BOLOGNA – Secondo quanto riportato sul sito del ministero della Salute ogni cittadino iscritto al Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha diritto a un medico di medicina generale (Mmg) – cd. medico di famiglia – attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Il Mmg non è un medico dipendente del Ssn, ma lavora in convenzione con l’Azienda sanitaria locale (Asl): il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo collettivo nazionale (Acn), dagli accordi integrativi regionali e dagli accordi attuativi aziendali a livello delle singole Asl.
«L’allarme sulla carenza dei Mmg – afferma Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe – oggi riguarda tutte le regioni ed è frutto di un’inadeguata programmazione che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Così oggi spesso diventa un’impresa poter scegliere un Mmg vicino a casa, con conseguenti disagi e rischi per la salute, in particolare di anziani e fragili».
Al fine di comprendere meglio il fenomeno, la Fondazione GIMBE ha analizzato le dinamiche e le criticità insite nelle norme che regolano l’inserimento dei Mmg nel Ssn e stimato l’entità della carenza attuale e futura di Mmg nelle regioni italiane. «Le nostre analisi – spiega Cartabellotta – sono tuttavia condizionate da alcuni rilevanti ostacoli. Innanzitutto, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali introducono una grande variabilità nella distribuzione degli assistiti in carico ai Mmg e ciò può sovra- o sotto-stimare il reale fabbisogno in relazione alla situazione locale; in secondo luogo, su carenze e fabbisogni è possibile effettuare solo una stima media regionale, perché la reale necessità di Mmg viene determinata da ciascuna Asl sugli ambiti territoriali di competenza. Infine, i dati ufficiali sugli assistiti in carico ai medici che stanno frequentando il Corso di Formazione Specifica in Medicina generale non sono pubblicamente disponibili».