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    03/07/2024

Ultima fermata al festival di Dublino, un treno per riscoprire il Sud

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Spettacoli3_ultima_fermata.jpgDUBLINO – Ospitiamo una nota dell’architetto Valentina Corvigno, vicepresidente dell’associazione in_loco_motivi, in occasione della presentazione del film “Ultima fermata”  al Diff, Dublin International Film Festival di Dublino, con il Volta Award, premio alla carriera. Si tratta della  riflessione di una giovane professionista irpina che lavora in Irlanda sul film che il regista nostro conterraneo Giambattista Assanti ha dedicato alla ferrovia Avellino-Rocchetta che vede fra i protagonisti la famosa attrice Claudia Cardinale.

*  *  *

Alle 6.00 pm (7.00 orario italiano), la sala 1 del Lighthouse Cinema di Dublino inizia a riempirsi. L’edificio è in una piazza, Smithfield Square, che è uno dei simboli di rinascita e riqualilficazione della capitale iralndese. L’evento è il Diff, Dublin International Film Festival, con il Volta Award, premio alla carriera.

Alle 6.10 la sala è al completo, non una poltrona libera. La gente continua ad entrare e inizia a sedersi sui gradini laterali. Entra Claudia Cardinale, è per lei tutta quella gente, è per lei il premio Volta, un tributo alla sua carriera, ai suoi 154 film. La signora Cardinale è semplicemente ammirabile, un curriculum ininterrotto di centinaia di film che rivela la sua invidiabile capacità di farsi dirigere dai più grandi registi, quelli più eclettici e tutti diversi tra loro. Probabilmente denota umiltà, certamente intelligenza. Io sono lì per il film, Ultima fermata. Avellino-Dublino, 2700 chilometri, pochi minuti e mi ritrovo catapultata nuovamente nella mia terra, i miei colori, gli odori.

Come tutti in quella sala, ho riso durante le scene di “colore folkloristico”, sorriso durante quelle di musica e ballo, poi mentre tutti scoprivano per la prima volta quelle strade, quei paesi, quella ferrovia, io rimandavo a memoria metà della mia vita e i dieci anni, tra studio e battaglie sociali e politiche, spesi su quei binari. Per un “emigrato” come me, una persona che ha deciso di andare non per esterofilia ma perché delusa dalla propria terra, fa più male guardare quel film e osservare attorno a sé gente che apprezza e si stupisce come tutto questo possa essere con leggerezza mandato nel dimenticatoio, sospeso, dismesso.

Torniamo al film. Giambattista Assanti entra a pieno titolo nell’elenco dei registi italiani e merita il mio best-of-luck per il futuro, spero che sia pieno e soddisfacente. Per ora so che l’impegno profuso, per anni e testardamente, cercando di realizzare questi 80 minuti così come li aveva scritti, ha portato i suoi frutti.

Il risultato è un film molto delicato, a tratti melanconico; la storia è forse un classico: un figlio che ha rinnegato un padre che poi ritrova attraverso i luoghi in cui è vissuto fino alla fine dei suoi giorni. Lo ritrova seguendo la ferrovia che un tempo rese popolare e popolosa quella parte di meridione italiano ma che, bifrontalmente, ne rappresentò anche i momenti di dipartita e addii. Una ferrovia che disegna il paesaggio, corre poggiata su un territorio mutevole, dalle colline dei vitigni Aglianico alle montagne innevate, fino ai tavolati oro di grano al confine con la Puglia.

Rocco ritrova suo padre, il capostazione Domenico, nei colori, nei sapori, nelle abitudini degli abitanti di una terra, nelle sue tradizioni, nella sua appena percepibile disperazione che non prende mai il sopravvento (nel film) ma che, al contrario, alimenta la fiamma della speranza che la ferrovia, ormai in disuso, possa riaprire.

È, ancora, la riscoperta del Sud. Quando si ha a che fare per la prima volta con questa terra, è strano come si abbia, sempre, la sensazione di acquisire una strana forza, proveniente da tutto quello di cui è fatta, è come se i sensi si risvegliassero e tu potessi iniziare a provare sensazioni sconosciute (è quel che accade a Rocco, nel film). Nella realtà questa forza poi svanisce, questa terra improvvisamente ti respinge, ti caccia mettendoti letteralmente alla porta, facendoti capire che le piace percepire il cambiamento ma che, tutto sommato, non le va di farlo.

È degli ultimi giorni la notizia della riapertura, ennesima, di un tavolo di valutazione per una legge che consenta di utilizzare la ferrovia come mezzo turistico; chi battagliava prima continua a battagliare tutti i giorni, da vicino e da lontano, e sui vari tavoli, aperti, ci sono diversi progetti, incluso quello di “dichiarazione di interesse storico-architettonico-paesaggistico” che permetterebbe di proteggere e conservare quello che il tratto ferroviario rappresenta per questo territorio, ovvero architettura, ingegneria, storia: storie come quelle raccontate nel film di Giambattista.

Lascio la fine in sospeso, come sospeso è il destino della ferrovia Avellino-Rocchetta Sant’Antonio, sospeso nello stesso vento di cui è pervasa la pellicola.

* Vice-presidente InLoco_Motivi

 

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