AVELLINO – L’occhio sulla città di questa settimana guarda al calcio e avrebbe voluto constatare e raccontarvi, come nell’ultimo sguardo sul tema, di una ritrovata serenità nel lavoro, di fiducia in chi è chiamato ad assolvere a compiti di gestione e di management, di una altrettanto ritrovata tranquillità economica che non va mai sottaciuta, di certezza di futuro, tutte cose che un cambio di proprietà connesso ad un fisiologico quanto naturale riassetto degli equilibri dovrebbe poter garantire. E invece, specchio della stasi generalizzata della città, ecco che anche nell’Avellino Calcio, come in un perfetto gioco dell’oca, ad un passo in avanti ne corrispondono due indietro.
Quella che si sta vivendo, infatti, è una situazione surreale in cui a dominare non è come dovrebbe essere il rettangolo verde, bensì la divisione, la depressione, l’ansia. In questo clima si fa ancor più centrale la posizione di mister Capuano, comunque bravo a cercare di isolare e tener concentrata la squadra. Nonostante tutto, però, un dato emerge incontrovertibile: l’Avellino non sa più vincere. Nel 2020, infatti, non è venuta ancora nessuna vittoria, dobbiamo dedurre dunque che qualche freddo spiffero relativo alle fragilità interne alla società, deve aver lambito anche i calciatori.
Come ricorderete avevamo plaudito alla scelta di Salvatore Di Somma per la carica di direttore sportivo dell’Avellino rimarcando il suo essere importante figura di riferimento e di garanzia, la sua grande capacità di mediazione ed indiscutibile esperienza, poi ci siamo rammaricati pur prendendo atto del fatto che si fosse dimesso, rinfrancati dal fatto che a sostituirlo fosse stato richiamato il giovane, bravo e competente Carlo Musa, ed oggi, per tornare alla metafora del gioco dell’oca, ci ritroviamo al punto di partenza: Carlo Musa esonerato e riecco Di somma.
Il carattere dominante intorno all’Avellino Calcio in queste ultime settimane è decisamente il poco stile, la poca riconoscenza e, consentitecelo, l’improvvisazione. Soprattutto perché a Musa era toccato il difficile compito di rinforzare la squadra nel complicato mercato di riparazione, ma tant’è. Si dice che, come capita spesso, la verità sia nel mezzo, staremo a vedere. Non vorremo, però, che vista l’insofferenza e l’impazienza emersa in queste ore proprio dal figliol prodigo Di Somma ci possano essere altre prossime sgradite sorprese, non vorremmo, insomma, che proprio per il troppo amore per l’Avellino il capitano degli anni d’oro si sia lasciato trascinare dentro una matassa un po’ troppo delicata ed intricata, difficile da sbrogliare anche per lui.
Noi da tifosi biancoverdi, certo, ma anche con la doverosa quanto naturale terzietà che ci è imposta dalla professione giornalistica, auspichiamo che le nubi nere che sono tornate ad addensarsi sul futuro dell’Avellino possano presto di nuovo diradarsi con una soluzione ampiamente condivisa e soprattutto definitiva, che possa restituire centralità al calcio giocato, dando finalmente serenità ad un ambiente ancora tanto provato. Ora, stante il fatto che, a quanto si apprende, anche il sindaco si è detto disponibile a giocare un ruolo decisivo nella vicenda, attendiamo con fiducia che dalle parole si passi alla concretezza dei fatti.
In positiva attesa di ulteriori sviluppi e dell’indispensabile chiarezza che si deve alla piazza non ci resta che ritrovare compattezza: nel rispetto dei ruoli, con il giusto entusiasmo e senza eccessi, ognuno contribuisca a ritrovare e a mantenere quell’unità necessaria al raggiungimento dell’obiettivo stagionale, la salvezza. In bocca al lupo e buon lavoro all’Avellino dunque. In fondo, dopo tanta pioggia meriteremmo di poter tornare ad osservare felici l’arcobaleno. Cosa dire di più: quod hodie non est, cras erit (ciò che non è oggi sarà domani).
