www.giornalelirpinia.it

    03/07/2024

Il libro/Caruso, il prefetto amico dell’Irpinia

E-mail Stampa PDF

La copertina del libro su Caruso e Stefano  SorvinoAVELLINO – Ha visto la luce per i tipi dell’Editoriale Scientifica di Napoli il volume Carmelo Caruso. Testimone di etica del servizio pubblico, l’ultima fatica letteraria di Stefano Sorvino, attuale direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Campania. Proponiamo ai nostri lettori la prefazione di Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno del governo Draghi.

*  *  *

Curare la prefazione della bella monografia che l’avvocato Stefano Sorvino ha dedicato alla figura di Carmelo Caruso si è rivelata per diversi motivi una fonte inesauribile di emozioni.

Mi soffermerei, intanto, sul ricordo che ancora conservo intatto, a molti anni dalla sua scomparsa, del prefetto Carmelo Caruso, che ebbi l’onore di conoscere, giovanissima, negli anni in cui lui, ancora viceprefetto, fu alla guida di un importante Servizio della Direzione generale degli affari generali e del personale. Nell’organizzazione ministeriale dell’epoca, all’incirca a cavallo degli anni ’70 e ’80, questo tipo di ufficio aveva una rilevanza non distante da quella che oggi assegniamo alle direzioni centrali.

Caruso era, a quei tempi, come ricorda Sorvino, uno dei collaboratori più vicini al direttore generale, Aldo Buoncristiano, il quale lo stimava a tal punto che lo propose senza tentennamenti per la nomina a prefetto di Avellino, all’indomani del devastante sisma del 23 novembre 1980.

Fu una scelta assolutamente corretta che dette modo a Caruso di mettere in evidenza doti straordinarie, organizzative, operative e anche umane. Sì, umane, perché una delle qualità più grandi di Caruso fu la sua inarrivabile capacità di mettersi immediatamente in sintonia con gli altri, con chi gli chiedeva ascolto per le ragioni più diverse. E si può immaginare quale slancio, quale civile coraggio fossero necessari per non soccombere di fronte alle innumerevoli conseguenze dell’inaudita violenza della natura che aveva duramente colpito le comunità irpine, per non vacillare dinanzi alle difficoltà inestricabili e angosciose con cui doveva misurarsi, e, anzi, per infondere fiducia e speranza, agli altri come a se stesso.

Caruso riusciva ad essere autorevole e credibile. Era questo un suo speciale carisma, legato anche – io ritengo – al senso autentico della fede che lo pervadeva. Un senso religioso e laico allo stesso tempo. Aveva fede in Dio e aveva fede nell’uomo, inevitabilmente potrei aggiungere. Ne seguiva che l’interlocutore, anche negli approcci più difficili, vedeva in Caruso l’uomo, il cristiano di buona volontà, che si piega verso le difficoltà del prossimo con mano amica, con uno spirito di solidarietà autentica, ostinatamente rivolta al bene.

L’esperienza avellinese fu un banco di prova durissimo, ma anche esaltante, durante il quale Carmelo, intelligentemente, chiamò al suo fianco, specie all’inizio, validissimi funzionari del Viminale che aveva apprezzato negli anni trascorsi alla citata direzione generale.

Confesso che quella carrellata di nomi e di volti di amici carissimi, puntualmente ricordati da Sorvino (il quale, detto per inciso, ha una conoscenza vasta e approfondita delle figure che fanno parte della nostra Amministrazione, o che l’hanno servita in passato) è, per me, come aprire le pagine di un libro da cui non riusciamo a staccarci, e che volentieri riprendiamo tra le mani per risentire l’affettuoso calore della memoria.

*  *  *

Ad Avellino Carmelo incontrò anche Guido Sorvino, capo di Gabinetto della prefettura, il padre di Stefano. Qui l’autore non va oltre una pudica citazione. Ma io posso ben dire del valore di Guido, che operò al fianco di mio padre negli anni in cui fu prefetto della provincia irpina guadagnandone la fiducia e la stima.

Il libro ci guida nel percorso professionale di Caruso tratteggiando gli aspetti più fascinosi e appaganti di una luminosa carriera, senza tuttavia oscurare le amarezze che egli per la verità raramente conobbe.

