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    03/07/2024

25 luglio ’43, il «largo» ridiventa un inno alla libertà

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Una quinta di Piazza Libertà oggi con Palazzo Caracciolo in primo pianoAVELLINO – Nel mese scorso è ricorso il settantesimo anniversario della caduta del fascismo, avvenuta il 25 luglio 1943. L’avvenimento fu vissuto in Avellino con estrema gioia anche nella convinzione che la disastrosa guerra in corso potesse terminare. L’approvazione dell’ordine del giorno Grandi e la relativa caduta di Mussolini e del fascismo accese sopite speranze nei cuori dei democratici tra i quali Guido Dorso e molti altri giovani che in seguito segneranno il nucleo politico di Avellino e dell’Irpinia attraverso manifestazioni prodotte nei confronti dei luoghi che avevano rappresentato il potere nella nostra città. In particolare, fu assediata la sede federale di via Mancini e fu devastata la targa che ricordava la morte del giovane fascista, studente della scuola agraria,  Luigi Buttazzi, ucciso con un colpo di pistola in una rissa quasi due decenni prima.

Ma anche da parte degli apparati dell’entourage filogovernativo si ebbero tangibili segni di rinnovato cambiamento. È il caso dell’intervento del podestà in carica, Giuseppe de Conciliis, il quale con estrema e inusitata tempestività il giorno dopo, 26 luglio, convoca il segretario comunale per una seduta straordinaria deliberativa. La prima deliberazione assunta dal podestà fu quella di ripristinare il nome alla più grande e nota piazza di Avellino, la Piazza della Libertà, inopportunamente ribattezzata dal prefetto di Avellino, Tullio Tamburini, nel 1938, in Piazza della Rivoluzione (ben s’intende della rivoluzione fascista). Il prefetto Tamburini aveva più volte, inutilmente, ingiunto al podestà di cambiare il nome alla principale piazza di Avellino per ricordare al Paese la trasformazione avvenuta con la rivoluzione dei fasci. Il podestà non aveva mai preso in considerazione l’invito anche per rispetto alla memoria del suo diretto antenato, il colonnello Lorenzo de Concilj, l’eroico condottiero delle giornate insurrezionali del luglio del 1820 che videro la citta di Avellino al centro della scena nazionale in fatto di libertà e Costituzione.

Molti anni dopo, dicembre 1864, il Largo dei Tribunali, grazie ad una mozione presentata nel Consiglio comunale dal patriota avellinese Tommaso Imbimbo, partecipe dei fatti del 1820, il “Largo” assunse il nome di Piazza della Libertà. Visto il rifiuto del podestà, al prefetto Tamburini, nel periodo febbraio-giugno 1938, a seguito dell’affidamento delle sorti del Comune al commissario prefettizio Alessandro Bacci, fu facile ottenere il cambio della denominazione della storica piazza. Ma nel dicembre del 1942 de Conciliis fu nuovamente reintegrato nella carica di podestà. Così, all’indomani del 25 luglio 1943, con la caduta del fascismo il primo cittadino, in uno dei primi suoi provvedimenti, stabilì di ripristinare il glorioso nome alla Piazza.

In materia di toponomastica l’atto relativo al nome della piazza non fu l’unico provvedimento. Fu abrogato il nome di via Costanzo Ciano, il padre di Galeazzo, genero del Duce, e al suo posto fu ricordato l’eroico avvocato Raffaele Perrottelli, caduto nella prima guerra mondiale. Via Principe di Piemonte fu battezzata via Matteo Renato Imbriani (poi via Matteotti), mentre via XXIII Marzo divenne via Verdi e via Littorio sarà cambiata in via Roma, successivamente suddivisa con il Corso Europa. Nemmeno due mesi dopo dalla caduta del fascismo, il 14 settembre 1943  la nostra città fu al centro di paurosi e micidiali bombardamenti da parte degli alleati che causarono morte e distruzione. Soltanto il 25 aprile 1945 fu raggiunta l’agognata liberazione.

 

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