AVELLINO – Passa il tempo, passano gli anni, cambiano le amministrazioni comunali ma il rammarico, il disappunto e la tristezza di fronte all’insipienza di chi è chiamato ad assumere decisioni e responsabilità per la nostra città restano in noi inalterati.
Ci viene da pensare, ad esempio, all’isola ecologica del capoluogo che non c’è più ormai da un anno e mezzo per un inspiegabile, strumentale ed inaccettabile capriccio del sindaco Festa ma per il cui servizio i cittadini, sembra, siano costretti comunque a pagare circa duecentomila euro l’anno: ennesimo mistero buffo del capoluogo.
Contrappunto a tutto questo è il costante e concreto attivismo della diocesi e del nostro vescovo, monsignor Arturo Aiello ( ma la storia non ci tramanda proprio alcun caso di un sindaco-vescovo?): apprendiamo con favore e soddisfazione, infatti, che alcuni interventi di riqualificazione e restauro, voluti e finanziati proprio dalla diocesi, restituiranno al capoluogo il duomo, con la Piazza e la chiesetta della confraternita dell’Annunziata.
La curia, che peraltro, sta provvedendo a rimettere a nuovo buona parte del proprio patrimonio in città e non solo, ha già cominciato i lavori di riqualificazione della nostra cattedrale, che riguarderanno prima di tutto ed innanzitutto la cancellata d’ingresso, spesso oggetto, tra l’altro, di più di una discussione. Un’altra piacevole sorpresa è poi rappresentata dalla ferma volontà del vescovo di “riportare alla vita” anche la chiesetta della confraternita dell’Annunziata, una piccola gemma di Piazza Duomo, e dell’intero patrimonio ecclesiastico cittadino.
In questo quadro di auspicato ed auspicabile rinnovamento non possiamo esimerci dal tornare a sollecitare giusta attenzione su una questione che continuiamo a ritenere dirimente ad un concreto e reale sviluppo urbanistico del capoluogo e che ormai da lungo tempo tanto la nostra rubrica quanto questa testata hanno eletto a propria battaglia di civiltà: garantire piena accessibilità a tutte le strutture pubbliche della città ed, in particolare, in quest’ottica, alle chiese, partendo proprio dalla nostra cattedrale.
Nel merito avremmo voluto soltanto plaudire alle molteplici volontà e propositi d’impegno manifestati, ma tant’è: ad oggi solo tanto inspiegabile immobilismo, sarà la volta buona? Staremo a vedere, chissà.
Come si ricorderà, in più di un nostro sguardo sul tema abbiamo suggerito ed auspicato l’applicazione di una pedana mobile, di un elevatore elettronico o qualunque altro supporto si ritenesse idoneo sfruttando eventuali accessi ai lati della scalinata del duomo. Abbiamo conoscenza, peraltro dell’esistenza di un progetto “d’accesso alternativo” alla nostra cattedrale immaginato sul retro, lato sagrestia, ma, al contempo, sappiamo che lo stesso progetto giace impolverato e dimenticato, dal lontano 2006, in qualche cassetto di Palazzo di città in attesa, sembra, di un propedeutico finanziamento o comunque del definitivo via libera dei comparti di competenza.
Una scelta di questo tipo, non solo farebbe venir meno anche il rischio pur più volte paventato di veder deturpata la storica facciata del duomo ma soprattutto finalmente garantirebbe a tutti, disabili non deambulanti compresi, il diritto sacrosanto ad avere diritto di vivere davvero appieno la città: in fondo si tratta solo del rispetto della libertà collettiva. È proprio l’attenzione a questi “dettagli” a darci il conforto di aver raggiunto un grado di civiltà vero e reale.
Com’è ovvio, perché tutto quanto affermato possa acquisire concretezza nella sostanza non si può e non si deve prescindere da una chiara e netta assunzione di responsabilità e dal coraggio d’agire che coinvolga in un delicato lavoro sinergico la curia, pur già tanto sensibile agli stimoli ed alle sollecitazioni, l’amministrazione comunale e la sovrintendenza cui comunque spetterà il parere definitivo sulla fattibilità e sulla futura applicabilità del progetto in oggetto.
È utile ricordare come spesso proprio le chiese si trovano ed essere motore di iniziative volte a farci ritrovare come comunità: è proprio garantendo piena accoglienza che si vedrà assicurata sempre maggiore partecipazione.
Sarà pure un nostro cruccio ma “Avellino città accogliente”, frase d’effetto tanto cara al nostro primo cittadino, rimarrà sempre e solo un vuoto slogan elettorale se non sarà suffragato da scelte di competenza tanto amministrativa quanto di indirizzo specifico nell’esclusivo interesse della città, a tutela e a salvaguardia del bene comune. Staremo a vedere. Anche in questo caso ci affidiamo al pragmatismo, all’attivismo ed alla concretezza del nostro vescovo.
Non ci resta che attendere sempre accompagnati da quel “vizio della speranza” che possa indurci a tornare su queste pagine, questa volta davvero solo per risolutivi e definitivi aggiornamenti su quanto di buono e positivo sarà accaduto.
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Ci sia consentita una nota a margine per sollecitare la dovuta attenzione ad alcune pareti interne ed ai soffitti della chiesa del Santissimo Rosario che necessiterebbero di interventi di pitturazione ed adeguata manutenzione ordinaria, ad evitare che con l’approssimarsi dell’inverno, e con esso di possibili piogge intense, il raccoglimento proprio del luogo possa essere disturbato da imprevedibili quanto spiacevoli inconvenienti. Confidiamo ancora nel vescovo e nella sensibilità del padre provinciale domenicano.
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Ora spenderò qualche riga parlando in prima persona: l’occasione mi è offerta dalla circostanza per la quale, in ossequio alla “regola” dell’ordine domenicano “seminare e poi andare”, si apprestano a lasciare la chiesa del Santissimo Rosario i tre preti che si sono finora alternati nel ruolo di guida spirituale della comunità parrocchiale: padre Egidio, padre Carmine e padre Francesco.
Augurando a tutti e tre il meglio per il loro nuovo percorso di vita, mi perdoneranno gli altri due se mi concedo un indirizzo di saluto “particolare “ per padre Francesco o semplicemente per Francesco, come ancora lo chiamo con affetto. Mi conosci da sempre, amico e confidente di nonno Antonio, poi sei diventato mio amico, confidente e confessore, hai celebrato la mia prima comunione, lascandomi il microfono nero tra le mani tremanti per permettermi di sfuggire all’emozione di dover leggere la preghiera dei fedeli. Ci sei sempre stato nei momenti importanti, insomma, hai contribuito a farmi diventare, spero, un buon cristiano.
Ad un certo punto le circostanze, la vita ci ha allontanato ma poi ci ha sorpreso facendoci ritrovare ed oggi che, per obbedire ad un’altra chiamata, devi lasciare di nuovo Avellino, con la certezza che comunque anche questa volta non ci perderemo, ti dico di cuore semplicemente grazie Francesco!