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    03/07/2024

La lezione di Johannowsky, l'archeologo che amò l'Irpinia

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Werner JoahannowskyROCCA SAN FELICE – In margine al recente convegno svoltosi a Rocca San Felice sulla Mefite e la valle d’Ansanto, citata da Virgilio nell’Eneide, ospitiamo un articolo di Gabriella Pescatori – archeologa, a lungo funzionaria della Soprintendenza, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche tra cui quella sul museo irpino – sulla figura e sull’opera di Werner Johannowsky, già soprintendente per le province di Salerno, Avellino e Benevento, scomparso nel gennaio di due anni fa, promotore della ricerca archeologica in Irpinia sul solco tracciato dal suo maestro Amedeo Maiuri, cui sarà intitolata una sala del museo “Nicola Gambino” di Rocca San Felice.

*  *  *

Werner Johannowsky dal 1976 al 1986 fu soprintendente archeologo di Salerno, Avellino e Benevento. Nell’ambito di questa giurisdizione ha percorso interamente il territorio irpino, da Abellinum, l’odierna Atripalda, a Bisaccia, da Ariano Irpino a Solofra e, pertanto, la conoscenza del territorio dell’attuale provincia di Avellino, corrispondente, in parte, al territorio degli Irpini, si deve alla sua assidua presenza sul territorio che divenne instancabile, continua, inesauribile, a seguito del terremoto del 1980.

Anche durante il servizio militare (1952-1954), che in parte si svolse ad Avellino, non si fermò il suo fervore nella ricerca. Durante, infatti, una visita alla Civita di Atripalda (antica Abellinum) segnalò al soprintendente Amedeo Maiuri  (lettera del 21 settembre 1952) l’esistenza dell’altare di marmo con fregio figurato, che rappresenta una scena di culto imperiale, oggi al museo irpino, assicurandolo allo Stato, che lo acquisì nel 1958.

Una serie di indagini sistematiche per motivi di tutela nei luoghi colpiti dal sisma e le novità venute alla luce hanno arricchito le conoscenze relative al popolamento nell’attuale Campania  interna ed hanno creato un maggiore interesse del mondo scientifico per l’area sannitico-irpina, promuovendo la creazione di  una rete di antiquaria, mostre permanenti, musei che oggi possono far conoscere ad un pubblico più vasto i risultati delle ricerche condotte sia negli anni Settanta sia quelle svolte in occasione del post terremoto del 1980.

In riferimento a questi ultimi lavori i ritrovamenti interessano l’attuale Comune di Morra De Sanctis dove la ricerca ha evidenziato due insediamenti di età pre-romana: uno a Nord dell’odierno centro urbano, dove nel 1985 ebbe inizio un’esplorazione sistematica di un settore della necropoli di Piano dei Cerasuoli. Un altro nucleo era insediato a Piano dei Tivoli, su di una terrazza dominante l’Ofanto, che si estendeva nell’attigua zona di Selvapiana, dove sembra individuarsi un’area di necropoli. Piano dei Tivoli ha restituito, oltre ceramica a vernice nera databile tra il tardo V secolo a.C. e il secolo successivo, frammenti di tegole e coppi di copertura di un tetto in terracotta di un edificio e lastre fittili di rivestimento di una trabeazione con decorazione vegetale a rilievo, che potrebbero essere appartenute ad un edificio di culto.

Vaste le indagini e gli studi nell’Arianese, soprattutto nel Comune di Casalbore situato lungo una importante via di collegamento, che coincideva con l’odierno tratturo Pescasseroli-Candela. L’abitato di età sannitica era disposto in ordine sparso ai lati del tratturo, mentre nell’area  di monte San Silvestro, a Santa Maria dei Bossi, all’incrocio tra il tratturo regio e la via traiana, documentata dal rinvenimento di cippi miliari e da ponti, si sviluppò un vicus in età romana. Presso una sorgente subito a valle del Tratturo sorse un sacello votivo. La vicinanza ad una sorgente lascia supporre un culto in onore delle acque forse in un luogo di un’area già precedentemente frequentata. Il luogo sacro – in virtù della sua posizione ai margini di una delle più importanti direttrici di traffico di età pre-romana, il tratturo Pescasseroli-Candela, finì con l’assumere una importanza tale da essere, intorno alla metà del III secolo, ristrutturato in senso monumentale.

