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    03/07/2024

I Gesualdo nella storia del Regno di Napoli

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Il castello di Gesualdo. Nel riquadro, Carlo GesualdoPiù volte si è dato conto su queste pagine di nuove opere che negli ultimi anni sono state dedicate a Carlo Gesualdo. In questo elenco certamente non rientra l’ultimo libro di Armando Montefusco “I Gesualdo nella storia e nelle genealogie del Regno”, che, prendendo le mosse dalla famiglia di Carlo, si trasforma, in realtà, in “Un viaggio tra feudi e feudatari dell’Irpinia”, come recita il sottotitolo dell’opera. I Gesualdo, unici tra i grandi feudatari irpini a conservare un legame strettissimo con le nostre terre, costituiscono un formidabile trait d’union tra alcune delle più prestigiose famiglie dell’aristocrazia del Regno di Napoli e di altri stati e potentati italiani. Basta soffermarsi solo sulla vita di Carlo e dei suoi diretti discendenti per scoprire che i matrimoni contratti dai Gesualdo videro coinvolti gli esponenti di famiglie autorevolissime che per secoli avrebbero condizionato e “fatto” la storia del Sud e dell’intera penisola: d’Avalos, Estensi, Ludovisi, Acquaviva, Furstenberg, e altre ancora. È, quindi, molto ardua l’impresa dell’autore, che, prendendo le mosse dalla ricostruzione della storia della famiglia Gesualdo, ne disegna l’albero genealogico, di volta in volta incrociandolo con quelle delle altre famiglie. E, ancora, nel trattare le vicende dei Gesualdo, si dedica ad ampie digressioni sulla storia delle altre famiglie, svelando parentele e relazioni di ogni tipo, disegnando un quadro d’insieme di una parte significativa della storia italiana, che va dalla dominazione normanna agli albori dell’Ottocento.

Il primo volume è interamente dedicato alla storia del casato dei Gesualdo. L’autore non cede alla tentazione di soffermarsi solo sulle vicende di Carlo. Anzi, alla sua tormentata vita egli dedica poco più di un capitolo, tratteggiandone gli eventi salienti in modo chiaro e sintetico. L’assassinio dei due amanti, Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa, il processo che ne seguì, l’esilio, il rapporto con il figlio Emanuele: Montefusco ripercorre le varie fasi della vita del “principe dei musici” con ritmi e toni di scrittura sobri e lineari. A differenza di altri autori non indulge in citazioni pletoriche, né si abbandona a descrizioni grandguignolesche o a teorie ed ipotesi fantasiose. Anzi, a differenza di altri storici, più attenti agli aspetti truculenti della tragedia che ai reali accadimenti, egli si sforza di ristabilirne i contorni, precisandone anche i tempi e contraddicendo le versioni discordanti proposte da altri autori. In definitiva, nell’opera di Armando Montefusco anche le gesta e la figura di Carlo Gesualdo segnano solo una fase (anche se la più importante) della storia della famiglia, che dopo la sua morte vive momenti che per certi versi sono ancora più tragici. La morte del principe venosino, infatti, apre una stagione di gravissimi lutti e di dissennate scelte e condotte che, entro la fine del Seicento, avrebbero determinato la dissoluzione del vasto potentato dei Gesualdo.

E probabilmente proprio su queste vicende, successive alla morte di Carlo, l’autore scrive le pagine più interessanti e più utili non solo per il lettore, ma anche per lo studioso. La storia degli epigoni del principe è stata spesso scritta in modo sommario e superficiale. Eppure, nell’intero XVII secolo essi governarono un vero e proprio “stato”, i cui territori si estendevano tra l’Irpinia e la provincia di Potenza, allungando le loro propaggini fino al Cilento ed alla Daunia. Anzi, una volta deceduta Lavinia, figlia di Isabella Gesualdo (a sua volta, nipote di Carlo) e subentrati i Ludovisi nei possedimenti gesualdini, questi vennero a far parte di un più ampio potentato che si estendeva fino a Piombino. Montefusco, ben consapevole dell’importanza di questi eventi nel contesto storico del Seicento italiano, li ricostruisce con acuta precisione, sia in relazione alla cronologia, sia in relazione alla concatenazione di essi con altri eventi.

Tra gli inizi e la metà del XVII secolo, infatti, la famiglia Gesualdo, già imparentata con gli Estensi tramite Eleonora d’Este (sposa in seconde nozze di Carlo), stringe legami con i Furstenberg (grazie a Polissena, moglie di Emanuele e nuora di Carlo), con gli Acquaviva (tramite Matteo, sposo in seconde nozze di Polissena), con i Ludovisi (tramite Niccolò, marito di Isabella). In definitiva, l’Irpinia, grazie agli epigoni di Carlo, si troverà al centro di importantissime dinamiche politiche ed economiche di cui l’autore dà ampiamente conto.

Dopo aver ricostruito la storia dei Gesualdo ed averla incrociata con quella di alcune tra le famiglie più importanti dell’epoca, nel secondo volume dell’opera Montefusco ripercorre le vicende dei feudi irpini e delle famiglie che li amministravano. Anche in questo caso il lavoro dello studioso è preziosissimo, oltre che monumentale. Spesso, infatti, egli si trova ad affrontare vicende intricate, che è difficile rappresentare in modo chiaro e sintetico. Al contrario, egli riesce in questa impresa. Uno spazio rilevante è concesso alla famiglia Carafa ed ai suoi più importanti esponenti, tra i quali emerge Giovan Pietro Carafa, Papa Paolo IV. Peraltro, anche la famiglia Carafa incrocia i propri destini con il casato dei Gesualdo in occasione dell’evento che segnerà la vita e la memoria di Carlo, l’omicida di Maria d’Avalos e del suo amante, Fabrizio Carafa.

E, ancora, nelle pagine del volume dedicato ai feudatari irpini il lettore viene a contatto con personaggi ed eventi che trascendono (e di gran lunga) il nostro angusto contesto territoriale. Anzi, in alcuni casi gli esiti della ricerca e della ricostruzione storica di Montefusco riannodano i fili che legano all’Irpinia importanti personalità del presente e del passato recente. Tra tutti, è particolarmente significativo il caso della famiglia Della Marra, duchi di Guardia dei Lombardi e signori di Serino, Montemarano e Castelfranci. Tra i discendenti di questo casato si annovera, infatti, Paola Ruffo di Calabria, consorte del re del Belgio Alberto II.

In generale, i contenuti dell’opera sono particolarmente ricchi e sono supportati da rappresentazioni grafiche molto chiare ed efficaci. Il riferimento è alle novantuno tavole genealogiche relative alle famiglie (ed ai loro vari rami) citate nella pubblicazione. In alcuni casi esse sono aggiornate fino ai giorni nostri, rivelando discendenze e relazioni parentali poco conosciuti, come nel caso appena citato di Paola del Belgio. In definitiva, quindi, un’opera gradevole da leggere, ma anche imprescindibile per lo studioso o – più semplicemente – per chiunque nutra passione per la storia locale.

 

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