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    03/07/2024

Centro Dorso/Liberalismo e meridionalismo nel volume di Antonio Sarubbi

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Da sx: Corsi, Curion, Gily Reda e CignarellaAVELLINO – È stato presentato nel pomeriggio di oggi, presso il circolo della stampa di Avellino, il volume Il salotto di via Vittoria Colonna. Emilio Scaglione tra Giovanni Amendola e Giustino Fortunato, di Antonio Sarubbi. Si tratta dell’ultimo volume al quale ha lavorato il professore scomparso nel 2015. Come ogni ultimo lavoro, o libro-testamento, questo riprende molti dei temi centrali della riflessione di Sarubbi, a partire dal tema del meridionalismo.

Il volume traccia una storia culturale ed intellettuale della città di Napoli nel periodo che va dalla crisi del sistema liberale alla nascita della Repubblica. E lo fa ponendo al centro dell’attenzione, più che le idee o i personaggi, un luogo fisico, appunto il salotto di casa Fortunato in via Vittoria Colonna a Napoli. Un salotto frequentato da alcuni dei principali esponenti della cultura antifascista napoletana, a partire da Benedetto Croce. Un salotto che ci è stato raccontato dalla penna di quel grande – ed oggi, purtroppo, sconosciuto – giornalista che risponde al nome di Emilio Scaglione. Redattore della «Voce» di Prezzolini, il primo giornale che prova qualche forma di nostalgia verso il governo delle Destra storica e, in particolare, dell’alto senso di moralità dei suoi uomini di Stato, mentre a Napoli veniva fondato «Il Mattino», che si attestava su posizioni conservatrice, Scaglione nasce e cresce come liberale antifascista. Collaboratore del «Mondo», a partire dal 1943 Scaglione sarà, insieme a Pietro Scarfoglio, figlio del fondatore del «Mattino», uno dei due direttori del giornale «Il Risorgimento».

Liberale antifascista Scaglione, dunque. E non è un caso che fosse uno dei più assidui frequentatori del salotto di via Colonna. All’interno di quelle pareti, ci ricorda il testo di Sarubbi, venne redatto da Croce, su volontà di Amendola, il Manifesto degli intellettuali antifascisti. Una cultura liberale, quella napoletana, che – ha ricordato la professoressa Clementina Gily Reda, intervenuta nel dibattito – ha la sua origine in quella «grandiosa stagione culturale settecentesca che inizia con Pietro Giannone e con la pubblicazione della sua Storia civile, che avviò un nuovo modo di concepire le cosiddette scienze sociali». Cultura liberale che fu alla base del meridionalismo di Fortunato, ma anche dell’opera di Croce, di Guido De Ruggiero – autore di un fondamentale volume sul Pensiero politico meridionale – e dello stesso Amendola. Una cultura che ha dovuto fare i suoi conti con il fascismo, ma che è riuscita ad affermarsi anche nell’età repubblicana.

Ed oggi, invece, come si presenta la situazione culturale napoletana e, più in generale, meridionale? «Dobbiamo recuperare il nostro passato» ha affermato la professoressa Gily Reda nel concludere il suo intervento. Ma la situazione attuale – lo hanno rivelato i giornalisti Ermanno Corsi e Vincenzo Curion – è particolarmente critica. In particolare Corsi ha evidenziato la mancanza di centri culturali meridionali, capaci di offrire una rappresentazione diversa da quella che viene propinata dalle televisioni e dalle narrazioni sui meridionali. «Noi – si è chiesto il giornalista – vogliamo essere quelli che siamo o vogliamo semplicemente essere come veniamo rappresentati?».

Certamente la mancanza di una classe dirigente meridionale o che, quantomeno, ponga al centro dei suoi interessi anche il Meridione, una classe dirigente che capisca che il Mezzogiorno italiano può e deve essere il principale volano per lo sviluppo italiano, è uno dei motivi per i quali la situazione che ci troviamo ad affrontare non sia delle più rosee. Ma la presenza di centri culturali particolarmente attivi sul tema della formazione, dello sviluppo culturale ed economico, come il Centro Dorso di Avellino – organizzatore dell’evento odierno, e rappresentato nel corso del dibattito dal vicepresidente Nunzio Cignarella –  fanno ben sperare per un futuro più roseo.

Il dibattito si è concluso con un breve intervento di Rosalia Catapano che ha voluto ricordare la figura di Antonio Sarubbi.

 

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