AVELLINO – Ospitiamo un intervento di Ugo Longobardi, medico, avellinese, sulla figura e sull'opera di Trotula de Ruggiero, formatasi alla Scuola medica salernitana, apparso la vigilia dell’8 marzo, Festa della donna, sulla Gazzetta di Parma.
Ugo Longobardi, nato ad Avellino il 25 luglio 1965, si è laureato a Brescia in Medicina e chirurgia dove ha conseguito anche la specializzazione in Chirurgia generale. Attualmente lavora come medico di medicina e chirurgia d'accettazione ed urgenza presso l'ospedale di Arezzo. È da sempre appassionato di storia della medicina e storia dei Longobardi oltre ad essere un irpino orgoglioso dei suoi natali.
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La festa dell’8 marzo ancora non esisteva, ma le grandi donne esistevano, eccome! Salerno, intorno all’anno 1000, era una fiorente e cosmopolita città commerciale grazie al suo porto dal quale partivano ed arrivavano navi da tutto il Mediterraneo. Divenuta, nell’anno 847, capitale di un Principato longobardo indipendente che “abbracciava” geograficamente i territori di Napoli, ebbe uno sviluppo molto rapido. Culturalmente furono fondamentali il retaggio della civiltà bizantina preservata nei monasteri - in particolare nel locale chiostro benedettino con annesso “hospitale” e nella vicina abbazia di Montecassino – e gli scambi con il mondo arabo. Per il clima particolarmente salubre Salerno era anche conosciuta come Civitas Hippocratica, e anche grazie a ciò attirò da tutto il mondo mediterraneo medici, che fondarono la più famosa scuola medica dell’antichità: la Scuola Medica Salernitana. La città andò quindi a costituire un tramite tra le tradizioni mediche orientali e quelle occidentali, facendo confluire antichi saperi medici di impronta greca, latina, araba ed ebraica: ne divenne il crogiuolo e la fucina.
I medici salernitani godevano di così ampia fama che i pazienti vi giungevano da ogni dove, dando vita a quella che oggi si definisce “migrazione sanitaria”. Già nell’anno 985, ad esempio, il vescovo di Verdun, Adalberto II, affrontò un viaggio rischioso ed impegnativo di più di 1500 chilometri per farsi curare dai famosi medici locali. La Scuola assurse a pieno decoro scientifico nei secoli XI e XII, conquistando fama continentale, ed infine decadde progressivamente anche a causa del sorgere delle moderne Università, Bologna e Montpellier prime fra tutte. Fu definitivamente soppressa solo nel 1811 da Gioacchino Murat, durante il suo breve regno a Napoli. Una gloria durata circa un millennio.
Proprio in questo effervescente clima culturale nacque attorno al 1030 Trotula de Ruggiero, rampolla di una nobile famiglia longobarda. I de Ruggiero avevano donato ad Alfano, vescovo di Salerno, i terreni sui quali fu costruito il Duomo. Donna nobile, ricca e famosa, era, secondo un anonimo del XIII secolo “donna, filosofa, assai bella e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità e utili insegnamenti”. Può suonare strano che, nel “buio” Medioevo, una donna non solo potesse studiare medicina, ma diventare addirittura uno dei più autorevoli medici del suo tempo, tanto da ottenere il titolo di Magistra. Probabilmente la spiegazione sta nel fatto che Salerno era città longobarda ed i Longobardi, spesso classificati sbrigativamente “barbari”, avevano un grandissimo rispetto per il ruolo della donna nella famiglia e nella società. Per Trotula non fu quindi un problema insormontabile quello di diventare medico, ma fu anche moglie e madre. Sposò il collega Giovanni Plateario, anch’egli Magister presso la Scuola, da cui ebbe due figli: Giovanni e Matteo che divennero essi stessi medici e poi Maestri della Scuola con il titolo di Magistri Platearii.
Trotula si dedicò instancabilmente allo studio ed alla cura delle donne, soprattutto riguardo ai problemi della sfera genitale e della maternità. Raccolse le sue esperienze nel trattato “De mulierium passionibus ante, in et post partum”, gettando così le basi della moderna Ostetricia e Ginecologia. Tra le importanti indicazioni contenute nel trattato citiamo la «necessità di suturare chirurgicamente le lesioni perineali eventualmente indotte dal parto». Cosa che si fa tutt’oggi, nel terzo millennio.
Alcuni la ritengono anche fondatrice della cosiddetta Medicina di genere, nonché femminista ante litteram. Come si evince dai suoi scritti, era convinta che il desiderio sessuale femminile non sia, come si riteneva all’epoca, un peccato, bensì un fenomeno del tutto naturale che, se represso, può recare sofferenza e malattia. Diede consigli pratici su come alleviare tali sofferenze: «si prenda del cotone imbevuto di olio di muschio o di menta e si applichi sulla vulva per calmare il desiderio ed il dolore che deriva da un mancato soddisfacimento».
Fu autrice del primo testo conosciuto di cosmetica il “De ornatu mulierum”, occupandosi quindi anche della bellezza e della vanità muliebri. Nel suo testo dispensa consigli pratici: come sbiancare o rendere roseo il viso, come eliminare le rughe, come eliminare l’alitosi o le verruche, come depilarsi o tingersi i capelli. Non si tratta di un libro per medici, ma è destinato a tutte le donne: una specie di moderno ricettario destinato a coltivare, mantenere ed esaltare la bellezza femminile. Aspetto singolare, Trotula non si rivolge solo alle nobildonne o alle donne più agiate: propone una cosmetica per tutte, modulata per classe sociale in base alla disponibilità di mezzi e di tempo: «A qualsiasi donna, nobile o non nobile, che voglia sapere da me qualcosa di questa arte, offrirò consiglio appropriato al suo status ed ai suoi mezzi, cosicché io ottenga la fama e lei il risultato sperato»: medicina di genere di un millennio fa!
Trotula non conservò gelosamente il suo sapere, ma si dedicò attivamente all’insegnamento, coltivando in particolare la crescita culturale delle giovani donne medico, creando una scuola unica al mondo, quella delle “Mulieres Salernitane”.
Capì con secoli di anticipo che l’igiene è fondamentale per prevenire molte malattie, consigliando le donne su come e quando farsi il bagno e su come lavarsi denti e capelli. Va sottolineato che questa attenzione per l’igiene deriva dalle sue origini longobarde: il suo popolo aveva per l’igiene un vero e proprio culto. Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, descrive con cura il rito del bagno nel popolo dalla lunga barba e narra che Teodolinda, regina longobarda, «ama più Monza che Milano o Pavia per le acque salubri». Alacri, re longobardo, lasciava entrare nel suo palazzo solo chi «aveva sia le mutande che le cose che vi stavano dentro pulite». Nell’antico mondo germanico, da cui provenivano i Longobardi, le terme erano dedicate a divinità curatrici ed i malati venivano immersi in giorni particolari nelle acque calde o fredde per purificarne i malanni. Una sorta di mutua idrico-celeste.
Possiamo quindi concludere che Trotula de Ruggiero abbia creato dal nulla una medicina delle donne e per le donne, fondata su un approccio scientifico, laico e moderno. Quale miglior occasione dell’8 marzo per ricordare questa donna straordinaria?
Fonte: Gazzetta di Parma del 7 marzo 2023