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    03/07/2024

Le tradizioni di Avellino/La mezza sedia che occupava il nonno

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Da avellinesi.itAVELLINO - A via Cascino, di fronte all’ingresso del Mercatone, l’antico negozio di Ciro ‘e zia Rame propone in vendita, esposta attaccata al muro a due metri da terra, ‘na mezza seggia, una mezza sedia. Questo complemento di arredo, derivato direttamente dalla mezza sedia veneziana dove, in posizione a mezzo tra il seduto e l’inginocchiato e quindi in condizione  di totale subalternità, si accomodavano i cicisbei in adorazione delle loro dame, con le dovute modifiche (seduta in paglia rigorosamente scura e parti in legno appena squadrato) era presente in tutte le case avellinesi quando la fonte di calore era ‘a vrasera.

Mi ha meravigliato molto vederla ancora in vendita. Pensavo, sbagliando, che fosse oramai completamente in disuso e dimenticata, tanto è vero che sulle prime l’avevo scambiata per una normale sediolina per bambini. Tratteggio velocemente per chi non conosce o ha dimenticato l’oggetto. Si tratta di una sedia normale ma con le gambe corte che costringeva chi la usava ad accomodarsi allungando i piedi e quindi ad allontanarsi dal braciere, vicino al quale per elezione si posizionava. Si otteneva così un triplice vantaggio. Innanzitutto di non respirare direttamente i gas di combustione della brace, poi di non impadronirsi del calore togliendolo all’ambiente  e, infine, allargando il cerchio intorno al fuoco, di fare posto ad altri e quindi consentiva a molti di godere del modesto tepore.

Assolveva anche ad altri compiti non strettamente legati alla seduta. Serviva, infatti, girata con lo schienale verso il braciere, come appoggio per la biancheria da asciugare  nelle fredde e piovose giornate invernali. In momenti eccezionali, come il pranzo della vigilia, quando in genere la famiglia si riunisce intorno al desco con amici e conoscenti ed i commensali sono di numero superiore alle sedie di casa, si chiedeva alla mezza sedia di compensare la mancanza. Ovviamente non era un buon posto. Aborrita dagli individui alti perché non sapevano dove mettere le gambe e, dai bassi che, a stento arrivavano al piano del tavolo, si cercava di assegnare, già quando si apparecchiava, quel posto al figlio fessacchiotto e bonaccione del compare, alla vecchia cameriera che stava con noi da quando era bambina, al portinaio o alla moglie invitati per l’occasione speciale.

Poverini, erano destinati a gustarsi il pranzo di Natale con la testa che appena si affacciava sul piano del tavolo. Scorrendo con lo sguardo l’intera tavolata si capiva subito chi contava e chi no.

Andando indietro con i ricordi e attualizzandoli all’oggi ho capito anche perché Ciro ‘e zia Rame continua a vendere la mezza sedia. Se ne usano ancora moltissime non pa ‘a vrasera o per la tavolata di Natale. Si usano e si riconoscono per la statura degli occupanti nei Consigli comunali, negli studi dei primari, nelle presidenze scolastiche e, come allora, su di esse si accomodano i figli bonaccioni e fessacchiotti del compare, la vecchia cameriera e quello spione e pettegolo del portinaio o della moglie. E pensare che a casa, per dovere di ospitalità a mezza seggia la occupava sempre il nonno.

 

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