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    03/07/2024

Dogana: tutto bloccato, tutto da rifare!

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La Dogana di AvellinoAVELLINO – Sulla ormai annosa vicenda della Dogana di Avellino ospitiamo un intervento dello scrittore Franco Festa che fa il punto della situazione.

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La Dogana: ovvero quando la realtà supera la fantasia. Qualunque giallo, noir, mistery ben congegnato, ricco di colpi di scena, di capovolgimenti di situazione, di finti colpevoli, di presunti assassini, non potrebbe mai avvicinarsi, neppure per difetto, alla storia intricata e misteriosa del monumento più importante e più disgraziato della città. Già dopo il terribile terremoto del 23 novembre 1980 ben poco era rimasto dell’arredo architettonico del Fanzago. Molti pezzi erano andati distrutti, altri dispersi o trafugati. Poi la definitiva decadenza, il lungo periodo di abbandono, nel totale disinteresse, dopo l’incendio, nel 1992, del cinema Umberto. Ogni tanto si alzava qualche voce isolata per il recupero del bene, che si perdeva in un mare procelloso di burocrazia, di rimandi, di se, di ma.

È dal 2008, grazie all’impegno appassionato di un gruppo di cittadini, confluiti nel movimento ”Salviamo la Dogana”, che tutto sembra cambiare. Iniziative dal basso, con grande partecipazione, si saldano ad interventi dall’alto, fino ad arrivare, nel 2009, alla delibera all’unanimità, del Consiglio comunale in cui si fissano, con urgenza, degli impegni specifici. Citiamo quella delibera, che sembra caduta nel dimenticatoio. “Il Consiglio comunale  innanzitutto impegna l’ amministrazione a velocizzare le procedure in danno dei privati, atte a garantire l’igiene, la pubblica e privata incolumità e la sicurezza statica dell’ edificio. Impegna il sindaco e l’intera amministrazione comunale ad assumere tutte le iniziative utili per l’acquisizione del restauro dello storico edificio della Dogana e in particolare, previa acquisizione di parere risolutivo dell’ufficio legale, ad acquisire il bene tramite procedura di esproprio, in base alla tutela offerta dal decreto legislativo n. 42 del 2004…; a salvaguardare la vocazione pubblica e la destinazione culturale della Dogana”.

Sembrava tutto fatto, era invece l’inizio della catastrofe. Cinque anni, tanti ne sono passati, sono stati sprecati ad inseguire ciò che sembrava a portata di mano. Sulla procedura in danno ai privati, tesa a garantire l’incolumità dei cittadini, si è consumata una sequenza di pasticciati interventi, culminati nell’intervento della magistratura, nel sequestro, nella apertura di indagini su funzionari comunali e amministratori, nella ingabbiatura della facciata, tutti procedimenti non ancora conclusi, e per alcuni dei quali si paventa il rinvio a giudizio di diversi indagati. La Soprintendenza, nel frattempo, ha avviato e concluso, in tempi abbastanza rapidi, il procedimento per il riconoscimento di pubblica utilità, essenziale per la successiva procedura di esproprio. Da allora sono passati invano altri anni, tra promesse, lamenti, chiacchiere, silenzi, gradassate, convegni elettorali, esternazioni ridicole e contraddittorie dei vari soggetti interessati sul destino del bene, con assessori che presentano proposte l’un contro l’altro armati, bizzarri soggetti che si spacciavano per esperti, proposte di palloni gonfiabili, spazi liberi, ridotti, pulcinellate e putipù. Uno spettacolo penoso, che saltava a piè pari la semplice considerazione che alla delibera comunale era già allegato un progetto per l’utilizzo del bene, elaborato dalla Soprintendenza e da alcuni tecnici comunali con misura e intelligenza.

Una sofferenza, dunque, e dell’esproprio nessuna traccia. Una umiliante stagnazione che è sembrata all’improvviso interrompersi, un mese e mezzo fa, da un atto, apparentemente coraggioso, del nuovo assessore Tomasone, con l’emanazione del decreto di occupazione d’urgenza preordinata all’espropriazione della Dogana. Finalmente vicini alla meta? Finalmente ritrovata la giusta strada? Ma quanto mai! Le sorprese sono appena cominciate.

Prima, ecco la comparsa sulla scena dei presunti proprietari dell’apparato statuario, che provano a vendere al Comune le statue, dimenticando che esse sono tutto un unicum con il monumento, e il loro posto obbligato è lì. Va aggiunto che essi avrebbero dovuto provvedere alla conservazione delle statue, cosa che non è mai avvenuta, visto che esse giacciono ancora, in tragiche condizioni dopo l’incendio, alla Dogana dei grani di Atripalda.

Infine è di questi giorni la notizia che tutto è bloccato, forse è tutto da rifare, perché il nodo con la Procura sui lavori di manutenzione non è assolutamente sciolto. Così, dopo mesi e mesi di chiacchiere funamboliche, sulla Dogana è caduto di nuovo il silenzio. Ed è il silenzio, in fondo, l’unico atto di dignità, dopo mesi, anni di volgarità, di fughe, di diserzioni, di sterminati “bla bla bla” che nascondevano il vuoto giuridico, l’incompetenza amministrativa, l’assenza di ogni senso civico.

La Dogana, simbolo del riscatto del centro storico, con il suo stato fatiscente segna per ora la drammatica emarginazione del luogo da cui la città è nata e intorno a cui per secoli si è fervidamente animata. Quanti anni ancora dovranno passare prima che il martirio finisca sul serio?

 

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