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    18/01/2025

La Meloni nel Pantheon democristiano di Rotondi

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Alcide Gasperi ad Avellino ad Avellino nel maggio del 1953AVELLINO –  A proposito dell’ultima sortita elettorale di Gianfranco Rotondi che inserisce Giorgia Meloni “tra i grandi maestri democristiani” riproponiamo ai nostri lettori la lettura dell’articolo che Antonio Di Nunno, il sindaco-giornalista scomparso prematuramente il 3 gennaio 2015, scrisse con lo pseudonimo di Gabriele Gelormini sul nostro giornale, L’Irpinia, il 14 febbraio del 2009 e al quale demmo il titolo Dorso, Sullo e…De Marsico. Il Pantheon di Rotondi. Già allora il “democristiano” Rotondi dimostrava di avere le idee un po’ confuse. Sorprende non poco che, finora, a fianco di Sullo, De Gasperi e gli altri padri della Democrazia cristiana, non abbia ancora messo in campo, nei suoi slogan elettorali, i Mussolini, gli Almirante, i Rauti. Che dire? O tempora, o mores.

*  *  *

Governo disinforma: è questo il risultato del raduno di ministri che si è svolto ad Avellino; la disinformazione propalata dagli uomini di governo saliti sul palco del teatro Gesualdo. I ministri ed i sottosegretari, tutti autorevoli, hanno detto che per il Sud il governo di centrodestra ha già fatto molto ed altro farà.

Della stessa opinione, naturalmente, il presidente del Consiglio Berlusconi che in collegamento telefonico ha giustamente parlato molto dell’imminente rilancio dell’economia e poco, molto poco, del Sud. E quando l’ha fatto non ha mai trovato la possibilità di usare parole tipo Sud, Meridione, Mezzogiorno. Della utilizzazione impropria (vera e propria “distrazione di fondi”) dei soldi destinati alle aree sottosviluppate (F.a.s.) non un accenno; nemmeno sui fondi sottratti alla Calabria e lo stesso si dica del colpo mortale ricevuto dai Comuni del Mezzogiorno con la sottrazione dell’Ici (al Nord altri gettiti consentono una sia pur ondeggiante sopravvivenza).

Cosa rimane di meridionale e di meridionalista del viaggio in Irpinia di mezzo governo? Per ora soltanto la promessa di Berlusconi che quasi certamente (da sottolineare il “quasi”) sul Formicoso (Andretta) non sarà aperta una megadiscarica da due milioni di tonnellate di rifiuti. Poi tanto, ma veramente tanto rumore. Tanta gente, una standing ovation per il ministro leghista Maroni appena reduce dall’approvazione di norme liberticide e vergognose contro gli immigrati.

Ed ancora una seria riflessione del ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli sulle…infrastrutture; il tacito riferimento al ponte sullo Stretto di Messina che renderà il Sud “più bello e più grande che pria”; una disponibilità del sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto alla cessione di aree militari ai Comuni (il Comune di Avellino ha capito?); uno spot elettorale della ministra Carfagna; ed infine una originale ricostruzione – vero pezzo forte del raduno ministeriale – del pensiero e dell’azione meridionalistici da parte del padrone di casa, il ministro per l’Attuazione del programma del governo , Gianfranco Rotondi.

All’indubbio successo di folla ha fatto, però, da contrappunto l’assoluta mancanza di fatti concreti per l’Irpinia come per il Mezzogiorno. Ad onta delle richieste degli imprenditori (Sarno in Irpinia, Lettieri a Napoli, Marcegaglia a Roma), nessuno dal governo ha saputo mandare segnali decenti sulla questione della “fiscalità di vantaggio”: sistema pulito e semplice per aiutare le imprese senza farle passare per le forche caudine dei favoritismi di partiti, ministri e faccendieri; sistema che, però, non va giù al ministro Tremonti che non ne vuol sapere.

Si sarebbe potuto chiarire qualcosa sui tanti dubbi che si nutrono sulla capacità taumaturgica e salvifica del cosiddetto federalismo fiscale da molti quaggiù ritenuto il cavallo di Troia capace di portare nel Paese i veleni del razzismo antimeridionale ed i germi della scissione di fatto del Paese (Cecoslovacchia docet). Ed ancora ci si aspettava qualche segnale chiaro e non il generico comizio telefonico di Berlusconi su due punti fondamentali per il rilancio dell’economia: ci riferiamo all’urgenza di investire subito in infrastrutture per le quali si aspettano (da noi) soldi e decisioni per l’asse Tirreno-Adriatico che in provincia vuol dire asse Contursi-Lioni-Grottaminarda e l’elettrificazione della ferrovia Avellino-Benevento. E poi c’è la secolare richiesta della ferrovia Napoli-Avellino.

