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    18/09/2024

Un ricordo di Paolo Giangrieco, il maestro che lottò per la Baronia

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Irpinia_car.jpgCARIFE – Se n’è andato nei giorni scorsi, a 90 anni, Paolo Giangrieco, un indiscusso protagonista, per quasi tutta la seconda metà del secolo scorso, della vita politica e amministrativa del piccolo centro della Baronia. Maestro elementare in pensione, era fuori dall’agone ormai da più di un decennio; da poco tempo,  se commisurato ad una presenza lunga e condizionante.

Aveva cominciato la sua attività negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale scegliendo di militare nel partito comunista. Una scelta evidentemente riconducibile alla passione più autentica, alla percezione e condivisione della rabbia che in quegli anni, anche a Carife (nella foto di Pasquale Lo Russo), attraversava in profondità una parte di società stanca di secoli di ingiustizie e che cominciava ad assaporare la libertà, sconosciuta da sempre, e a prendere coscienza della propria forza.

Quella scelta non poteva essere, come in effetti non fu, il frutto di un calcolo.  Forse ci fu anche qualche torto subito personalmente a fortificarlo nella fede della rivoluzione. Riuscì a creare intorno a sé un gruppo di popolo semplice ma fedele, agguerrito e convinto, forte e pronto a seguirlo, riuscendo da politico istintivo a toccarne le corde più intime. In quegli anni fu gettato un seme che negli anni avrebbe dato una pianta forte e longeva, senza eguali se raffrontata al contesto, non solo provinciale, in prevalenza cattolico e democristiano. Altro è il discorso se Carife nel tempo si sia giovato o meno di quella esperienza. Sicuramente non furono tempi proficui per la piccola comunità. La lotta fu aspra e con ricadute negative per i mezzi con cui fu condotta, ben lontana dal confronto civile e, per tanti aspetti, con molta prossimità alla lotta violenta.

Divenuto amministratore, infatti, Giangrieco, accrebbe negli anni la sua leadership e la sua forza con il ricorso più frequente a strumenti autoritari piuttosto che autorevoli, sconfiggendo avversari politici divisi e male organizzati, ma anche accrescendo il consenso autentico e spontaneo intorno alla sua persona. Di certo conobbe la comunità di Carife come pochi, ne comprese i difetti e le debolezze più recondite e ne fece uso quando si rese necessario. Fu lui stesso a dare una definizione rimasta famosa nel tempo, secondo cui i carifani sono come la cicoria che più viene calpestata e più cresce.

Così toccò anche alla comunità pagare prezzi significativi sull’altare delle lotte e del desiderio di autoaffermazione. Con ogni probabilità fu in quegli anni e per responsabilità di tutti che essa cominciò ad assumere la condizione di comunità sottomessa, divisa e rancorosa, con l’inclinazione diffusa a trasformare il sentimento dell’avversione in odio piuttosto che in dissenso democratico e dunque in forza civile. Tuttavia furono quelli anche gli anni in cui si avviò l’opera di una sofferta modernizzazione delle infrastrutture cittadine degne del miglior medioevo.

La costruzione delle strade, della rete idrica, fognaria, elettrica, di scuole degne del nome cominciò allora protraendosi per tutti gli anni Sessanta e Settanta. Cominciò allora anche la costruzione del campo sportivo, un’opera tra le più discusse nella piccola comunità che sarebbe rimasta incompiuta, una sorta di araba fenice, non essendo idoneo il sito prescelto, rimasto il sogno proibito di svariate generazioni (l’opera sarà realizzata negli anni Novanta quando ormai moltissime scarpe erano già state appese al chiodo). Gli anni Settanta furono anche gli anni in cui l’orizzonte politico di Giangrieco varcò i confini comunali. Giangrieco fu eletto alla Provincia nel collegio elettorale della Baronia dove sarà rieletto più volte. Un altro successo, se rapportato alla maggioranza di amministrazioni democristiane presenti nel collegio, perennemente divise e incapaci di convergere su candidature unitarie. Negli anni Settanta Giangrieco fu candidato anche al Parlamento italiano per il Pci, senza essere eletto. I meccanismi elettorali del partito erano ferrei, né va dimenticato che la realtà provinciale era cosa ben diversa da quella del piccolo comune della Baronia! 

Giangrieco fu protagonista, a Carife, anche della fase dell’emergenza, dopo il terremoto del 1980, e della successiva ricostruzione, pur potendosi datare a quel tempo l’inizio della decadenza. Alle elezioni del giugno 1980, infatti, fu eletto sindaco di Carife, scelto anche da Giangrieco,  Raffaele Loffa, un giovane docente con il quale si sarebbe aperto, dopo il 1985, un conflitto insanabile. Alle elezioni successive del 1990, infatti,  Giangrieco si alleò con l’opposizione di allora, capeggiata da Carmine Di Giorgio, uscendone ancora una volta vincitore, sia pure sul filo, e  prendendosi una personale rivincita, al prezzo tuttavia di demolire la struttura organizzativa e di consenso che aveva costruito negli anni. Nel frattempo, si erano modificati anche i riferimenti politici nazionali con la caduta del muro di Berlino e la trasformazione del Partito comunista in Pds. Inoltre, la nuova alleanza locale non diede frutto portando ad una ulteriore rottura con il nuovo sindaco che aveva contribuito ad eleggere.

Fu l’ultima esperienza di politica attiva. Con la scomparsa di Giangrieco si chiude una pagina lunga e significativa della comunità di Carife, nella quale converrà guardare approfonditamente, con serenità e senza pregiudizi, per cercare di comprendere limiti ed errori di una fase politica e amministrativa con notevoli ricadute sociali.

 

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