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    03/07/2024

L’occhio sulla città/Parole, parole, parole...soltanto parole

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Attualita11_avellino.jpgAVELLINO – Chi scrive non può ricordarlo ma è storia che il 23 novembre 1980 Avellino ha dovuto fronteggiare un devastante terremoto. Ebbene, a 40 anni dal sisma (lunedì ne ricorderemo l’anniversario), avremmo voluto provare a guardare in positivo, avremmo voluto raccontarvi di una città che fa progetti di rinascita, per dirla con il nostro sindaco, avremmo voluto raccontarvi di una città “capace finalmente di lasciarsi alle spalle il periodo più buio della sua storia: perché è un pugno nell’occhio passeggiare e notare quegli scheletri lungo Corso Vittorio Emanuele, via Piave, viale Italia o via Tedesco”.

Sì, avremmo voluto fare tutto questo e  invece continuiamo ad essere sgomenti di fronte all’insipienza di chi è chiamato ad assumere decisioni e responsabilità nella nostra città. In effetti basta fare una passeggiata per le vie del centro, e non solo, per trovare ancor oggi visibili riscontri di ferite e lacerazioni che ancora sanguinano. Ci si trova di fronte a cantieri avviati e poi inspiegabilmente interrotti come, ad esempio, Palazzo Sandulli a Corso Vittorio Emanuele  o il rudere che ospitava un famoso bar cittadino, per il quale sono state avviate e concluse tutte le procedure e le opere di messa in sicurezza ma poi più nulla; o ancora Palazzo Trevisani, da tanto, troppo tempo ormai “imbracato ed in attesa  di adeguata cura” e che, ricordiamo, peraltro al suo interno ospita una scalinata del Vanvitelli. Non va dimenticato neppure il gran numero di palazzi terminati ma ancora inspiegabilmente dichiarati inabitabili. Una condizione di contesto alquanto stridente, insomma, viste anche le tante rinnovate attività commerciali a dar lustro al nostro “salotto buono” .

Le perplessità in noi dunque restano immutate: che fine hanno fatto i fondi post sisma destinati proprio al recupero ed alla ricostruzione di questi palazzi?

Dove è finito il tavolo permanente istituito proprio dal sindaco Festa, con la Camera di commercio e tutti gli ordini professionali, che avrebbe dovuto vigilare e sovrintendere ad un attento lavoro di restyling e di messa in sicurezza degli edifici dandosi l’obiettivo precipuo di guarire una volta per tutte il capoluogo dalla ferita dei suoi buchi neri? Quale città che voglia definirsi civile può permettersi di accettare e/o concedere ancora tempi d’attesa tanto dilatati?

Non  sono più tollerabili, ormai a 40 anni dal sisma, rimpalli di responsabilità, litigi o peggio sterili e strumentali conflitti di competenze. Occorre una “rivoluzione civica”: nel merito, la nostra rubrica, avendo eletto ad oggetto di più di un suo sguardo, proprio il tema dei” buchi neri in città, ha invitato il sindaco, la sua giunta e tutti i comparti interessati ad agire dove possibile “motu proprio” o d’imperio, avvalendosi anche eventualmente di specifiche leggi dello Stato. E dunque, visto il nuovo periodo di semi lockdown regionale, imposto dalla pandemia da Covid-19, quale occasione migliore per questa amministrazione per portare a conclusione i tanti cantieri cittadini avviati e poi sospesi o per avviare un dialogo fruttuoso con i privati, proprietari dei tanti palazzi oggetto di segnalazione e non solo? Sarebbe un buon modo per iniziare a risolvere finalmente e definitivamente situazioni divenute ormai annose ed insostenibili.

Fa piacere ricordare come, proprio in un’ottica  di “dialogo fruttuoso con i privati”, l’unico cantiere in cui si sta procedendo a  ritmo sostenuto con i lavori è quello di Palazzo Genovese in viale Italia. Solo così si potrà assicurare quell’unità di immagine e di decoro che permetterà alla nostra città di proiettarsi davvero nel futuro e di lasciarsi finalmente e definitivamente alle spalle quel nebuloso e triste passato di cui, purtroppo, ancora conserva retaggio.

Non possiamo esimerci, infine, dal far doveroso cenno allo stato di degrado e di abbandono in cui versano gli edifici siti alla “porta Est d’ingresso alla città: ci riferiamo a via Francesco Tedesco. Ora, al di là di reboanti dichiarazioni partite addirittura dalla campagna elettorale e non ancora sostanziate dalla concretezza dei fatti, solo attraverso un serio ed oculato progetto urbanistico che unisca tangibilmente e compiutamente il centro come la periferia si potrà davvero dare avvio a quella “rivoluzione Avellino” immaginata dall’amministrazione guidata dal sindaco Festa ed eletta ad emblema della sua  “propensione all’attivismo”. Staremo a vedere: non più, dunque, parole, parole, parole...ma soltanto fatti.

Siamo stanchi di continuare a commentare e a criticare evidenze che ornai parlano da sé, tanto da sentir condiviso quanto Shakespeare affermava: “Le parole possono diventare così false che odio dimostrare le mie ragioni con esse”.

 

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