AVELLINO – Sarà inaugurata lunedì 3 dicembre, alle ore 17.00, al Cinema Eliseo di Avellino la mostra Leone Factory. Da Roberto Roberti a Sergio Leone, ideata e realizzata da Orio Caldiron e Paolo Speranza nell’ambito dell’edizione 2018 del “Laceno d’Oro”.
È una delle tre iniziative del festival cinematografico diretto da Antonio Spagnuolo per ricordare due importanti registi di origine irpina e di valore internazionale alla vigilia dei rispettivi anniversari della nascita e della scomparsa: Sergio Leone (1929-1989) e suo padre Vincenzo Leone (1879-1959), nato e sepolto a Torella dei Lombardi, che fu uno dei maggiori “direttori artistici” (come allora venivano definiti i registi) dell’epoca del cinema muto.
Le altre due iniziative si svolgeranno giovedì 6 dicembre alle ore 21.00 nella sala 1 del Cinema “Partenio” di Avellino: la visione del film La serpe (1920), diretto da Roberti con protagonista Francesca Bertini, la più grande diva del cinema muto italiano, in una rara copia gentilmente concessa per il festival dal Centro sperimentale di cinematografia, con la sonorizzazione in diretta di Anacleto Vitolo; e la proiezione di un raro frammento di Il folle di Marechiaro (1951), l’ultimo film di Roberti.
La scelta da parte del “Laceno d’Oro” e di “Cinemasud” di programmare le mostre del festival nel Cinema Eliseo, nonostante l’indisponibilità della sala cinematografica e le difficoltà logistiche, vuol essere – si legge in un comunicato – un segnale di attenzione e di impegno da condividere con la città e con l’Irpinia per sollecitare una riapertura in tempi rapidi, e con prospettive concrete, per la futura Casa del cinema, già “storica” sede del “Laceno d’Oro” di Camillo Marino e Giacomo d’Onofrio.
La mostra su Sergio e Vincenzo Leone, prima in Italia nel duplice anniversario (e seconda in ordine di tempo solo al grande evento in corso a Parigi su iniziativa della Cinematheque Francaise), sarà seguita dall’omonima pubblicazione Leone Factory, a cura di Orio Caldiron e Paolo Speranza.
NOTA SUGLI AUTORI DELLA MOSTRA
Orio Caldiron è uno dei più illustri storici di cinema europei. È stato presidente del Centro sperimentale di cinematografia e titolare della cattedra di Storia e critica del cinema all’Università “La Sapienza” di Roma. Con Matilde Hockhofler curerà per “Cinemasud” e “Laceno d’Oro” la mostra con catalogo Il lungo viaggio del cinema italiano. “Cinema” 1936-1956, con progetto grafico di Rosy Ampollino.
Paolo Speranza, insegnante, è storico del cinema e dell’età contemporanea e direttore delle riviste “Cinemasud” e “Quaderni di Cinemasud” e delle omonime collane editoriali. Collabora a riviste nazionali ed europee.
LEONE FACTORY. Da Roberto Roberti a Sergio Leone
La mostra - scandita dalle immagini-mito di Torella dei Lombardi, Viale Glorioso, Almeria, Monument Valley, New York, Leningrado - si propone di ricomporre il percorso familiare che va da Vincenzo Leone a Sergio Leone, recuperando insieme la vicenda del grande artigianato cinematografico italiano dal muto al secondo dopoguerra, dal neorealismo alla Hollywood sul Tevere.
Vincenzo Leone, in arte Roberto Roberti, è nato a Torella dei Lombardi nel 1879, in provincia di Avellino. Amico di Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao, Roberto Bracco, Salvatore Di Giacomo, dal teatro passa al cinema all’inizio degli anni dieci come attore e soprattutto regista per la Films Aquila di Torino e poi per la Caesar Film di Roma. Dopo un gran numero di melodrammi di impianto esplicitamente popolare – tra i quali c’è anche La vampira indiana, un protowestern all’italiana con Bice Waleran, nome d’arte della moglie Edwige Valcarenghi – diventa il regista di Francesca Bertini, con la quale dal 1919 al 1925 gira una decina di film, tra cui La contessa Sara, La sfinge, Marion artista di Caffè-Concerto, La donna nuda.
La crisi del cinema italiano e i suoi cattivi rapporti con il regime fascista lo tengono a lungo lontano dal set, a cui ritorna solo alla fine degli anni trenta con un paio di titoli. Il suo ultimo film è Il folle di Marechiaro (1951), in cui appare come attore Sergio, il figlio di Vincenzo e di Edwige nato a Roma il 3 gennaio 1929.
Sergio Leone – come assistente o aiuto alla regia, regista della seconda unità, sceneggiatore, attore - partecipa a una trentina di film frequentando dall’interno il set del cinema italiano degli anni cinquanta da Ladri di biciclette (1948) a Sodoma e Gomorra (1961). Lavorando tra l’altro con Alessandro Blasetti, Carmine Gallone, Mario Camerini, Mario Bonnard, Guido Brignone, Mario Soldati, Steno, Luigi Comencini, Aldo Fabrizi, Primo Zeglio, Mervyn LeRoy, Robert Wise, Fred Zinnemann, William Wyler, Robert Aldrich.
Il mito della frontiera, alimentato dalla passione cinefila di uno spettatore d’eccezione, rinasce tra rêverie nostalgica e rivisitazione ironica nei suoi film, da Per un pugno di dollari (1964), che dedica alla memoria del padre firmandolo Bob Robertson, a C’era una volta il West (1968), la fine dell’epopea girata nella Monument Valley cara a John Ford.
Straordinario narratore per immagini dalla complessa strategia espressiva, esaltata dalle strepitose colonne sonore di Ennio Morricone, si conferma come uno dei grandi maestri del cinema postmoderno con C’era una volta in America (1984), il suo capolavoro. Quando se ne va a sessant’anni il 30 aprile 1989, ha appena concluso gli accordi per la realizzazione del film sull’assedio di Leningrado, l’ultimo sogno.
IL FOLLE DI MARECHIARO (dal catalogo del “Laceno d’Oro”)
La visione del raro frammento di Il folle di Marechiaro, l’ultimo film di Roberto Roberti, è indubbiamente uno dei momenti più particolari e qualificanti di questa edizione del Festival, in linea con le proposte di cultura e storia del cinema che dal primo anno ne caratterizzano il programma.
Un film travagliato e senza fortuna, quasi introvabile, reso leggendario tra gli appassionati e gli studiosi di cinema dal mistero che ancora ne avvolge la genesi e la storia. Iniziato dal regista nel 1942, con il titolo originario I fuochi di San Martino, fu interrotto e ripreso più volte, fino all’uscita in sala (solo per qualche settimana, a Napoli e dintorni) come Il folle di Marechiaro. L’insuccesso del film, e le vicissitudini della fase produttiva, spinsero Roberti verso il definitivo addio al mondo del cinema.
Ritrovato dallo storico del cinema Paolo Speranza in formato 8 mm-, questo frammento (senza sonoro) di 12 minuti ci mostra alcune scene particolarmente drammatiche, con il protagonista Aldo Silvani, insieme a momenti idilliaci che evocano certe atmosfere di Napoli che canta (1926), e una breve apparizione del giovane Sergio Leone, figlio del regista, nel ruolo di un marinaio.