Tra il 1982 ed il 1985 il lavoro coinvolse la Baronia ed in particolare l’area del fondovalle del fiume Ufita. L’agro di Carife e Castelbaronia emerse come un sito particolarmente ricco di testimonianze e costituì il fulcro della ricerca stessa. A Carife si sono individuati due distinti nuclei di necropoli, con assoluta prevalenza del rito dell’inumazione in  località Piano La Sala e in località Addolorata.

Con le ricerche di Johannowsky a Morra, a Casalbore e nella Baronia si è iniziata a delineare in Irpinia una sorta di strutturazione territoriale, poco nota in precedenza, di cui si riconoscono quegli elementi peculiari dell’organizzazione paganico-vicana, delle genti sabelliche, corrispondente alle tre principali tipologie del mondo antico: abitato, necropoli, santuario.

Dopo le guerre sannitiche ed annibaliche nel corso del II secolo a.Cr. con la presenza romana tutta l’area sabellica rappresenta una fase di profonde trasformazioni e alcuni fenomeni di urbanizzazione emergono in alcune zone chiave. In Irpinia viene fondato un abitato, Fioccaglia di Flumeri, nella valle dell’Ufita, che aveva un carattere decisamente urbano, di cui, in assenza di dati epigrafici, non conosciamo né il nome né lo stato giuridico. La fondazione di Fioccaglia ebbe una funzione nodale nell’ambito della rete viaria irpina e si inserisce in quella svolta di incremento radicale nell’ambito della romanizzazione dell’Irpinia determinatasi per più versi nel corso delle distribuzioni agrarie romane di cui i chiari indizi sono i termini di età graccana rinvenuti nelle immediate adiacenze territoriali a Rocca San Felice. Il sito, dagli ultimi decenni del secondo secolo agli inizi del I secolo a.Cr., sembra concludersi con gli avvenimenti della guerra sociale, a seguito delle devastazioni avvenute in Irpinia, con la distruzione di Aeclanum e la occupazione di Compsa.

Dopo la guerra sociale e civile nel corso della II metà del I secolo a.Cr. sino alla fine dello stesso le aree in questione vengono a far parte di suddivisioni territoriali e stati giuridici diversi: i municipi italici, che si affiancano alle colonie di veterani, assumono la loro definitiva  forma urbanistica .

L’antica Compsa, odierna Conza della Campania, divenne municipium della tribù Galeria e conservò questo stato giuridico per tutto l’impero. In epoca tarda il suo ruolo di centro direzionale fu rafforzato, diocesi dal 743d.Cr fu sede di gastaldato e di contea.

La scelta operata dalla cittadinanza di Conza di ricostruire il nuovo Comune in altra area  ha indotto l’amministrazione comunale di concerto con le soprintendenze a redigere un progetto finalizzato alla realizzazione del parco archeologico dell’antica Compsa. Successivamente con la soprintendente Giuliana Tocco si è adottata una variante che tenesse conto di alcuni presupposti che meglio rispondessero alle previsioni di parco archeologico, e tutti i lavori del parco si sono svolti sotto il suo coordinamento.

La  lunga e complessa indagine condotta in modo estensivo ha indotto gli enti interessati nel luglio 2003 a mettere in atto una “Conferenza di presentazione” nella quale si sono date le prime informazioni per una provvisoria definizione cronologica della storia dell’antica Compsa con una serie dei pannelli illustrativi che sono in mostra nel museo del parco. Successivamente con il “Progetto sperimentale di apertura del parco archeologico” e la realizzazione di una mostra con fondi della Regione Campania, nei mesi di luglio-settembre 2004 si sono create le condizioni di avviare lo studio dei reperti sia della città che del suo territorio, reperti che sono sempre esposti nel museo. Il parco ed il museo sono visitabili.

Un ventennio di intenso lavoro che ha delineato attraverso la ricerca archeologica la lettura della storia rilevante e articolata dell’antica Compsa.

 

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