Caruso, del resto, era un innovatore, credeva che l’amministrazione pubblica dovesse smettere i panni curiali dell’arcana imperi e aprirsi alle necessità reali del cittadino, l’unico “sovrano” in democrazia, l’esclusivo punto di riferimento per chi fosse chiamato all’esercizio della potestas. Il “metodo Caruso”, come egli stesso lo chiamò, si fondava sulla collaborazione istituzionale e sul coordinamento, cioè su principi la cui concreta applicazione non era facile far accettare a quanti avessero una concezione proprietaria della funzione assegnatagli e, quindi, fossero poco propensi a condividere esperienze e decisioni. E tuttavia il contagioso entusiasmo di Carmelo operò il “miracolo” di dar vita, nell’esperienza di prefetto di Milano, al Comitato metropolitano, cioè ad un organismo di raccordo tra i diversi livelli di governo, centrale, regionale e locale, che venne insediato in prefettura. Si trattò, come efficacemente ricorda Sorvino, di un’esperienza originale, fino ad allora mai sperimentata. In considerazione dei buoni risultati di cui dette prova, essa rappresentò una best practice, importata, infine, nel nostro sistema legislativo, con il nome di Comitato provinciale della pubblica amministrazione, in forza del decreto-legge 152 del 1991. Un provvedimento, ricordo bene, che, pur contenendo numerose norme in materia di contrasto alla criminalità organizzata, ne includeva altre dedicate alla trasparenza e alla buona amministrazione, in quanto era già evidente da allora la connessione tra il disordine e il degrado amministrativo e la capacità infiltrativa dei fenomeni criminali. L’iniziativa di Caruso fu un successo, sulle cui basi, è bene rammentarlo, si è poi fondato il successivo rilancio dell’istituto prefettizio e, con esso, la riscoperta della funzione di amministrazione generale.

Anche la vicenda della candidatura a sindaco di Roma, nel 1993, viene posta da Sorvino nella giusta prospettiva in cui fu vissuta da Caruso. Non fu certo

un’esperienza in cui Carmelo si imbarcò per motivi di ambizione; anzi, erano certamente maggiori e, anche più probabili, visto il navigato profilo delle figure politiche con cui si dovette misurare (Rutelli e Fini), i rischi e gli inconvenienti che i presunti vantaggi. Fu piuttosto un atto di generosità verso un ideale, quello  centrista e moderato, di cui l’uomo Caruso non faceva mistero, e fu un gesto di riconoscente amicizia verso un’eminente personalità delle Istituzioni, Nicola Mancino, il quale imparò a stimare subito il valentissimo prefetto, fin da quando nacque il loro rapporto, costruito sul dolore e sulle fatiche del dopo-sisma, e che volle accanto a sé al Senato, come suo capo di gabinetto.

Alla generosità del suo carattere, aperto e di grande socievolezza, può ascriversi anche l’impegno che Caruso mise nel dare concretezza, insieme a Giovanni Fortunati, all’idea associativa da cui nacque l’Anfaci. Caruso ne fu il primo Segretario generale, cedendo la carica, dopo un po’, a Giuseppe Giordano, pur seguendo sempre con affetto e con spirito propositivo le evoluzioni successive dell’Associazione.

Infine, l’emozione che nasce da questo libro è per la sua appartenenza a una collana di piccoli volumi che, appunto con il patrocinio dell’Anfaci, è stata tenacemente progettata e voluta da Carlo Mosca, l’amico indimenticabile che ci ha purtroppo lasciati di recente. Una collana che in pochi anni ha raccolto quasi una trentina di titoli, frutto del lavoro appassionato di colleghi, ma anche di personalità del mondo scientifico e giuridico che non appartengono all’amministrazione dell’interno, ma che l’hanno conosciuta e apprezzata per il tramite di Carlo.

Il filo conduttore di queste pubblicazioni, cui si aggiunge ora la monografia su Caruso di Stefano Sorvino, è l’etica nel servizio pubblico, testimoniata dalle esperienze di vita delle personalità biografate. Alla tensione morale verso l’impegno pubblico Caruso rimase fedele sempre, nelle cose grandi come in quelle minuscole e quotidiane, facendosene interprete senza enfasi, al contrario con la bonomia che esprimeva il suo disarmante sorriso. Ricordo un episodio accaduto quando al Viminale si tenne, sotto l’egida dell’Ocse, un incontro tra i rappresentanti di governo dei paesi comunitari sul tema delle aree metropolitane. Caruso, allora direttore dell’Ufficio legislativo del ministero, ne era il cardine organizzativo e sovraintendeva su tutto, anche sulla preparazione degli eventi collaterali a carattere mondano. Tra questi, una sontuosa cena sugli spalti di Castel Sant’Angelo, favorita dalla stagione estiva.

Come spesso capita quando ci si appresta a ricevere ospiti importanti, ci s’interrogava tra noi giovani funzionari coinvolti nella macchina organizzativa se le derrate sarebbero bastate e cosa avremmo potuto fare in caso contrario. Caruso, che percepì al volo la nostra ansia, ne chiese il motivo, e quando, un po’ timorosi, glielo spiegammo, disse testualmente “Beh, ragazzi, farete come se foste a casa vostra: mangia l’ospite e voi digiunate”.

Questo è Carmelo, uomo di grande levatura ma al tempo stesso di grande semplicità, tipica di coloro che hanno speso la loro vita per la difesa di quei principi di etica e di responsabilità che dovrebbero sempre accompagnare le nostre azioni quotidiane.

 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna

DG3 Dolciaria

Geoconsult

Condividi


www.puhua.net www.darongshu.cn www.fullwa.com www.poptunnel.com