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    03/07/2024

Quale Irpinia dopo la fine di Fabbrica Italia?

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L'Fma di Pratola SerraAVELLINO – Ospitiamo un intervento di Generoso Bruno, del circolo Foa del Pd irpino, sul ritiro da parte di Marchionne del progetto di Fabbrica Italia che tante critiche e reazioni ha originato in questi giorni ai vari livelli, dalla leader della Cgil Susanna Camusso all’imprenditore Diego Della Valle fino a Cesare Romiti, ex presidente e amministratore delegato di Fiat.

Che cos’è Fabbrica Italia? Un grosso piano industriale da realizzare nel quinquennio 2010-2014 con un investimento di 30 miliardi in cinque anni, di cui venti solo negli impianti italiani, con un aumento della produzione di auto Fiat dalle 650mila unità del 2009 a un milione e 650mila nel 2014. Ora questo programma viene smantellato e, naturalmente, come sottolinea Bruno, le varie aziende collegate a Fiat dislocate sul territorio irpino sono strette in questa morsa.

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Da due giorni Sergio Marchionne ha annunciato il ritiro del programma “Fabbrica Italia”.  I segnali dei mesi passati, però, agli occhi degli osservatori c’erano già tutti: calo delle vendite, costi della crisi scaricati sulle aziende di servizio come per l’As.Tec  nello stabilimento di Pratola Sera, nessun impegno, oltre a quello della chiusura, confermato per la Irisbus e la speranza di ripresa per la Fma legata esclusivamente al nuovo motore con basamento in alluminio per la fine del 2013, si spera, per il mercato americano.

Tutto questo in uno scenario in cui proprio sulla promessa degli investimenti ipotizzati nel piano “Fabbrica Italia”, con i referendum di Pomigliano e Mirafiori è stata non solo fiaccata e compromessa l’unità sindacale ma, colpevolmente, invece, con il meccanismo delle “newco”, si è prodotto il tentativo di allontanare dalla fabbrica i metalmeccanici della Fiom-Cgil.

In queste ore, il governo, nelle dichiarazioni di alcuni suoi ministri – Fornero e Passera – provano a metterci una pezza. È evidente, però, che non basta. Serve, con la Fiat, un confronto vero relativamente al rapporto tra il gruppo del Lingotto ed il Paese e la possibilità della chiusura di un ulteriore stabilimento – il quarto, dopo la Irisbus di Valle Ufita, la Cnh di Imola e quello di Termini Imerese -  certamente non aiuta.

Siamo al punto in cui, in Italia, occorre chiarezza sull’intera partita legata all’intera organizzazione economica. Le oltre 150 vertenze dei tavoli aperti al Mise e quello che è avvenuto nei mesi scorsi per l’Ilva di Taranto e l’Alcoa in Sardegna ci raccontano dell’assenza di una politica industriale per il Paese. Pena l’erosione delle basi produttive nazionali ed il deserto per l’intero Mezzogiorno che, muovendo poco intorno alle filiere della media impresa, potrebbe veder cancellata la sostanza della sua struttura manifatturiera. L’Irpinia, con Irisbus ed Fma è stretta in questa morsa. Quale sarà, allora, l’Irpina del dopo “Fabbrica Italia”?

 

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