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    03/07/2024

Il realismo delle grandi intese per governare il Paese, Cassese e Bianco ricordano Maccanico

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Da sx: Giannola, Cassese, Capone e BiancoAVELLINO – Si è conclusa la giornata che il Centro di ricerca Guido Dorso ha dedicato a due grandi avellinesi, Carlo Muscetta e Antonio Maccanico. Come si può leggere in altro articolo questa mattina, nella sala conferenze della Camera di Commercio, in Piazza Duomo, il professor Alberto Asor Rosa, uno dei maggiori studiosi della nostra letteratura, professore emerito alla Sapienza di Roma, autore di numerosi saggi storici e politici, curatore, tra l’altro, della Letteratura italiana Einaudi, nonché autore di libri di narrativa, ha ricordato Carlo Muscetta con una lezione su  “Carlo Muscetta critico e storico della letteratura”. Il 2014 è stato l’anno del decimo anniversario della scomparsa di Carlo Muscetta, la cui biblioteca è stata donata al Centro Dorso e ora aperta alla pubblica consultazione. Ai numerosi studenti liceali convenuti, Asor Rosa ha invitato a rinnovare la memoria del suo maestro , “troppo poco ricordato in un Paese caratterizzato ormai da un’assenza di memoria che, per vari motivi, ha cancellato buona parte del nostro passato”.

Nel pomeriggio, alle ore 16.30, alla presenza della moglie e del figlio, è stata  ricordata la figura di Antonio Maccanico, tra l’altro, presidente del Centro Dorso per ventiquattro anni, attraverso la lettura dei suoi “Diari”, da poco pubblicati da Il Mulino (Con Pertini al Quirinale. Diari 1978-1985, a cura di P. Soddu,  prefazione di E. Scalfari, il Mulino, Bologna 2014).

I relatori, Gerardo Bianco, presidente dell’Animi (Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno), il prof. Sabino Cassese, professore emerito della Scuola Normale Superiore di Pisa, giudice emerito della Corte costituzionale, nonché presidente (dal luglio 2013) del Centro Dorso, il prof. Adriano Giannola, presidente della Svimez, hanno ricostruito l’intensa attività di Maccanico, segretario generale del Quirinale con Pertini, più volte ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Ciampi, presidente di Mediobanca.

L’on. Bianco, oltre ad una serie di aneddoti utili a spiegare il carattere e la sensibilità di Maccanico,  ha parlato della sua grande capacità di mediazione costruttiva, tesa all’equilibrio delle forze politiche che reggono il sistema, secondo una scelta rigorosamente fedele e rispettosa delle istituzioni. Per Cassese la biografia di Maccanico è prodigiosa e quasi paragonabile alla parabola giolittiana, la cifra della sua azione è nell’aver coltivato “ragionevoli utopie” (per dirla con  Paolo Rossi), senza cedere, da italiano per certi versi atipico, alla continua sospensione tra utopia e disillusione: il lietmotiv della sua vicenda culturale è l’idea che ci sono momenti storici in cui è necessario che le forze politiche smettano di farsi la lotta e si accordino per governare. Una cosa certamente difficile, ha sottolineato il professore Cassese, ma praticata con successo in Germania, dove le larghe intese della “Grosse Koalitionen” hanno garantito una formula politica sinora vincente.

Questa sottile forma di realismo trova le sue radici anche nelle influenze dell’esperienza azionista, in più occasioni di dibattito Maccanico si riferiva, ritenendosene, con umiltà, un fedele continuatore, nella ripresa dell’idea animatrice della realizzazione di un progetto di equità, accompagnato dal senso profondo della giustizia sociale e dall’ispirazione alla democrazia e alla libertà. D’altra parte, Maccanico riteneva fondamentale il contributo che gli azionisti avevano dato alle politiche europeiste attuali, attraverso la proposta, in uno dei sette punti elaborati dal Partito nel suo atto costitutivo, avvenuto il 4 giugno 1942, di una federazione europea dei liberi Stati democratici.  In tal senso, alla ripresa di questo  tema, l’intellettuale, a cui secondo Giannola ben si attaglia la definizione di “ape operosa”, già usata per il giovane  Filangieri, offrì un contributo notevole e fuori dagli schemi: artefice della riforma del titolo V della Costituzione, intuì profeticamente i rischi di affidare all’Europa il problema del Sud, manifestando una visione antiterritoriale e contraria ad un meridionalismo di facciata, obsoleto.

Per Maccanico il ruolo dello Stato era quello di essere principalmente un programmatore e non solo un regolatore e, nel solco di una matrice risorgimentale, egli riteneva che all’unità politica dovesse necessariamente seguire l’unità economica: fu un meridionalista saraceniano, sottolinea Giannola, poiché “interpretò l’Italia nei termini di un destino che già allora dimostrava palesemente dei ritardi. Il filo conduttore del suo meridionalismo fu quello di aver inteso il ruolo di uno Stato che fosse protagonista e non arbitro della partita economica del suo Paese”.

 

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