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    03/07/2024

Medugno, l’artista di Prata che raccontò i chiaroscuri dell’uomo moderno

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Tommaso MedugnoPRATA PRINCIPATO ULTRA – Nel ventennale dalla sua morte, vogliamo ricordare, oggi, Tommaso Medugno, un pittore irpino di grande valore, nato a Prata Principato Ultra, che onorò l’Irpinia con la sua arte. L’artista realizzò la sua prima mostra personale a Roma nel 1965. Seguirono numerose mostre collettive e personali in diverse città italiane. Partecipò alla X Quadriennale Nazionale d’Arte Conemporanea di Roma nel 1975; alla IV Triennale dell’Adriatico; alla Biennale Internazionale di Grafica dell’Arte di Firenze nel 1976; alla mostra di gruppo “ Fondacion EuropArt ‘ 94”, al Museo municipale di Arte Moderna a Mendoza. Nel 1977 realizzò  una “ personale” in Iugoslavia e nel 1979  una in Bulgaria. Morì all’età di 55  anni.

Critici qualificati espressero  pareri e giudizi lusinghieri sulla sua opera. Nel suo originale e delicato linguaggio pittorico la ricerca di Tommaso Medugno si caratterizza per una geometrica struttura compositiva trovata in un’ampiezza di superfici suddivise da linee orizzontali: in essa la campitura del colore gioca su evanescenze atmosferiche cariche di umori e di suggestioni emotive. Il “contenuto”  è racchiuso in quest’armonia strutturale di forme.

In “Camicia” (acrilico del 1995) la parete di un muro scalcinato, denotante  lo stato di umidità che ne ha gonfiato e scurito i margini, infonde nell’animo una sottile malinconia. In basso la superficie scura della strada bagnata, chiazzata di riflessi di luce riverberati dalla stessa parete bianca del muro, richiama le ombrose nuvole nella sottilissima striscia rettangolare del cielo in alto. Al centro  della composizione un vuoto: sull’asfalto la carcassa di un’auto distrutta ed in alto, svolazzante nell’aria, il fantasma inquietante di una camicia bianca, ecco le immagini simboliche di un dramma consumato. Non c’è dubbio che l’ambiente fisico descritto vibri all’unisono con lo straziante significato di quell’auto e di quella camicia.

Nell’”Incontro nella notte” (olio del 1995) è ancora la nota dolente del mistero e della malinconia ad animare l’ombra, l’oscurità d’una notte lunare che proietta fredde luci sul profilo tagliente della finestra e del muretto. Anche in quest’opera la composizione è organizzata dall’intersezione di linee perpendicolari, che inquadrano forme geometriche di quadrati e rettangoli ampi. Si scorge appena, ma in un secondo momento, nell’angolo in basso a destra, il volto della donna dai tratti nobili, in amorosa e trepidante attesa di un incontro galante. Un dialogo muto si instaura, nell’incanto di quelle ombre, tra il minuscolo disco della Luna in lontananza e il volto illuminato della donna, l’uno e l’altra posizionati alle estremità opposte di una diagonale immaginaria che attraversa il grande buio del vuoto al centro.

È nella grafica, tuttavia, nelle incisioni e nelle acqueforti specialmente, che si evidenzia  particolarmente l’abilità del disegno sicuro, sempre ispirato, sottile, elegante, ammaliante. La magia delle atmosfere suscitate è affidata quasi sempre al chiaroscuro o al tratteggio  della matita o dell’inchiostro, alla graduazione sapiente dei passaggi tonali. “Bambino con l’aquilone” si fa apprezzare per la precisione calligrafica del disegno, qua e là ravvivato da sottolineature di nero evidenziate dalla  maggiore pressione della matita sul foglio.

Nella generalità delle sue opere Tommaso Medugno spesso lascia volutamente bianchi alcuni ampi spazi del foglio per indurre l’occhio dell’osservatore a soffermarsi direttamente sui grumi, sui grovigli delle linee scure in cui si concentra il dramma o, comunque, il nucleo vitale del “racconto”. Un’intonazione poetica accompagna sempre, poi, la mano dell’autore. La sensibilità di Medugno è prevalentemente “romantica”, anche se il suo occhio è sempre attento, osservatore perspicace - e profondo indagatore - della realtà, naturale e umana. È sorprendente l’accanimento con cui egli spesso va a ricercare i margini, gli angoli più lontani dei bordi del foglio, per annotarvi puntigliosamente la scena madre del racconto. Lì i grumi di inchiostro nero lasciano intatti gli spazi aperti, centrali, del foglio bianco, rivelando quasi il terrore che egli nutre di poterli violare con il bisturi della sua tagliente matita o della sua penna. Ciò trova una sua motivazione evidentemente psicologica. Infatti, è la sua indole di timidezza, la sua scontrosità, la delicatezza del suo carattere, che si rivela, che non vuole imporsi mai all’osservatore, agli altri, anche quando egli pur ha urgenza dentro di sé di comunicare un messaggio, che è a volte, come si è detto, persino straziante, nonostante la lucidità della rappresentazione figurativa. Certi suoi grandi disegni ricordano in qualche modo la pulita tessitura grafica di Emilio Greco o le atmosfere palpebrate di luci di Vespignani. Il riferimento, tuttavia, è solo casuale.

Tommaso Medugno, infatti, ha una intonazione romantica tutta sua, più vibrante (di malinconia e di tristezza), più scrupolosa, più ossessiva nella certosina ricerca e nella efficace resa della precisione, nell’aderenza fedele al dato reale a cui si ispira. L’unica opera di questo pittore che utilizzi con ostentata padronanza anche la parte centrale del foglio bianco è  il  ritratto a pastello che egli eseguì dell’amico Carlo Meluccio: lo sguardo fisso in avanti, tutto proiettato verso orizzonti lontani e leggermente sollevato al cielo, nel lieve accenno ad un compiaciuto sorriso, basta da solo ad esprimere tutta la fierezza e la nobiltà dell’animo del personaggio in posa, dell’uomo e del poeta, capace di grandi slanci umani e di profonde emozioni  e di vasti pensieri.

Solo in alto a sinistra, nell’angolo del foglio, quasi a non voler disturbare l’osservatore, si legge appena, nelle soffuse e delicate atmosfere evocate dai pastelli, quasi  in un alone di sogno, il tenero paesaggio che allude sicuramente al paese d’origine: Prata Pincipato Ultra. Si tratta di un affettuoso, toccante, commovente omaggio dell’artista malato all’amico e al medico Carlo Meluccio. Quanta  delicatezza del sentire e  quanta discrezione nel soffrire!

 

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