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    03/07/2024

Da Cairano a Berlino l’esodo dei giovani irpini

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Una veduta di Cairano della seconda metà del secolo scorsoAVELLINO – Dal professor Antonio Mondo riceviamo questa riflessione, legata alle problematiche dell’occupazione giovanile e del lavoro, che volentieri pubblichiamo e sottoponiamo all’attenzione dei nostri lettori.

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Il ferragosto avellinese, la festa patronale, è l’occasione per il ritorno in patria da parte degli emigranti, i nuovi fuoriusciti dalla terra natia, partiti per cercare fortuna nelle contrade straniere.

Nonostante gli sforzi fatti dagli attuali politici di unificare l’Europa, sotto l’egida dell’euro, non possiamo parlare di immigrazione a proposito dello spostamento dei lavoratori che vanno da un paese all’altro. Non è come negli States dove tra la California ed il New Jersey si è sempre sotto il dollaro e rappresentati dallo stesso presidente; l’Europa, compresa la zona dell’euro, costituisce ancora un coacervo di etnie e di storia, di usi e costumi.

Il massiccio “exodus” dei giovani irpini, quelli che sono nati subito dopo il micidiale terremoto dell’80, ha raggiunto il suo acme all’inizio del terzo millennio, con la grave crisi del berlusconismo, un sogno diventato povertà. Si rivedono in città amici parenti, facce che tradiscono i disagi affrontati e si portano appresso l’eredità peggiore, quella della globalizzazione senza regole. Sono quasi tutti interpreti di storie contemporanee, di valigie e delusioni.

Quasi tutti diplomati ed alcuni laureati, i nostri giovani, l’energia migliore dell’Irpinia, hanno trasmigrato per costituire la nuova forza lavoro dell’Europa centrale. Molti sono a Berlino, affiliati nella spietata gerarchia dei lavori di fortuna, accomunati a turchi, arabi e cinesi. Si va all’estero non per realizzare la propria attività, la propria competenza, ma per necessità, per disperazione.

Il titolo di studio non rappresenta il corollario all’impegno di lavoro da assumere, ma è il mezzo per capire meglio le lingue e le abitudini locali. Molti irpini si sono stanziati a Berlino, forse l’unica città mitteleuropea dove si respira un’aria di libertà, a svolgere i mestieri più modesti e umili che però danno la possibilità di vivere in comunione con altri ragazzi.

“Tra privazioni e stenti affrontiamo la nostra vita quotidiana e non ho l’intenzione di ritornare a casa”, ci dice un ragazzotto di Cairano, estrema lingua di terra irpina, figlio di un muratore. “Il mio stipendio di cameriere, con 1500 euro al mese, mi dà la possibilità di imparare il tedesco, il francese e l’inglese, con gli amici occasionali, e mi permette di fare anche altri lavori negli spazi di tempo. A Berlino siamo una ventina di irpini, venuti quassù anche dalla Baronia e spesso ci ritroviamo la domenica per non sentire, dopo il lavoro stressante del giorno, le parole del silenzio”.

Anche la storia di Salvatore da Prata Principato Ultra ci è sembrata autenticamente significativa per come si è svolta. “Sono partito dopo aver consultato su Internet qualche sito per un lavoro all’estero. Il viaggio low cost mi ha permesso di risparmiare i pochi soldi accumulati e di evitare estenuanti ore in treno. Faccio l’aiuto cuoco, mestiere mai fatto, con un diploma di grafico. Mi ritengo fortunato perché oltre allo stipendio mi hanno fatto anche un contratto di assicurazione medica”.

Altra storia quella di tre fratelli emigrati da una frazione di Lioni e arrivati in Svizzera, in cantoni diversi, uno dei quali con una laurea in Scienze delle comunicazioni. Tutti fanno un lavoro manuale ma con una paga soddisfacente. Anche Mirko, laureato di Avellino, ha dovuto optare per Belfast dopo aver tentato un impiego a Bologna. “Non ci penso a ritornare, anche se mamma e papà reclamano la mia presenza a viale Italia. Una volta con la laurea rimanevi a casa, o forse in Italia, a lavorare, oggi con il 35% di disoccupazione, tra i giovani intorno ai 25 anni, si è destinati a diventare “bamboccioni” in famiglia”.

Lino, Matteo e Carlo tutti sistemati in Francia, tra Nimes e Bordeaux, a imbottigliare vini destinati all’esportazione nel mondo. “La qualità e la genuinità dei vini francesi ci fa venire la nostalgia dell’Aglianico e del Taurasi delle nostre zone montemaranesi. Qui c’è il falso mito dei vini francesi, ma seguendo anche le fasi dei vini rossi il pensiero va subito a giapponesi e cinesi, fruitori principali dei prodotti. Stiamo all’estero giusto per lavorare ed avere la certezza del guadagno sicuro, con una prospettiva per la nostra vecchiaia, visto che in Italia non esiste né lavoro né la possibilità di una pensione”.

Ormai l’esodo dei nostri giovani ha raggiunto livelli altissimi e tra il 2009 e il 2011 c’è stato un incremento del 6%. I Paesi da raggiungere sono la Gran Bretagna, la Svizzera, la Germania, l’Olanda ed il Belgio. Una moltitudine di giovani che con la loro fuga hanno fatto invecchiare la nostra popolazione. Una fuga che porta con sé l’infantile paura di soffrire, con tanta nostalgia dei luoghi nostrani, ma che apre nuovi orizzonti ai nostri ragazzi ispirandosi alla vecchia filosofia del “carpe diem” sperando in un futuro migliore.

Oggi registriamo, a malincuore, la partenza di questo esercito ma nel contempo siamo lieti perché abbiamo dei “pusher” in meno e dei potenziali inquisiti, visto l’escalation della droga nelle nostre contrade e la facilità con cui le organizzazioni criminali fanno cadere nelle loro foibe i giovani, infiacchiti dalla disoccupazione e dalla disperazione.

 

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