AVELLINO – Quando nel 1970 inserimmo il profilo di Guido Pisano nel nostro volume Artisti irpini, il pittore nativo di Montefredane operava prevalentemente ad Atripalda, in margine rispetto allo stuolo di artisti irpini attivi nel capoluogo irpino, ma s'era già fatto conoscere ed apprezzare per la riservatezza della sua attività condotta in silenzio, senza clamori, nonché per la discrezionalità del suo temperamento essenzialmente schivo e modesto.
Noi lo conoscemmo in un momento particolare della stagione post sessantottina quando l'anticonformismo sembrava volesse prevalere con i suoi sperimentalismi di moda ma trovava difficoltà d'affermazione; quando l'astrattismo di Giovanni Sica, dei Leone (Giuseppe e Sinibaldi) e di Sabino Luongo e Generoso La Sala (anche lui atripaldese), tanto per citare qualche esempio paradigmatico di modernismo in Irpinia in quegli anni difficili, riecheggiava nella realtà locale di provincia; quando altri, come Italo Scelza, Tullio De Franco, Ettore de Conciliis prendevano altri lidi, per affermarsi fuori dai confini angusti della provincia.
In questo contesto Guido Pisano – alla cui memoria, in occasione del decennale della scomparsa, è stata inaugurata ieri una retrospettiva delle opere al circolo della stampa di Corso Vittorio Emanuele – esprimeva la volontà di uno splendido isolamento morale, che era insieme evasione da quel tempo di sperimentalismo e di quarantena ed affermazione di una libertà interiore quale unica condizione di esistenza artistica civile. Come lui, compagni di viaggio in quegli anni erano Nicola Leone, Gerardo Nobilione, Mario Pascale, Alfonso Grassi, Guido Palumbo, Faustino De Fabrizio, Carmine Tarantino, patriarchi indiscussi della tradizione figurativa. E ciò mentre i giovani emergenti come i fratelli Ficuciello (mai più ricordati ed infatti oggi sono ingiustamente dimenticati), i fratelli Nicola e Pio Barzaghi, ed altri, indugiavano compiaciuti nel persistente figurativismo formale delle immagini rappresentate, per lo più colte dal vero, senza ulteriori rimandi analogici.
Guido Pisano racchiudeva il seme di un'interna esigenza interiore di espressione del sentimento. E faceva sentire la sua voce di pittore che amava il silenzio, la pausa, la risonanza interiore. La lunga posa degli oggetti dinanzi alla visione del pittore fermo ad osservare la realtà per ritrarla nelle sue infinite vibrazioni emotive, di luci, penombre ed ombre, consentiva l'indugio del disegno nella resa di ogni minimo particolare.
La coerenza di Guido Pisano non è solo di ordine estetico o formalistico, ma risponde a premesse anche morali. È la coerenza con se stesso, con la propria interiorità, al di là di ogni netta e schematica distinzione di linguaggio figurativo e astratto. La nota contraddistintiva della personalità di questo pittore s'impone con originale chiarezza nella serie di dipinti che sanno farci sentire la sua voce più segreta. A volte sono anche i disegni o gli oli eseguiti in toni minori, che, proprio perché tali, rivelano una semplicità di sentire e d'espressione che qualificano la personalità dell'autore.
Sono soprattutto il colore ed il disegno la soluzione concreta della luce, rivelando particolari finezze di vibrazioni atmosferiche. In dipinti come il Mercato ad Atripalda, nel suo stato di abbozzo e di pennellate vibranti di luci, forse non si può parlare di "tono" vero e proprio. Ma nell'immediatezza della grossa pennellata grassa pregna di colore c'è l'immediatezza della sincerità espressiva, emotiva. Nella rigorosità di riga e squadra per la costruzione delle case sullo sfondo c'è il segreto stupore non per una particolare visione, ma per un senso totale, panico di partecipazione emotiva, entusiastica e forse un po’ chiassosa, all'ambiente fisico ed umano descritto. In altre opere, invece, come in certi paesaggi irpini e nelle nature morte, nei passaggi lievemente sfumati, c'è una risonanza del colore che ci fa sentire i silenzi, l'immediatezza lirica, ciò che sta al di là dell'apparenza occasionale. Per questa ragione si può parlare, a proposito delle opere di Guido Pisano, di "stati d'animo" tanta è la singolarità monodica che risponde alle esigenze più segrete dell'animo del pittore.
Guido Pisano è pittore severo, di scuola, segretamente e - starei per dire - timidamente lirico nella coerenza del suo linguaggio: s'impone con voce nitida, rispondente alla sua limpida semplicità di uomo e di artista.
Il ricordo che si conserva e si conserverà sempre di Guido Pisano è quello di un artista che, direi malauguratamente per noi, mantengono tale riserbo di sé e del proprio lavoro che diviene quanto mai difficile raggiungerlo ed ancor più vincere la ritrosia che intimidisce chiunque volesse penetrare nello studio dell'artista. Ciò, occorre precisarlo, non per orgoglio, ma per eccesso di pudore nello scoprire il segreto dei propri segni; infatti, ricordiamo che, appena varcavamo la soglia del suo studio, un sottotetto, qualsiasi diffidenza subito scompariva ed il colloquio aveva luogo con facilissima intesa.
Forse, però, proprio quell'innato pudore, quell'istintiva modestia è costato a Guido Pisano il lungo oblio in cui è stato sinora relegato, dopo la morte, nella sua provincia d'origine, l'Irpinia, che oggi si accinge a ricordarlo. Ma non lamentiamoci: il fascino delle sue opere nasce proprio dalla sua sincerità, della sua spontaneità, della sua felicità creativa. Egli è passato attraverso le scorie più pericolose, anche avanguardistiche, che lo pervadevano intorno come per una prova del fuoco, e ne è uscito indenne perché invulnerabile nella sua semplicità ed onestà intellettuale, morale, umana.