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    22/07/2024

All’archivio di Stato una mostra sulle consuetudini alimentari dell’Irpinia

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura_alimentazione_archivio_di_stato.jpgAVELLINO – Celebrata anche ad Avellino la Giornata mondiale dell’alimentazione 2012. L’evento si è volto nel complesso del carcere borbonico, in una delle sale dell’Archivio di Stato che ha organizzato la manifestazione, allestendo, per l’occasione, anche una mostra di documenti  storici in piena sintonia con il tema della “giornata”: ”Breve viaggio nella storia delle consuetudini alimentari dell’Irpinia”.

Ad introdurre i lavori è stato il direttore dell’Archivio di Stato Carlo Guardascione che ha dato atto ai suoi collaboratori della competenza e, soprattutto, della passione con cui in pochi giorni hanno messo su una rassegna di tutto rispetto. Francesco Barra, ordinario di storia moderna presso l’università di Salerno, ha compiuto un excursus sulle colture agrarie, sulle tecniche colturali, sui consumi alimentari e i generi di vita nell’agricoltura avellinese. Barra, nel suo racconto storico, ha posto in evidenza, tra l’altro, l’influenza esercitata dalla diversa altimetria del territorio avellinese (che oscilla tra i 200 e gli 800 metri s.l.m.) sulle coltivazioni praticate nell’antico regime e in epoca moderna. In alto i faggeti, i querceti, i castagneti; più giù la coltivazione del nocciolo e della  vite. Ancora più in basso l’isca per la produzione di ortaggi, favorita dall’abbondanza di acqua.

È stata la volta di Fiorenzo Iannino, docente di storia presso l’Istituto alberghiero di Avellino, che ha intrattenuto il folto uditorio sui nuovi stili alimentari nell’Irpinia dall’antico regime alla restaurazione, soffermandosi quindi sull’introduzione della patata e del mais e su quella che per l’epoca rappresentò una piccola rivoluzione tecnologica: la produzione della pasta.

A Maria Grazia Volpe, ricercatrice del Cnr, è toccato il compito di compiere un parallelo tra la dieta mediterranea – da un paio d’anni riconosciuta patrimonio dell’umanità – e l’alimentazione del fast food. La prima assolutamente in grado di salvaguardare la salute dei consumatori, la seconda – che famiglia, scuola e società dovrebbero efficacemente contrastare – potenzialmente idonea a contribuire alla diffusione di gravi patologie.

 

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