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    03/07/2024

Centro Dorso/Dall’isola felice all’isola infelice: per un’analisi del fenomeno camorristico

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Da sx: Trapanese, Cignarella, Fiorentino e PiconeAVELLINO – Per molto tempo l’Irpinia è stata considerata – a torto – un’isola felice, estranea alle vicende che hanno caratterizzato la storia della camorra napoletana e campana, una zona quasi «geneticamente immune» agli eventi criminosi. Eppure le ultime vicende di cronaca che hanno interessato il capoluogo, culminate con gli attentati dinamitardi di fine settembre e con l’arresto degli esponenti di quello che è stato ribattezzato “Nuovo Clan Partenio”, hanno scoperchiato un vaso di Pandora che lungamente e colpevolmente era stato chiuso, ma a cui gli osservatori più attenti non avevano smesso di guardare con apprensione.

Dalle loro analisi emergeva il quadro di un fenomeno vecchio, risalente agli anni Settanta, che nasceva e si sviluppava nascostamente allo sguardo e all’attenzione non solo della classe politica che rappresentava la città, ma anche della più ampia fetta della società civile che costituiva la classe dirigente avellinese e da chi ne avrebbe preso il timone negli anni a venire: erano queste le osservazioni che già nel 1998 faceva Generoso Picone, che si interrogava sulla «tranquilla estraneità dei giovani avellinesi», seguite ed ampliate, dieci anni dopo, da quelle dell’ex sindaco di Avellino, Antonio Di Nunno, che ricordava come Gomorra – si era negli anni in cui era esplosa l’attenzione mediatica al fenomeno camorristico, sulla scia del lavoro omonimo di Roberto Saviano – non fosse poi tanto lontana da Avellino.

Del resto, e spesso se ne dimentica, la provincia di Avellino è sede operativa di due dei clan più longevi della camorra campana, i Cava e i Graziano, protagonisti di una lunga faida che ha insanguinato Quindici e il Vallo di Lauro. Ed originari della provincia sono anche il clan Pagnozzi – che ha esteso i suoi traffici fin nel Lazio e che, in alcuni momenti della sua storia, contava soprattutto a Roma – e il clan Genovese, con quest’ultimo forte e presente soprattutto nel capoluogo. Eppure, nonostante la presenza di queste storiche famiglie camorristiche, la presenza del fenomeno camorristico ad Avellino e provincia per molto tempo è stato sottovalutato. C’è stato un momento preciso in cui la sottovalutazione della presenza della camorra in Irpinia ha raggiunto livelli preoccupanti: gli anni successivi al terremoto. In quegli anni, infatti, Avellino – e la sua provincia – dovevano diventare il laboratorio dello sviluppo economico, sociale e politico di un nuovo Mezzogiorno, e come tale estraneo, per sua stessa natura, ai problemi principali del meridione italiano. Mentre si costruiva il discorso sull’Irpinia come isola felice, la camorra sfruttava i canali della distribuzione delle risorse economiche destinate alla ricostruzione post-sisma per entrare, prepotentemente, nell’Avellinese. Agendo indisturbata, essa è riuscita a penetrare nel territorio e a diventarne un suo elemento caratteristico.

In questo è stata aiutata dalla mancata reazione della borghesia avellinese, interessata soltanto al suo potere, incapace di prendersi la responsabilità di cambiare il destino della città. E, ancora oggi, a trentanove anni dalla catastrofe del sisma, che ha rappresentato l’ultima occasione per cambiare e sviluppare la città, Avellino non ha un ruolo preciso, non ha una funzione, perdendo, a poco a poco, anche il suo status di capoluogo culturale, economico e politico. Gli unici a godere di questa situazione – che naturalmente è peggiorata con la crisi del 2008 – sono stati i clan che hanno potuto continuare ad agire in maniera indisturbata.

Proprio per sopperire alla mancata risposta della società civile avellinese, che pare quasi assente ed estranea ai problemi criminali che interessano la città e la provincia, il Centro di ricerca Guido Dorso di Avellino, nella persona del suo presidente, Luigi Fiorentino, ha in procinto di avviare una ricerca che possa analizzare, dettagliatamente, il fenomeno camorristico presente in città e in provincia. E lo ha fatto, per prima cosa, invitando la cittadinanza ad un incontro pubblico che si è tenuto, questo pomeriggio, presso il circolo della stampa di Avellino e al quale hanno preso parte, oltre lo stesso Fiorentino, il vice presidente del Centro Dorso, Nunzio Cignarella, e i giornalisti Luciano Trapanese e Generoso Picone. E la risposta della sala – erano presenti, tra gli altri, l’ex primo cittadino di Avellino, Paolo Foti, e l’ex presidente del Consiglio comunale, Antonio Gengaro –, che ha seguito con interesse lo stimolante dibattito, non può che fan ben sperare per una presa di posizione forte e decisa contro la camorra.

 

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