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    03/07/2024

Il libro di Pinto/Sulle rive dell’Ofanto la sfida tra il brigante e il generale

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Da sx: Carmine Pinto, Nunzio Cignarella e Ermanno BattistaAVELLINO - Nella splendida cornice della sala ipogeo del Casino del principe, il Centro di ricerca Guido Dorso di Avellino ha quest’oggi presentato l’ultimo lavoro del prof. Carmine Pinto, docente di storia contemporanea all’Università di Salerno, Il brigante e il generale, edito da Laterza. «Un libro dalla grande capacità narrativa, in grado di mostrare al lettore perfettamente i luoghi in cui si è combattuta la guerra tra l’esercito piemontese e i briganti» ha spiegato il professore Nunzio Cignarella, vicepresidente del Centro e moderatore dell’incontro, che, presentando il volume, ne ha sottolineato alcune caratteristiche, come la capacità di non rendere lo scontro tra il brigante e il generale uno scontro manicheo tra bene e male, ma «in grado di mettere in luce sia gli aspetti negativi del personaggio buono della storia, cioè del generale Emilio Pallavicini di Priola (dedito al vizio delle donne e del gioco, che oggi definiremo ludopatia) che gli aspetti positivi del cattivo, cioè di Carmine Crocco (quali la capacità strategica della creazione di un vero e proprio cartello di bande brigantesche)».

Sono in effetti due i protagonisti del volume di Pinto, che ne ripercorre le vite parallele, il brigante Carmine Crocco, il più famoso dei briganti dell’epoca, e il generale Emilio Pallavicini, colui che, attraverso una capillare strategia militare di contro-guerriglia riuscì ad imporre le principali sconfitte all’esercito dei briganti. In realtà i due personaggi si muovono su uno sfondo complesso, globale e nazionale al tempo stesso: quella lotta che, tra la fine del XVIII secolo e per tutto il XIX secolo, pose contro due ordini contrapposti, «un mondo antico e un mondo moderno», uno basato su «un ordine sociale feudale e su un ordine politico che sottolineava la natura divina della sovranità, e l’altro su un ordine sociale liberale e su un ordine politico che sottolineava la natura costituzionale della sovranità».

Questo scontro, ha affermato Pinto nel suo intervento, è stato particolarmente acceso nel Mezzogiorno d’Italia, «una zona che è stata sempre fortemente politicizzata e violenta» e si è intrecciato al «problema storico della nazione italiana, cioè alla formazione di un grande stato liberale nell’Europa dell’Ottocento». E, ha ricordato Pinto, il ruolo decisivo che ha avuto il Mezzogiorno – e le sue classi dirigenti – nella formazione dello Stato italiano: «nel corso della storia italiana le classi dirigenti meridionali hanno avuto un ruolo decisivo; soltanto nel periodo del fascismo e degli ultimi venti-trenta anni il loro ruolo è stato marginale».

Come si spiega allora, si è chiesto Ermanno Battista, membro del comitato scientifico del Centro Dorso, il successo che ha la narrazione antiunitaria, ha avuto e ha ancora nel Mezzogiorno d’Italia? Battista nel suo intervento, partendo dalla produzione della serie Netflix Briganti, ha sottolineato come, negli ultimi anni, «siamo in presenza di costruzioni narrative massmediatiche che rappresentano il fascino del male, in cui il pubblico è portato ad identificarsi con il personaggio che, da un punto di vista etico e morale, compie atti di malvagità», facendo l’esempio di serie televisive come Suburra, Gomorra, Narcos. Battista ne ha evidenziato l’origine nel «paradigma del bandito sociale, il cui archetipo per eccellenza è Robin Hood, e che ha nei briganti un esempio significativo, fin da quando Crocco lo fece proprio quando pubblicò la sua autobiografia»: cosicché i briganti hanno cessato di essere dei criminali, ma si sono trasformati nei partigiani di una perduta “nazione napoletana”, morti per la loro libertà, come racconta la canzone Briganti se more, «che raccoglie – ha concluso Battista – tutti i tropi narrativi dell’eroe romantico traslandolo nel brigante».

