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    03/07/2024

Le richieste della Baronia a Mancini nelle elezioni del collegio di Ariano

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Vallata, Palazzo Novia CataldoNell’aprile del 1862, il collegio elettorale di Ariano fu chiamato alle elezioni suppletive per la scelta  del deputato al Parlamento (L’Irpinia del 12 ottobre 2013 n. 17-18). Oltre che la città del Tricolle andò alle urne, come parte del collegio di Ariano, anche la Baronia, terra natale di Pasquale Stanislao Mancini. Anche per la sua terra, perciò, Mancini, candidato alle citate elezioni, interessò i sostenitori affinché si attivassero in suo favore. E proprio la corrispondenza, intercorsa tra Mancini e questi ultimi consente di conoscere per la Baronia i sentimenti degli elettori  verso il deputato uscente, i problemi in quel momento più avvertiti, le attese dei cittadini.

La prima risposta alle sollecitazioni elettorali, recante la data  del 27 marzo 1862 (le elezioni si sarebbero tenute il 6 del mese successivo), fu inviata da Castelbaronia dal comandante della locale Guardia nazionale, Giuseppe Andreotti, il quale sostanzialmente rassicurò Mancini con le seguenti parole: “I di Lei sentimenti sono stati, e sono purtroppo costantemente liberali, e conformi i suoi atti per ispirare somma fiducia agli elettori tutti, poiché presso di me sono stati  apprezzati, come cosa sagra ed inviolabile, e lo sono e lo saranno. Quindi si abbia la più alta assicuranza che gli elettori di questo Comune, terra sua natìa, e quelli del mandamento intero, presso i quali ho attivato delle premure, si onoreranno per la seconda presceglierla a valido propugnatore delle libere concessioni, e strenuo rappresentante nel Parlamento Nazionale de’ bisogni cittadini”. Insomma, Giuseppe Andreotti non sembra adombrare difficoltà o ragioni di dissenso da parte dell’elettorato di Castelbaronia e dell’intero mandamento. Molto diverse, invece, furono le parole indirizzate a Mancini da Pietro Cataldo  con una lettera del 27 marzo, sempre da Castelbaronia: “Gli elettori di questo Mandamento si gloriano di averla a rappresentante per l’ammirabile capacità che la distingue; ma sono dolenti assai di essere stati dimenticati ne’ principali loro bisogni. Dicono di aver gridato invano presso Lei, ed in epoche favorevoli per ottenere armi onde fornirne la Guardia Nazionale ed un tratto di strada rotabile, circa dieci miglia, cioè dal ponte Bufeta a Vallata, a spese della Nazione. Inclinavano perciò per Ricasoli. Ho combattuto alla meglio le resistenze, e sono in grado di assicurarla di aver quasi tutti superati gli ostacoli col concorso delle larghe parentele e degli amici. La elezione seguirà domenica sei del prossimo aprile; e non mancherò di accortezza ed energia”. Dunque, secondo Pietro Cataldo, la Baronia, per le difficoltà che la attanagliavano, era tutt’altro che soddisfatta dell’operato del proprio rappresentante al Parlamento.  Due in particolare i problemi che vengono citati nella nota: la mancata fornitura di armi alla Guardia Nazionale e la mancanza di strade.

Non meraviglia che la questione dell’armamento della Guardia nazionale fosse in quel momento particolarmente sentita, essendo ancora in pieno vigore il fenomeno del brigantaggio, con lo scorazzare di bande armate anche per le colline della Baronia (Mancini in verità provvide a sollecitare per la Baronia lo stanziamento di truppa presso il prefetto Nicola De Luca). Altro problema evidenziato era quello della viabilità. La Baronia, all’indomani dell’Unità, era un insieme di villaggi completamente isolati, raggiungibili attraverso mulattiere impervie e poco praticabili nei periodi invernali. Una strada carrabile, comoda e sicura, dunque, che collegasse il “ponte Bufeta”, nel territorio tra Flumeri e Frigento, con Vallata, attraverso tutti i paesi della Baronia, era sentita ormai dalle popolazioni come un’opera non più rinviabile. L’infrastruttura, in effetti, sarà realizzata proprio nei decenni successivi (l’attuale tratto della strada statale 91) e inaugurata, secondo fonti orali, nel 1885 proprio da Mancini (il cui impegno in questa direzione evidentemente sarà rispettato)in occasione del suo ritorno a Castelbaronia.

Anche Alfonso Novia da Vallata,  con una lettera dell’otto aprile del 1862, scritta a risultato già acquisito, sembra adombrare qualche resistenza, sia pure vaporizzata col voto, dell’elettorato verso Mancini: “Nonostante i forti ostacoli di non pochi malevoli di questo paese, pure quaranta elettori composti di parenti ed amici fummo presenti alla votazione, che tutti furono favorevoli. A voti uniformi i signori elettori mi chiamarono a primo scrutatore addetto all’uffizio, ed adempii alla mia parte come si conveniva. Il Sig. Luparelli di Ariano mi assicura di aver ella riportata la maggioranza assoluta: una tal nuova mi ha aperto il cuore di giubilo e mi congratulo con lei del felice risultato. Il voto di tutti adesso è quello che ella non dovrà dimenticare di quella terra che la vide nascere.”

Allo stesso modo, Pietro Cataldo, all’indomani delle elezioni, il 7 aprile del 1862, nel comunicare il risultato a Mancini, con due lettere, dovette dare atto di una sorta di rinsavimento dell’elettorato della Baronia:  “in seguito alla mia precedente ed in attestato di profonda stima, vengo a parteciparle che ella seguiterà a darci l’onore della rappresentanza nel Parlamento, poiché il circolo elettorale ha fatto senno, e la maggioranza si è pronunziata. Domenica prossima si radunerà il collegio. Già al momento che legge la presente credo che il telegrafo le avrà trasmesso il risultato della votazione…”. E ancora, lo stesso Cataldo con lettera dell’otto aprile: “Ieri, su 154 elettori di questo Mandamento, Ella riportava 151 suffragi. La maggioranza del clero si astenne dalla votazione. Qui arrivano favorevoli novelle dalle altre sezioni elettorali. Ella è il nostro rappresentante…”.

Un risultato straordinario, dunque, inatteso rispetto alle resistenze dell’elettorato prospettate nelle lettere. O forse si trattò di una affettuosa pressione affinché Don Pasqualino non si scordasse dei suoi elettori?

 

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