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    03/07/2024

La qualità della vita e le bellezze di riserva

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La nuova Melito IrpinoAVELLINO – Quando lessi la dichiarazione d’amore del giornalista e scrittore triestino Paolo Rumiz per l’Irpinia – pensate che Trieste è sesta su 110 nella classifica pubblicata da Il Sole 24 ore sulla vivibilità delle province italiane – mi sentii al settimo cielo. L’immediata seguente affermazione “Peccato che gli irpini non hanno la stessa sensibilità verso il loro territorio e le sue risorse” mi riportò giù sulla terra. Il posto assegnato ad Avellino - 102 su 110 - nella stessa classifica di cui dicevo prima, mi ha invece precipitato all’inferno.

È stato uno schiaffo in pieno volto che fa male perché se quello che dice  Rumiz è la verità, quello che scrive Il Sole forse no. E pensi immediatamente che quello che hai fatto nel tuo piccolo per contrastare tutto questo sia stato inutile. Le lunghe chiacchierate con i tuoi alunni, le escursioni per far conoscere i luoghi, l’impegno profuso con gli amici per recuperare storie e tradizioni, gli apprezzamenti per lo studio e la ricerca di chi riesce a dare dignità a ciò che in Irpinia è stato fatto nei campi più svariati: ebbene, tutto sparisce in questa classifica, come sono spariti paesaggi bellissimi nel fumo degli incendi appiccati criminalmente questa estate, e ti ritrovi nel nulla.

E ti rendi conto che è lo stesso nulla di cui si circondano i politici irpini di prima grandezza che non sono stati capaci, o forse non hanno voluto, formare qualcuno di un certo spessore. Quelli che oggi ci rappresentano riescono ad avere un minimo di visibilità solo quando si impegnano nella difesa di interessi risibili per non dire sospetti. Gli altri sono illustri sconosciuti, personaggi anonimi, incapaci anche di controllare i loro referenti locali. Non hanno un progetto serio, fattibile, proporzionato alle esigenze di questa provincia sfortunata.

“Eppure, nonostante questo, quanta bellezza di riserva rimane ancora in questa terra umiliata! In mezzo alla devastazione, si salvano le genti, le voci, le leggende, gli alberi, il cibo, l’orografia, la vista immensa” scrive Rumiz a proposito dell’Irpinia di oggi  nel suo “Appia”.  E come non dargli ragione? E allora continuiamo a conservarla questa bellezza di riserva, continuiamo a coltivare le nostre abitudini, a studiare il nostro passato come fa Gerardo Pescatore, a tutelare le voci e il dialetto come fa Salvatore Salvatore con la sua rubrica dedicata ai nostri proverbi su questo stesso giornale, a protestare quando deturpano la vista immensa dei nostri orizzonti con i campi eolici, e perché no ad apprezzare la nostra povera grande cucina.

Come è lontano l’odore untuoso del kebab o degli hot dog che oramai troviamo dappertutto da quello (uno tra i tanti) avvolgente e coinvolgente della minestra maritata di Enzo della Antica Trattoria Di Pietro di Melito Irpino dove, come in un’ampolla preziosa, si conservano gli odori e gli aromi di un paese che non c’è più, colpito prima dalla furia della natura e poi da una scelta affrettata degli uomini. Chissà se stilando la classifica della vivibilità i compilatori de Il Sole 24 ore hanno tenuto conto di quelle belle palazzine porticate, tutte bianche e ordinate, di quelle strade larghe, delle piazze ariose, di quelle comode aree di sosta della nuova Melito tanto diverse dalle casette affastellate le une sulle altre, dall’acciottolato delle strette e scomode vie della vecchia Melito: scomode certo,  ma che ci mancano tanto.

 

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