Nel rispondere alle sollecitazioni di Battista, Pinto ha evidenziato come sempre «il passato è una costruzione del presente». Nel nostro presente, quello seguito alla caduta delle grandi ideologie novecentesche e dei grandi partiti di massa, «si è assistito ad un effetto di depoliticizzazione che ha interessato tutta la società occidentale, italiana e anche quella meridionale. Ciò ha prodotto, nel Mezzogiorno d’Italia, due grandi effetti, uno positivo ed uno negativo. L’aspetto positivo è stata la diffusione dell’associazionismo; quello negativo la definitiva rottura della saldatura tra cultura e politica. Questo secondo aspetto – ha concluso Pinto – ha prodotto un sentimento di risentimento e della lettura del passato con i suoi occhi, per cui si cerca in un passato che non esiste quello che il presente non riesce a darci».

Ampia è stata la partecipazione del pubblico alla presentazione del volume. Oltre a docenti liceali e universitari erano presenti, in sala, il professore Vincenzo Barra e l’onorevole Toni Ricciardi.

More images...Aggiornamento del 22 maggio 2024, ore 17.52 – Nell’ambito del programma di attività del Centro di ricerca Guido Dorso, venerdì 24 maggio 2024, nella sala Ipogeo della Casina del principe, in Corso Umberto I, ad Avellino, a partire dalle ore 17.00, avrà luogo la presentazione del libro di Carmine Pinto, Il brigante e il generale. La guerra di Carmine Crocco e Emilio Pallavicini di Priola (Laterza, 2022). Partecipano Carmine Pinto, Università di Salerno; Ermanno Battista, Centro Dorso. Presiede e coordina Nunzio Cignarella, vicepresidente Centro Dorso.

Scheda del libro

Subito dopo l’Unità l’Italia si trovò a combattere una vera e propria guerra civile, quella per il Mezzogiorno. Una guerra che ebbe tra i protagonisti un brigante e un generale, Carmine Crocco e Emilio Pallavicini di Priola. Uno spavaldo erede del mondo feudale contro un baldanzoso aristocratico di spada, l’ultimo esercito dell’antico regime contro il primo esercito nazionale. Una storia che ancora oggi suscita emozioni e divide.

Sulle rive dell’Ofanto, nel Mezzogiorno italiano, un secolo e mezzo fa si svolse una grande sfida. Da una parte c’era il brigante, Carmine Crocco. Pastore, militare, bandito di professione, divenne il capobanda più famoso nelle campagne meridionali dopo il 1860. Alla guida del brigantaggio filoborbonico, sperimentò forme di guerriglia che avranno fortuna nel XX secolo, anticipandone gli aspetti politici e una organizzazione criminale su larga scala. Dall’altra parte, il generale, Emilio Pallavicini di Priola, aristocratico sabaudo, militare esperto in operazioni speciali e al comando di reparti schierati nella campagna contro il brigantaggio. L’ufficiale era parte dell’antica aristocrazia di spada e interpretò la conclusione di un processo secolare in cui i ruoli militari passavano definitivamente ai professionisti della guerra. Nel primo decennio dell’Italia unita furono questi due uomini, lontanissimi per origine e formazione, i protagonisti più conosciuti della guerra per il Mezzogiorno.

Carmine Pinto racconta le loro “vite parallele” e, attraverso queste, gli episodi, i luoghi, le battaglie e le leggende, la guerra tra il primo esercito nazionale e l’ultimo dell’antico regime, fino allo scontro finale e al sorprendente epilogo delle loro esistenze.

Premio Acqui storia 2023 sezione storico-scientifica

Premio Antonio Corbisiero sezione saggisticac

L’autore

Carmine Pinto è professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. Si occupa di storia politica, storia culturale e storia militare. Ha lavorato sui sistemi politici del Novecento, attualmente si occupa di guerre civili e movimenti nazionali nel XIX secolo.

Ha insegnato in molte università europee e latino americane, è membro di comitati di redazione di riviste italiane ed internazionali. Dirige il Centro di Ricerca sui conflitti in Età Contemporanea, la Rassegna storica del Risorgimento e il programma di Dottorato di Ricerca in Studi Letterari, Linguistici e Storici. È delegato per i sistemi di valutazione e i ranking e direttore della Collana editoriale dell’Università degli Studi di Salerno.

 

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