Infine si sta discutendo della possibilità di affidare fondi agli enti locali, gli unici con progetti esecutivi pronti con cantieri subito apribili. Si pensi, ad esempio, alla messa in sicurezza delle scuole o ad un piano di regimentazione delle acque che durante l’inverno si disperdono anziché essere conservate per l’agricoltura. E questo è un piano che la Provincia aveva in mente, pensate, già negli anni Cinquanta. Niente di tutto questo, dunque. In cambio, come dicevamo, la dotta lezioncina del ministro Rotondi.

Il giovane parlamentare irpino, organizzatore dell’incontro, si è infatti reso protagonista di una singolare rammagliatura del pensiero meridionalista lungo gli ultimi settant’anni (almeno); come sempre fa quando ha bisogno di nobilitare il ruolo del centrodestra, parla molto di Dc e di cattolici in passato impegnati in politica. Rotondi ha anche annunciato che cercherà di costruire una sorta di pensatoio meridionalistico che faccia tesoro degli insegnamenti di Guido Dorso, Fiorentino Sullo ed Alfredo De Marsico. Diciamo la verità, un assemblaggio piuttosto ardito.

Rotondi, che si è impossessato dell’esclusiva sul pensiero oltre che sul patrimonio (culturale) della Democrazia cristiana, ritiene di dover tutto vedere nell’ottica Dc. Ma come si fa – da ministro del centrodestra che deglutisce impronte per i bambini rom, medici-poliziotti per gli immigrati, attacchi alla Costituzione (filosovietica, dice Berlusconi) – come si fa a raccordare il rigido pensiero dorsiano sulla classe dirigente meridionale con la costruzione sulliana della Dc irpina che nasceva non certo tagliando drasticamente con il moderatismo ed il postfascismo locali?

E persino l’uso di Sullo imbarcato d’ufficio in una visione destrorsa della Dc, quel Sullo che nel '60 si dimise da ministro dei Trasporti dal governo Tambroni che era passato in Parlamento grazie ai voti determinanti del Msi; quel Sullo che da ministro del Lavoro creò un caso con la Svizzera per come venivano tenuti i nostri emigrati nelle loro capanne attorno ai cantieri, quel Sullo che fu attaccato ed offeso dalla destra per il suo progetto di riforma urbanistica (il regime dei suoli)?

E poi – dulcis in fundo – quell’avvicinamento dei due, Dorso e Sullo, ad Alfredo De Marsico, insigne giurista certo, celeberrimo avvocato, docente universitario, avellinese di adozione (era nato a Sala Consilina), ma anche ministro della Giustizia fascista in un periodo (il 1943) in cui qualche dubbio sul regime di Mussolini e sulle sue scelte anche razzistiche era pur legittimo. Mai una protesta per la caccia agli ebrei o per la guerra fascista o lo strangolamento della libertà. Tardivo – dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia – l’adesione all’ordine del giorno Grandi che mirava a cacciare Mussolini e non il fascismo. Soltanto la nascente democrazia italiana gli salvò la vita – e quindi l’adorata professione forense – che Mussolini da Salò voleva togliergli.

Ed allora che cosa c’entra De Marsico con l’intransigente Dorso e con il più audace ministro riformista della Dc quale fu Fiorentino Sullo per tanti inspiegabile politico dai due volti: autoritario in Irpinia, progressista spinto a Roma?

Nel tentativo di costruirsi un pantheon privato Rotondi non si accorge (o non vuole accorgersi) di tradire così proprio la sua terra. Lo stesso viaggio in Irpinia – per chi ha letto il romanzo storico La carovana Zanardelli del lucano Giuseppe Lupo – sembra più un confuso e maldestro tentativo elettorale che un effettivo contributo alla soluzione del dramma-Sud.

Zanardelli fu il primo capo di governo del Regno d’Italia a spingersi oltre Roma. Rotondi è stato l’ultimo politico – in ordine di tempo – ad essersi spinto oltre la decenza.

Guido Dorso si starà rigirando nella tomba.

 

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