www.giornalelirpinia.it

    03/07/2024

«Carissimo Carlo, tuo Fonzo», l’amicizia tra Muscetta e Gatto

E-mail Stampa PDF

Alfonso Gatto e Carlo MuscettaAVELLINO – L’amore per la letteratura e i classici, prima di tutto. Ma anche la passione per il cinema, il comune sentire “meridiano”, come si direbbe oggi, e l’entusiasmo giovanile per un futuro radioso e di belle speranze. Di queste profonde sintonie si è alimentata, fin dagli anni Trenta, la lunga e intellettualmente proficua amicizia tra Carlo Muscetta, prestigioso critico letterario nato da un’antica famiglia avellinese, e il poeta salernitano Alfonso Gatto, che all’amico irpino si rivolge con affetto e familiarità firmandosi nelle lettere, con semplicità e una salutare dosa di ironia, “Fonzo”.

Dall’epistolario tra questi due grandi intellettuali del Sud, che nelle città del Centro-Nord trovarono lavoro e riconoscimenti culturali (Muscetta a Firenze e poi Roma, Gatto nello stesso capoluogo toscano e quindi a Milano), rivivono numerosi spunti e motivi di interesse nell’epistolario pubblicato qualche anno fa, nel 2011, dalle edizioni Il Girasole di Valverde, in provincia di Catania (città dove Muscetta insegnò e visse a lungo negli ultimi anni), con il titolo Carlo Muscetta/Alfonso Gatto, a cura dello studioso Vincenzo Frustaci, responsabile del Fondo Muscetta conservato all’Archivio capitolino di Roma.

Da questa fraterna e solidale condivisione di ideali e speranze, gusti e passioni, ma anche di materiali difficoltà quotidiane (soprattutto per Gatto), si sviluppò un rapporto di collaborazione e di reciproche influenze e suggestioni culturali. Sulla “settima arte”, ad esempio: da giovani e anche un po’ infatuati cinefili, uniti dall’ammirazione per la star più fascinosa di Hollywood, la “divina” attrice svedese Greta Garbo (citata da Gatto in una lettera del ’33 all’amico avellinese), i due intellettuali si trasformeranno ben presto in agguerriti critici di cinema: il poeta salernitano fin dagli anni ’30, collaborando alla rivista Cinema illustrazione diretta dal futuro scrittore di successo Giuseppe Marotta (figlio di un importante avvocato e giornalista avellinese), poi al periodico fascista fiorentino Il Bargello, e Muscetta nel dopoguerra, con i saggi critici (e spesso polemici) sulla rivista Società.

Uno dei risultati più tangibili e importanti di questo lungo sodalizio fu un reportage su Montevergine scritto da Gatto nel 1934 e pubblicato, con le suggestive foto a corredo di uno dei più illustri fotografi irpini, Antonio Barzaghi, sulla prestigiosa ed elegante rivista L’illustrazione italiana. L’antefatto di quell’articolo, a tutt’oggi uno dei più interessanti nella letteratura sul santuario mariano d’Irpinia, è documentato in due missive dell’epistolario intercorso tra Gatto e Muscetta nello stesso anno, riportato nel volume edito da Il Girasole:

Milano, 16 maggio 1934

Carissimo Carlo,

ti prego di mandarmi, con qualche sollecitudine, notizie storiche e fotografie buone riguardanti Avellino e Montevergine: dovrò fare un articolo per l’Illustrazione italiana di Treves: guadagnerò due o trecento lire che in tal momento mi sono indispensabili.

Milano, 26 maggio 1934

Carissimo Carlo,

grazie del materiale: cercherò di ricavarne un buon articolo.

Nel centenario della nascita di Gatto, avevamo già ritrovato e proposto il testo di un reportage sul santuario irpino, mai citato – a quanto ci risulta – negli studi recenti sullo scrittore nativo di Salerno.

Era il 1934 quando Alfonso Gatto pubblicò il reportage su L’illustrazione italiana con il titolo Il Partenio e il Santuario di Montevergine.

Che si tratti, o meno, di un piccolo “scoop” letterario, resta comunque il fatto che l’articolo in questione (pubblicato nel volume Montevergine. Il paesaggio e la “juta” raccontati da scrittori e reporter, edito da Mephite, a cura di chi scrive) aggiunge un tassello importante alla composizione di quel ricco e complesso mosaico che è l’opera (narrativa, poetica, giornalistica, pittorica) di Gatto, e in particolare del suo sincero legame umano e culturale con l’Irpinia, già noto agli studiosi per la pubblicazione ad Avellino, per i tipi della casa editrice Pergola, della sua prima raccolta di versi, Isola, nel 1930, e per un celebre reportage su Montevergine del 1955, uscito il 6 marzo sul settimanale Epoca con il titolo In braccio alla mamma il bambino che vide la luce (riproposto nel ’74 in Napoli N.N., edito da Vallecchi).

In quel viaggio al santuario “più dialettale della terra”, come ebbe felicemente a definirlo, il poeta-giornalista colse fra l’altro l’evoluzione “tecnologica” del rito del pellegrinaggio, affidato ormai alle “vecchie Lancia scoperte col cofano lungo” al posto delle “grandi carrozze e sonagli con i cavalli parati a festa”. Cambiavano anche i protagonisti della “juta” (“da Aversa, da Nola, da Napoli, da Torre a Salerno, a Avellino, a Ospedaletto, ammirano e sono ammirati gli "americani" venuti d'oltreoceano al proprio paese, le prime donne col rossetto alle labbra”, scrive Gatto su Epoca), mentre resistevano gli elementi di continuità nello spirito del pellegrinaggio e nella provenienza sociale dei devoti a Mamma Schiavona.

Nessuno, meglio di Gatto, poteva percepire le trasformazioni intervenute nell’arco di due – tumultuosi – decenni in questo rito millenario: fra i tanti, ed illustri, scrittori in visita a Montevergine, il poeta salernitano è l’unico ad aver compiuto due “viaggi narrativi”, a distanza di un ventennio, su due tra le riviste più importanti d’Italia.

 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna

DG3 Dolciaria

Geoconsult

Condividi


www.puhua.net www.darongshu.cn www.fullwa.com www.poptunnel.com