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    03/07/2024

Grazie Luciano

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Luciano De CrescenzoAVELLINO – Con Luciano De Crescenzo mi sono incontrato e ritrovato non su cose da lui  scritte,  dette per televisione o recitate, questo è avvenuto dopo. No,  sono state le  immagini, quelle che pubblicò su “La Napoli di Bellavista” edito da Mondadori  nel 1979, sono state quelle foto che mi hanno fatto capire che, fondamentalmente amavamo, lui Napoli,  io Avellino, alla stessa maniera, non solo perché ci eravamo nati e cresciuti ma perché le vite degli altri, di quelli che ci stavano intorno, non ci erano indifferenti. Se lui si ricordava della purpara io  mi ricordavo della ricciulella, se lui ci raccontava di Don Vincenzino ‘o mericano tutto agghindato a passeggio per Piazza Cavour, io andavo col pensiero a ‘o cumpare  vo’ morì che tutti i 4 novembre faceva bella mostra di sé per il Corso portando al petto le medaglie guadagnate, a suo dire, nella grande guerra.

Il libro mi attirò per la foto in quarta di copertina, quella di Fortunato ‘o mullecaro personaggio che incontravo tutti i giorni quando andavo in facoltà, tranne il lunedì perché, come spiegava il cartello (che per l’applicazione del genere grammaticale merita una lezione di filosofia) appeso al suo negozio (un vecchio passeggino adattato per vendere in giro taralli mandorlati al pepe e molliche di dolci) la ditta Fortunato resta chiuso il lunedì. Fu un bell’incontro. Molti di quei personaggi che presentava li conoscevo. Vivevano quasi tutti dove avevo casa da studente e con qualcuno ci avevo addirittura avuto a che fare. Non mi inquietavano come capitava per i miei coinquilini, tutti di Avellino, che vivevano l’esperienza napoletana con angoscia, e appena potevano scappavano a casa, no,  anzi mi incuriosivano, come mi incuriosiva Napoli, con le sue architetture, con la sua cucina, con il suo dialetto, con i suoi usi e costumi.

Fu allora che nacque e ancora dura l’amore per questa incredibile città. Ci torno quasi ogni settimana e, debbo dire la verità ripercorrere le strade che percorrevo da studente e oramai preda di quel turismo che ti ruba l’anima, mi infastidisce, come mi infastidisce vedere Avellino trasformata da dignitosa città di provincia in un posto dove faccio fatica a ritrovarmi, dove non riconosco i rumori, i sapori e, ahimè i profumi.  Il libro lo presi e lo conservo ancora come album di foto di amici e di luoghi che, negli anni dell’Università  non ho potuto scattare. Lo ha fatto De Crescenzo per me.  Grazie Luciano.

 

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