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    03/07/2024

L’Irpinia terra di sogni impietriti

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura3_gea.jpgAVELLINO – Quando trionfa solo l’effimero dei grandi eventi; quando non c’è  più conoscenza scientifica,  né attenzione o  affezione  per il patrimonio artistico e naturale; quando non c’è più il riconoscimento della memoria storica, della fatica e del sudore, oltre che delle capacità creative di chi ha prodotto o produce; quando la grande e bella “estate”, avellinese  o provinciale,  è pacchiano  movimentismo fieristico e stupido folclore di sacre paesane; quando  la  propaganda  è scioccante forma mediatica  pubblicitaria che stordisce ed inganna il consumatore; quando gli unici lavoratori d’oggi sono i “venditori” anche di domani; quando spettacoli di festosità collettiva fine a se stessa  turbano il silenzio di paesi assorti nella drammaticità del loro dolore e dei  loro problemi esistenziali; quando vedo i giovani e i giovanissimi farsi rinunciatari, dimentichi ormai completamente del passato; quando li vedo disperatamente aggrapparsi come contorsionisti sul filo dei facili approcci multimediali per comunicare; quando vedo certe loro virtuosistiche  esercitazioni  tecniche  con cui  stravolgono le immagini tratte da opere d’arte persino famose del passato facendole  passare per “moderne”; quando vedo esposte sui muri e dappertutto compiaciute e compiacenti belle immagini fotografiche della realtà anche più brutta (che non si vorrebbe mai vedere!); quando vedo che i giovani, anziché faticosamente formarsi, gioiosamente girovagano a vuoto per il mondo alla ricerca della felicità che è in se stessi; quando vedo che, franato il sistema dei valori tradizionali, ne  instaurano un altro, quello dei falsi valori; quando vedo che i figli si appiccicano ad un flash fotografico, cioè ad un foglio di carta, come all’unica ancora di salvezza, mentre il mondo   continua ad andare a rotoli sotto i loro piedi; quando, insomma, vedo i giovani convinti che l’umanità si salvi in un’immagine; quando vedo che essi, anziché preoccuparsi di non finire male, inconsciamente vorrebbero finire in bellezza (ritratti se mai accanto ai loro simili, anch’essi  sperduti per il mondo nei luoghi più vicini e più lontani, irpini, italiani, giapponesi, cinesi, inglesi, americani, ultraterrestri ); quando vedo che essi fotografano flash di realtà  quando vorrebbero, invece, solo dipingere a colori se stessi; quando vedo che l’illusione di un futuro è quella formale e   virtuale e che la nostalgia d’un passato irrimediabilmente passato copre la verità e la  seppellisce, ingessandola, nella più  tragica realtà attuale, allora penso che l’uomo oggi, atterrito e smarrito dinanzi al caos della grave crisi generale, stia perdendo il lume della ragione e si stia abbandonando ai moti inconsulti e forsennati dei bambini  che, ignari, scherzano.

E  allora  penso che oggi, in piena contemporaneità, stia accadendo ciò che Cicerone si augurava non  avvenisse mai: “non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre bambini. Se non si fa uso delle opere delle età passate, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza”.

È un pericolo reale qui in Irpinia dove, nell’ultimo mezzo secolo, tutto si muove perché tutto rimanga allegramente  immobile,  e alla fine peggio di prima. Qui in Irpinia si sta scherzando  con il presente come scherzano i bambini con il fuoco.  Attenzione! Il rischio,  oggi , è proprio  questo:   è quello di ritornare bambini. Si  scherza, ci si diverte, si finge di ridere per non piangere, di vivere per non morire.  Ma così si torna indietro. Si regredisce.

Non ci si meravigli, allora, se l’Irpinia, l’amorosa madre di sempre, fattasi consapevole, acquisti   un volto inedito, impietrito, arcigno dinanzi allo spettacolo dei suoi figli che, anziché andare incontro al futuro con la passione che trae insegnamento e  slancio dalla storia passata,  ritornano a lei, piangendole  tra le  braccia:  ritornano bambini.

E non meravigli neppure se agli occhi dei figli, ignari ed increduli, la madre (Irpinia) appaia “Matria”, quasi matrigna. Ma la Terra (che ha dato i natali  e che  è pur sempre la madre), nella bellezza sfolgorante della sua verdeggiante  natura, sta lì ad attenderli, i suoi figli, ovunque  la cerchino, in silenzio. Che in quel silenzio essi almeno facessero un esame di coscienza! Che almeno  prendessero coscienza della misera avventura toccata all’Irpinia di quest’ultimo mezzo secolo, della  misera avventura, cioè, del vecchio pescatore di Heminguay, il quale, dopo una lotta sovrumana, non riesce a portare a casa che un immenso scheletro. Un’avventura di cui, sia ben chiaro, siamo   un po’ tutti , assertori e detrattori, responsabili, senza voler o dover essere profeti dell’Apocalissi.

 

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