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    03/07/2024

Orsara/Corruzione e abuso d’ufficio tra lotte politiche e crisi agraria

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Orsara, uno scorcio del centro storicoNel 1900 il prefetto di Avellino, Riccardo Frola, aprì un’inchiesta sull’andamento amministrativo del Comune di Orsara dauno-irpina per focalizzare l’interesse “sul malessere generale della popolazione, sullo stato anormale di cose che travagliavano il paese, sulle lotte di partiti, sul rilassamento di pubblici servizi, non guidati da unicità d’indirizzo, ma lasciati alla mercé dei risentimenti, degli odi, delle rappresaglie altrui”. Furono analizzati i conti dell’amministrazione Maffia, che doveva mirare al riordinamento della finanza comunale, alla sistemazione degli uffici, alla pacificazione degli animi. Alla lettura degli atti il prefetto dà una risposta negativa sull’andamento amministrativo.

Prima cura della nuova amministrazione fu quella di sbarazzarsi degli impiegati e salariati. Fu licenziato il segretario comunale e l’impiegato di segreteria. Non ebbero sorte migliore le guardie campestri, la levatrice, il custode della villetta e la bidella della scuola. Neppure i maestri elementari furono risparmiati: quattro furono licenziati. Il Consiglio comunale approvò un progetto per la ricostruzione della fontana pubblica denominata dell’Angelo per una spesa fissata a L. 14165,29 e i lavori furono affidati alla ditta Russi di Mariglianella. Alla fine dei lavori i lavori ammontarono a L. 65079,54. Fu ricostruito un tratto della via Madonna della Neve senza un regolare progetto e la spesa lievitò da L. 500 a 3648,70. Furono effettuati lavori in via Donna Cecilia per L. 491.51 senza alcun preventivo, così come per i marciapiedi del Corso della Vittoria per L. 473.67, per il selciato della fontana dell’Angelo per L. 498,40 e molti altri lavori, tutti affidati a trattativa privata sempre a Giuseppe Saurino.

Nell’inchiesta vengono menzionate altre spese elevate per la costruzione dell’orologio pubblico sulla torre della chiesa parrocchiale, per la banda musicale, per l’appalto della pubblica amministrazione. Molti suoli comunali edificabili vennero regalati ad assessori senza alcun compenso.

Agli inizi del XX secolo due fenomeni condizionavano pesantemente la vita amministrativa del Comuni irpini: le lotte intestine di fazioni per il predominio e l’esplosione della crisi agraria. Sulla scena politico-amministrativa irrompevano i rappresentanti delle professioni liberali e di ceti che per la prima volta aspiravano a conquistare rappresentanza politica. Nel Mezzogiorno la politica giolittiana condizionava fortemente la vita dei Consigli comunali subordinandola alla fedeltà del deputato di turno che rispondeva, a sua volta, al potere centrale.

Tra il 1901 e il 1906 il Consiglio comunale di Orsara dauno-irpina venne sciolto tre volte: artefice di tale politica fu il barone Ottavio Anzani. Nell’autunno 1902 il Consiglio comunale fu sciolto e venne commissariato a causa delle lotte per le terre demaniali. Pretestuosa la relazione del ministro dell’Interno Giolitti al re sullo scioglimento del Consiglio.

In seguito all’episodio del 9 settembre riguardante l’occupazione di quattrocento cittadini dei fondi da quotizzare a Torre Guevara, si legge nella relazione: “I fatti svoltesi ad Orsara e le successive indagini, mentre depongono della pervicacia degli agitatori che non desistevano neppure di fronte al pericolo di provocare una catastrofe, dimostrano la grave responsabilità assunta dal municipio e soprattutto del sindaco. Questi, un assessore ed otto consiglieri sono stati deferiti al potere giudiziario per il reato previsto dall’articolo 246 del codice penale. Si impone lo scioglimento della rappresentanza comunale come unico mezzo atto a completare la pacificazione degli animi e ricondurre quel municipio alla funzione normale”.

Fu nominato commissario il cav. Salvatore Pasanisi di Napoli il cinque ottobre 1902. Le nuove elezioni dettero la vittoria a una lista facente capo al deputato filogovernativo Anzani. Si aprì un periodo buio per la comunità con un uso privatistico del bilancio comunale, una finanza allegra che dilapidava il patrimonio comunale, usurpazione di suoli pubblici, abusi di potere, piante organiche dilatate, spese giudiziarie per favorire il locale ceto forense. Con la delibera del 7 agosto 1903 veniva esposta al Consiglio la necessità assoluta per il Comune di stipendiare un avvocato per lo studio, rappresentanza e difesa dei giudizi interessanti l’ente comunale, essendo la media annuale delle liti molto elevata.

Il 5 dicembre 1903 fu eletto sindaco Donato Ferrara. Con regio decreto dell’8 maggio 1904 il Consiglio comunale fu sciolto e nominato regio commissario l’avvocato Carlo Core, in seguito alla relazione del ministro degli Interni a Sua Maestà.

Degno di nota è il seguente brano della cennata relazione: “La maggioranza, composta di elementi del tutto inesperti di pubblica amministrazione, delibera provvedimenti ingiusti ed inspirati ad ostilità verso gli avversari mantenendo accesa la discordia in quel piccolo Comune…È  risultato che, per sopraffare la minoranza, non si vollero invitare due consiglieri ad intervenire all’adunanza, nonostante che la Corte d’Appello li avesse proclamati eletti e che la sentenza fosse stata notificata al Comune cinque giorni prima dell’indetta seduta… Successivamente, per indurre gli oppositori a non intervenire, si fissavano le riunioni del Consiglio, contrariamente alle abitudini locali, ad ora tarda della notte”.

Il sindaco Donato Ferrara e nove consiglieri comunali furono imputati di falso in atto pubblico, commesso da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, abuso di autorità in Orsara la sera del 27 aprile 1904. La seduta del Consiglio comunale incriminata doveva deliberare l’estrazione a sorte del terzo dei consiglieri da rinnovarsi. Furono sorteggiati i sei consiglieri comunali della minoranza e Donato Pagano (unico consigliere di maggioranza ma in dissenso con essa).

La riunione era stata indetta per le ore 19,15 e già dalle 18,45 i consiglieri di minoranza trovarono chiuso l’ingresso del municipio e si rassegnarono a passeggiare sulla strada e in piazza.

In piazza erano presenti il segretario comunale Di Toro e il vice segretario Pettinario, gli impiegati Saurino, Languzzi e Gaeta, la guardia municipale Ferrara e l’inserviente D’Angelica. Alle 19,30 la porta del municipio si aprì e i consiglieri trovarono il Consiglio riunito, che aveva già deliberato al riguardo. Ci si era voluto disfare dell’opposizione. I consiglieri “sorteggiati” denunciarono all’autorità il fatto e la Corte di Appello di Napoli-Sezione di accusa presso l’Alta Corte, con sentenza del 6 febbraio 1905, riteneva impossibile in dieci minuti dalle 19,20 alle 19,30 che si potessero completare le operazioni di sorteggio e quindi appariva evidente opera di un doloso artifizio e non della sorte l’estrazione dall’urna di tutti i consiglieri della minoranza e rinviava a giudizio dinanzi alla Corte di assise di Avellino gli imputati, difesi dall’avvocato Giuseppe Abbamonte del foro di Napoli, ordinandone la cattura e la restrizione nelle carceri giudiziarie di Avellino.

 

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