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    03/07/2024

La lezione di Dorso: una nuova classe dirigente per rilanciare l’Italia

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura_centro_dorso1.jpgAVELLINO – Dal Centro di ricerca Guido Dorso riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Guido Melis, ordinario di storia delle istituzioni politiche.

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"Quell'incapacità progettuale dei governi locali" è il titolo di un interessante pezzo di Alfonso Russo sul "Sole 24 ore" di oggi, domenica 27 luglio. Interessante perché pone un problema fondamentale per la eventuale (e molto sperata) ripresa italiana. Dunque, dice Russo, i programmi di rilancio europeo assegnano risorse ingenti (circa 300 miliardi di investimenti nei prossimi 3 anni) e un ruolo centrale alla Bei, la Banca europea per gli investimenti. Questo istituto glorioso, nato nel 1957 su impulso italiano, primo presidente Pietro Campilli, fu ideato, storicamente, come uno strumento a vantaggio delle aree depresse d'Europa, innanzitutto del Mezzogiorno italiano. Dovrebbe occuparsi della crescita, ma versa in gravi difficoltà. E in particolare incontra grandi ostacoli nel Mezzogiorno italiano. E qui sta il punto, il tema cruciale posto da Ruffo nell'articolo: le cause prime di questa difficoltà sta nella "scadente capacità progettuale delle amministrazioni locali, aggravata dal costo, ritenuto proibitivo, dei servizi offerti dalla banca". Un combinato disposto micidiale. Bassa cultura, deficit di cultura istituzionale e alti costi di gestione. I fondi europei ci sarebbero, la capacità di spendere e di spendere tempestivamente no. Come fare? Il vicepresidente della Bei, l'italiano Scannapieco, avanza un'idea: la Bei fornisca a chi lo richiede "una variegata tipologia di consulenti tecnici che aiutino a progettare, a realizzare, rendicontare". Supplisca il deficit dei Comuni e in genere delle istituzioni meridionali.

L'intera vicenda richiama un tema che - neanche a farlo apposta - è stato giorni fa al centro di una interessante giornata oristanese, quando Paolo Savona e Giovanni Farese hanno presentato e discusso un interessante loro libro appena uscito, "Il banchiere del mondo", Rubbettino, dedicato alla figura del mitico Eugene Black, mitico presidente della Banca mondiale negli anni ruggenti della nostra ripresa del dopoguerra. Una felice sinergia tra questo prestigioso istituto e una classe dirigente meridionale allora al passo con la sfida dei tempi poté, in pochi anni, rimettere allora in moto l'economia bloccata dalla guerra. Ruffo, oltre a questa esperienza (certamente da studiare e riprendere, seppure in forme adeguate ai tempi), cita anche il Manifesto per la rinascita del Mezzogiorno, firmato a Ischia e con al centro la triade "Economia, Etica, Estetica" (le 3E, lo hanno battezzato, e tra gli autori c'è ancora Savona, un altro economista, Dominick Salvatore, il sociologo Domenico De Masi, il presidente del Cnr Luigi Nicolais).

Insomma, qualcosa si muove nella cultura meridionale. Ma bisogna insistere. Quel che manca, ancora, è un progetto (culturale e politico) di radicale rinnovamento delle classi dirigenti, in primo luogo di quelle impegnate in politica: troppa selezione alla rovescia, troppi inquinamenti di tipo mafioso-clientelare, troppa inadeguatezza di curricula. Ci vorrebbe un'idea forte dalla quale ripartire. Il Centro Guido Dorso di Avellino, che dopo essere stato presieduto a lungo dal grande Antonio Maccanico è ora affidato all'iniziativa intelligente di Sabino Cassese, sta mettendo in atto una vasta ricerca storico-biografica sulle élites meridionali: bella occasione per fare i conti con una storia che è stata tutt'altro che marginale. Da questo retroterra si può ripartire, un po' secondo le vecchie indicazioni di Dorso: creare nel Sud centri di formazione e selezione di classe dirigente nuova, attivando tutto ciò di virtuoso che ancora esiste, sfuggendo alla visione apocalittica che considera un'intera parte d'Italia definitivamente irrecuperabile.

E' un discorso serio, serissimo. Che riguarda anche noi in Sardegna. Ci aspettiamo molto da un intellettuale-presidente come Francesco Pigliaru. Moltissimo da quanti (e siamo tanti) possono agire nelle seconde file, per nutrire la politica sarda di nuovi valori, recuperando quello slancio progettuale che animò gli anni della Rinascita e che oggi sembra purtroppo smarrito. Un grande disegno per una nuova classe dirigente: non sarebbe poco.

 

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