ed i micro Stati che la componevano si sarebbero dilaniati per difendere petrolio, diamanti e materie prime di cui abbondavano.

Quando la Iugoslavia accentuò il suo ruolo terzomondista sotto lo sguardo benevolo dell’Occidente, Guerriero scrisse su Epoca, il settimanale della Mondadori allora tra le più prestigiose testate europee, che quel paese si sarebbe dissolto con la scomparsa del dittatore comunista Tito e che la stessa fine avrebbero poi fatto i paesi balcanici comunisti. Scrisse per primo dei contrasti violenti tra bosniaci, montenegrini e serbi, individuò nel Kosovo il pomo della discordia tra Albania e l’allora Iugoslavia, e poi della Macedonia e del petrolio rumeno.

I suoi scritti, nel mondo cristallizzato del ventesimo secolo, apparvero come le bestemmie di un pazzo così come il suo gelido osservare la trasformazione non soltanto politica dell’Italia del boom economico. Nei suoi articoli su Epoca, dove con lo pseudonimo di Ricciardetto firmava la rubrica Memoria dell’Epoca, gelò subito gli entusiasmi di quanti vedevano nell’avvento del centrosinistra il grande salto di qualità della giovane Repubblica. E se si trattasse soltanto di una ulteriore spartizione delle poltrone e del sottopotere? Diamo tempo al tempo. Allora gli italiani capiranno! Questa micidiale valutazione dell’accordo Dc-Psi fu folgorante per pochi. L’Italia, come si diceva allora, andava serenamente a sinistra.

Sempre su Epoca Augusto Guerriero curava anche un fitto dialogo con i lettori. Altero, sarcastico, acido, non lasciava scampo ai suoi interlocutori. Le risposte alle lettere che riceveva erano piene di sottolineature di errori grammaticali di chi gli scriveva sia per adularlo che per contestarlo. Fu vittima delle sue feroci censure anche un sindaco di Avellino, l’avvocato Angelo Scalpati che aveva difeso la città che il giornalista – aveva scritto – non aveva più riconosciuto durante una visita nella sua Avellino ormai sconvolta dall’edilizia post-guerra.

In un’altra occasione ricordò gli anni del liceo e di Guido Dorso, il meridionalista suo compagno di corso. Parlò del Corriere dell’Irpinia da quest’ultimo fondato e del suo risveglio post-bellico con Irpinia libera. Ma Dorso, l’autore de La rivoluzione meridionale, notava Guerriero, era un azionista ovvero un liberale che, però, correva su un’altra sponda del fiume.

Ammalato, chiuso nella sua casa romana, ormai sordo (“mi è anche negato l’ascolto del mio adorato Mozart”, scriveva) seguiva quotidianamente e maniacalmente i fatti del mondo leggendo i giornali che gli arrivavano da tutto il mondo: il Guardian è il migliore, diceva. Da una risposta ad una coppia di giovani che gli chiedevano come mai una persona così colta fosse anche così cattiva venne un segnale sulla ormai prossima resa di Ricciardetto. “Voi siete giovani, disse, e vedete il mondo come tanti cerchi sempre più ampi che si aprono nell’azzurro del cielo. Capirete più avanti che la vita è diversa. Con il tempo che passa quei cerchi si restringono fino a chiudersi su di noi”. Quella risposta, senza alcun rimprovero al giovane ed alla giovane, erano preceduti da un significativo “cari ragazzi”.

Augusto Guerriero morì qualche tempo dopo. Da tempo non c’era più la sua rubrica ed Epoca era quasi allo stremo. Ricciardetto riposa nel cimitero di Avellino. Palazzo Guerriero, sul Corso Vittorio Emanuele del capoluogo irpino, fu demolito dopo il sisma del 1980. A lui è stata intitolata una strada nella zona dello stadio "Partenio-Lombardi".

 

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