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    03/07/2024

Versi di De Sanctis a Mancini dopo la sconfitta di Ariano

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Cultura2_desanctis-mancini.jpgNel 1990 lo scrivente consegnò al compianto Vittorio Caruso alcune lettere di Francesco De Sanctis a Pasquale Stanislao Mancini che furono pubblicate a cura dello stesso Caruso sul numero di Vicum Mar-Giu-Set. 1990 (vedi in particolare la nota n. 3). Sennonché, tra queste, la lettera del 17 novembre del 1882 aveva per allegato un bigliettino (MCRR,  B.988 (80), scritto dallo stesso De Sanctis, che non fu pubblicato. E non si capisce se sfuggì a Caruso ovvero non fu consegnato insieme alle lettere. Si tratta di un biglietto autografo sul quale il celebre critico di Morra aveva trascritto alcuni brevi versi anonimi per l’amico Mancini.

Ricostruire il contesto a cui i versi erano riferiti può aiutare a meglio comprenderne il tenore ed il senso.

Il motivo della corrispondenza e dell’annesso biglietto fu rappresentato dalle elezioni del Parlamento nel 1882. La lettera, infatti, fu scritta il 17 novembre di quell’anno,  all’indomani delle elezioni celebrate il precedente 29 di ottobre. In quelle elezioni, se Mancini era risultato eletto sia nel collegio di Avellino città, sia,  a gran  fatica, nel collegio storico di Ariano Irpino dove era risultato ultimo degli eletti, De Sanctis aveva subito una pesante sconfitta. Infatti, candidato anch’egli nel collegio di Ariano, essendo stato soppresso con la riforma elettorale del 1882 il “nativo” collegio di Lacedonia (smembrato nei collegi di Avellino e Ariano), era risultato primo dei non eletti.

Per ovviare all’imbarazzo e al clamore creato dalla debacle elettorale dell’importante uomo politico, nonché amico, si era pensato di proporre la nomina di De Sanctis a senatore del Regno, ovvero di riproporre una sua ricandidatura nel collegio di Ariano, potendo Mancini ancora optare per quello di Avellino. È quanto fa ipotizzare la lettera del 17 novembre, pubblicata su Vicum del marzo 1990, che si apre con le seguenti parole: “Appena avuto la tua ho mandato al nostro amico Depretis il seguente telegramma: “Prego togliere il mio nome dalla lista senatori. Ringrazio ma non accetto”. Mi  meraviglio come il prefetto di Avellino abbia fatto una simile proposta senza consultarmi…”.

E ancora, a proposito della candidatura nel collegio di Ariano: “Non so come abbi potuto credere che rimanendo vuoto il collegio di Ariano, io mi sarei presentato di nuovo. Non è mio costume presentarmi a collegi che non hanno fatto questa prova. Dichiarai al prefetto che io intendeva di non aver niente più in comune con la provincia di Avellino, e che intendeva anche dimettermi dall’ufficio di consigliere provinciale, per non incontrarmi con certi colleghi svergognati, ai quali dovrei sputare sul viso”. Parole forti che denotano una delusione profonda ed una forte amarezza.

È da evidenziare, tra l’altro, che la lettera era stata redatta, come riferito nella stessa, dalla nipote  del De Sanctis sotto dettatura. E dunque appare verosimile che fosse accluso un bigliettino autografo per “asseverare” in qualche modo le espressioni forti contenute nella stessa lettera.

Oltre che sintetizzare uno stato d’animo del politico, i versi ne riassumono anche la personale interpretazione della sconfitta,  una sorta di riflessione esistenziale incentrata sul carattere fugace degli eventi e, dunque, della vita.

Insomma, lungi dall’andare oltre, il bigliettino rappresenta una simpatica curiosità, la cui pubblicazione, oltre che un piccola testimonianza, appare anche un omaggio ad una qualità ed uno spessore di uomini pubblici andato perduto. Residua tuttavia un interrogativo meritevole di approfondimento. A chi appartengono i versi anonimi del bigliettino di seguito trascritti?

Il passato non è ma se lo pinge

La calda rimembranza

Il futuro non è ma se lo finge

La credula speranza

Il presente sol è ma in un baleno

Passa pel nulla in seno:

Onde la vita è appunto

Una memoria, una speranza, un punto.

 

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