www.giornalelirpinia.it

    22/07/2024

Società, istituzioni e religione nella storia del castello di Montefusco

E-mail Stampa PDF

Il centro storico di Montefusco in una vecchia fotoMONTEFUSCO - Uomini e istituzioni, nel corso della loro esistenza, attraversano periodi di crescita, splendore e decadenza; sembra una legge naturale che si può riscontrare nella storia di ciascuno di noi e soprattutto nelle vicende di civiltà e imperi del passato, anche quando hanno lasciato dietro di sé tracce luminose ed ancora imponenti a distanza di secoli o di millenni. Non sfugge alla predetta legge di natura la storia di Montefusco, ma con qualche peculiarità degna di nota.

Di altre realtà urbane si conoscono le fasi iniziali più o meno lente, faticose ed oscure. Non si può dire altrettanto di Montefusco, che entra nella cronaca e nella storia all’improvviso e, cosa che qui più conta, già importante nella considerazione dei cronisti del secolo XII e nel pieno delle sue potenzialità strategiche, con un castello qualificato come ingens (grande, importante). Ciò era già noto agli studiosi di storia montefuscana, ma ora viene ribadito e approfondito in una recentissima pubblicazione di Eduardo Spagnuolo, intitolata Il castello di Montefusco dal 1114 al 1137, edita da Delta 3 di Grottaminarda nel mese di luglio dell’anno corrente. Si tratta di un agile volume di 87 pagine, zeppe di notizie documentate e interessanti sull’esordio storico di Montefusco, che in una pergamena coeva di Montevergine è chiamato Castello Monte Fusculi.

Lo Spagnuolo si accinge a presentare le vicende montefuscane esprimendo un condivisibile rincrescimento per la diffusa ignoranza sulle suddette vicissitudini che sarebbero “degne, nella loro spettacolarità, di rappresentazioni cinematografiche o di altro tipo” ed entra subito “in medias res” col presentare la Montefusco del 1114 quale “realtà pienamente definita nelle sue strutture militari, difensive e abitative”. Da qui si snoda la narrazione di fatti e misfatti dei vari personaggi: conti, baroni, connestabili, cavalieri e quant’altro si può attingere dalle fonti, in un tumultuoso intrecciarsi di guerre e guerricciole, alleanze e tradimenti, operazioni belliche e devastazioni.

La fonte principale, contemporanea agli eventi è costituita dal giudice beneventano Falcone che, in prospettiva beneventanocentrica, attribuisce meriti e demeriti secondo un’ottica filo-longobarda e antinormanna. Montefusco compare per la prima volta nella storia, nel 1114, perché il connestabile di Benevento, Landolfo della Greca, longobardo già nel nome, è costretto a lasciare la città del Calore dal momento che in essa ha preso il sopravvento momentaneo la fazione popolare e filonormanna che osteggia, a causa dei danni subiti, la guerra contro i Normanni. Si tratta di vicende beneventane con riflessi sulla regione limitrofa che, a differenza di Benevento città, è da tempo un saldo possesso dei Normanni, subentrati quasi dappertutto nella regione ai Longobardi decaduti.

Ovviamente l’autore non si limita alle vicende guerresche piuttosto frequenti fra i feudatari normanni che si contrappongono l’uno all’altro, senz’alcun riguardo per i vincoli di parentela o alleanze recenti, ma si sofferma anche sulle istituzioni montefuscane, sull’assetto urbanistico, sulla consistenza della guarnigione, sulle arti e mestieri, sulla vita sociale quotidiana e sulle chiese. Egli concede spazio anche al personaggio dominante nella Montefusco dell’epoca, il barone Roberto, uomo più propenso a menare le mani che a ricercare con l’intelligenza e la diplomazia i traguardi sperati; la sua tragica fine sarebbe meritevole di un film horror. Costituisce un merito per lo Spagnuolo l’aver sottolineato la presenza di un partito beneventano in Montefusco, frutto di una vicinanza storica e geografica, di legami ecclesiastici diocesani e di comune devozione per gli stessi santi.

L’avvento dei Normanni in Montefusco fu più un fatto militare che un fenomeno sociale e, del resto, i nuovi arrivati si dimostrarono “violenti, spietati e rapaci” e se è vero che il barone Roberto di Montefusco era in grado di combattere contro Giordano, il potente conte di Ariano, se lo poteva permettere per la consistenza numerica della guarnigione e l’imprendibilità del castello montefuscano, non per il favore della popolazione, cui era certamente inviso e che era rimasta, anche se in parte, di sentimenti filolongobardi e filobeneventani. D’altro canto, nei documenti relativi a Montefusco, si osserva che le donazioni, un tempo dirette verso il monastero di Santa Sofia in Benevento, finiscono, mentre le nuove prendono la strada di Montevergine, segno evidente che almeno la parte di popolazione più facoltosa preferiva l’abbazia di Montevergine, fondata nel 1124  e subito cara ai Normanni.

L’arrivo di Landolfo della Greca, il 22 marzo del 1114, segna l’ingresso di Montefusco nella storia scritta, grazie al Chronicon Beneventanum di Falcone. L’acutezza storica dello Spagnuolo trova la spiegazione del rifugiarsi nella Montefusco normanna da parte di Landolfo della Greca, esponente del partito longobardo in Benevento e più volte vincitore sulle truppe normanne, nella ribellione del barone Roberto di Montefusco contro il nipote, conte di Ariano. Il che, nel contesto della invereconda litigiosità dei Normanni, rappresenta una spiegazione più che plausibile e apre uno spiraglio di luce sui sottili giochi delle alleanze di antichi nemici contro un comune nemico più forte: evidentemente anche i Normanni, stanchi di essere considerati rudi guerrieri e inarrestabile forza d’urto, stavano scoprendo le armi e le arti della diplomazia, anche se, nella fattispecie di Roberto di Montefusco, la supposizione predetta sembra un complimento immeritato.

A questo punto, pare opportuno lasciare ai lettori dell’opera dello Spagnuolo, il compito di proseguire nella disamina delle avventure e delle disavventure dei protagonisti quali il sullodato Landolfo, il barone Roberto e il conte di Ariano, delle distruzioni e devastazioni subite da Montemiletto, Montaperto e Tufo. Quello che l’autore continua a presentare è un mondo incomprensibile per l’uomo di oggi, ma per altri versi affascinante e suggestivo, adatto per la scrittura di un romanzo o di un soggetto cinematografico di successo. Allo scrivente sembra doveroso suggerire allo Spagnuolo, già autore di numerose e pregevoli pubblicazioni sulla storia dei Comuni irpini in epoca risorgimentale, di insistere sul filone medievale. Così facendo affronterebbe argomenti meno controversi, ma altrettanto affascinanti e importanti per la conoscenza di un’Irpinia alquanto dissimile da quella odierna, ma proprio per questo fascinosa, misteriosa e, nello stesso tempo, illuminante per la storia delle nostre contrade.

 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna

DG3 Dolciaria

Geoconsult

Condividi


www.puhua.net www.darongshu.cn www.fullwa.com www.poptunnel.com