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    03/07/2024

Ad Avellino la presentazione dell’ultimo romanzo di Emilia Bersabea Cirillo

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura4_em_bers_cirill.jpgAVELLINO – “Un vincolo potente e senza via di scampo unisce le due protagoniste di questo romanzo incalzante. Cresciute insieme dalle suore in orfanotrofio, dopo aver smarrito le tracce una dell’altra si incontrano nel posto sbagliato al momento sbagliato, e una raffica di ricordi, slanci e rivelazioni scuote le loro esistenze. Al punto che la placida Dorina, aggrappata al fantasma della madre, decide di tagliare corto e scommettere tutto sul proprio desiderio, mentre Angela, tormentata da un amore devastante, accetta di pagare un prezzo altissimo per riscattare entrambe.

Con una prosa asciutta e precisa, che alterna sapientemente due voci, presente e passato, lingua nitida e piglio dia­lettale, Emilia Bersabea Cirillo delinea ritratti esemplari, fallimenti clamorosi, occasioni afferrate al volo, senza perdere di vista il contesto sociale e politico di una provincia del Sud costretta a nuove migrazioni. E mostra che anche quando fuori imperversa una tempesta di neve, il freddo che si insinua sotto la pelle proviene sempre da un luogo profondo e inaccessibile”.

È quanto si legge nella presentazione di Non smetto di aver freddo, l’ultimo romanzo di Emilia Bersabea Cirillo, L’Iguana editrice, che sarà presentato giovedì prossimo, alle 18.30, alla libreria L’angolo delle storie di Fosso Santa Lucia. A parlarne con l’autrice saranno Generoso Picone, responsabile della redazione avellinese del Mattino, e Carla Perugini, docente di letteratura spagnola presso l’Università di Salerno.

Emilia Bersabea Cirillo, architetta, vive e lavora ad Avellino. Ha pubblicato Il pane e l’argilla. Viaggio in Irpinia (Filema, Napoli 1999), i racconti Fuori misura (Diabasis, Reggio Emilia 2001), Premio Chiara 2002, i romanzi L’ordine dell’addio (Diabasis, Reggio Emilia 2005), finalista al premio Domenico Rea, e Una terra spaccata (Edizioni San Paolo, Milano 2010) vincitore del Premio Maiella e del Premio Prata, i racconti Gli incendi del tempo (et al. edizioni, Milano 2013).

Sempre dalla scheda di presentazione proponiamo un passo del libro: “A casa scavavo fossi. Mi svegliavo da sola, mia madre dormiva fino a tardi e poi usciva senza dare spiegazioni. A scuola andavo quando potevo, la maestra si lamentava della mia sonnolenza, del mio grembiule staz­zonato, dei miei capelli in disordine. La mamma ha un lavoro importante, esce presto al mattino e io devo fare tutto da sola, spiegai alla maestra, seccata dai suoi rimproveri. Beh, era quasi la verità.

Mio padre stava sempre fuori, guidava un camion in giro per l’Europa per conto di una ditta di Nocera, quando tornava a casa dormiva due giorni di fila. Era tarchiato e bruno, con la faccia butterata. Ormoni in circolo, chissà con chi se la fa, diceva mia madre.

Ma un bel giorno niente più casa, niente più giardino. Addio fiori e luc­ertole, grembiuli senza fiocco, capelli scarmigliati. Fui portata in istituto, nessuno della famiglia aveva voluto occuparsi di me.

Dorinà fu la prima bambina che vidi. La odiai subito perché era di una bellezza inconsapevole, latte e miele. Mi si avvicinò, disse il suo nome e mi invitò a giocare. Alla conta del nascondino mi toccò cercarla. Era una cavalletta, una libellula, una lucciola che tentavo di abbracciare nel buio del campanile, dove un fetore di muffa e sterco prendeva la gola. Lei guizzava fuori all’aperto, veloce, io ero cieca per la troppa luce. Arrivava all’angolo del muro che serviva da sponda e gridava: libere tutte!”.

 

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