SANT’ANGELO DEI LOMBARDI – All’abbazia del Goleto, Sant'Angelo dei Lombardi, sono presenti, durante il periodo natalizio, i quattro Guardiani della terra del maestro Giovanni Spiniello, scultore, pittore, incisore irpino. Quattro imponenti sedie in cemento armato patinato verderame, sormontate da serafici profili totemici hirpini, ad indicare la direzione dei quattro venti, delle quattro direzioni, a proteggere #Laterraèstanca dall’indifferenza dell’uomo, ad accogliere il visitatore. Accanto è la piccola Sedia dell’accoglienza sulla quale chiunque può sedersi e sostare, in silenzio, prima di trovare pace nell’antica abbazia di Sant’Angelo dei Lombardi dove i piccoli fratelli di Jesus Caritas si ispirano al messaggio spirituale del beato Charles de Charles de Foucauld, l’eremita del Sahara.
L’installazione – si legge in una nota – segue e completa il percorso de "La terra è stanca", esposizione inaugurata quest’estate durante il Goleto Festival promosso dal "Rotary Club Sant'Angelo dei Lombardi Hirpinia Goleto". La terra è stanca, a Milano allo Spazio Scoglio di Quarto in primavera, a Matera alla biblioteca provinciale di Matera in estate e, presto, in altre prestigiose sedi, è il messaggio nel quale il maestro Spiniello (www.giovannispiniello.it) condensa le sue esperienze grafiche, pittoriche e plastiche di ricerca e sperimentazione intorno al concetto della perdita del contatto dell’uomo con sé stesso e la natura e sul peso delle sue tracce. A partire dagli anni ’60 con la fossilizzazione oggettuale, tecnica segnalata poi da Enrico Crispolti su Bolaffi negli anni ’70, sino alla Semina del colore e alle esperienze di arte ambientale e sociale de L’Albero vagabondo (www.alberovagabondo.it), Giovanni Spiniello - Biennale di Venezia 1968, Quadriennale di Roma 1975, Seduzione dell’Artigianato a Roma 1990 - individua nella perdita dell’amore verso l’uomo e la terra la radice di questi tempi di aridità spirituale, sociale e ambientale.
“La mia arte - afferma l’artista nella sua dichiarazione di lavoro - è rivolta, fin dagli anni ’60, agli ultimi: dal lavoro di strada nei quartieri di Napoli, alle testimonianze nei miei paesi dell’entroterra appenninico irpino; dalla catalogazione nelle mie opere delle tracce fossili della biodiversità perduta, alla conservazione delle impronte progressive dell’inquinamento e degrado attraverso gli scarti, i rifiuti sovraimpressi nelle materie della fossilizzazione oggettuale. Dal gesto del contadino, nella mia Semina del colore all’installazione di arte ambientale e sociale L’Albero Vagabondo che indica le discariche in montagna grazie alle favole e ai disegni dei bambini. Impariamo a a camminare a piedi scalzi – conclude il maestro - non lasciamo altre impronte, calpestando la nostra madre, con arroganza: #Laterraèstanca”.