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    03/07/2024

Emigrazione: in aumento la mobilità degli irpini all’estero

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Economia_migrant.jpgAVELLINO – È stata presentata nei giorni scorsi la XIV edizione del “Rapporto Italiani nel mondo”, curata dalla fondazione Migrantes. Il dossier analizza la mobilità oltre confine degli italiani utilizzando i dati statistici dell’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero). Quest’anagrafe, istituita una trentina di anni fa, annota i cittadini italiani che stabiliscono la residenza all’estero per un periodo superiore ai dodici mesi. È  gestita dai Comuni sulla base delle informazioni fornite dalle rappresentanze consiliari. L’iscrizione all’Aire comporta la contemporanea cancellazione dall’anagrafe del Comune di provenienza. Quindi, l’Aire è uno strumento validissimo per “misurare” la consistenza  dell’emigrazione verso gli altri Paesi.

Fatta questa premessa, passiamo a esaminare qualche tavola statistica contenuta nel report. Alla data del 1° gennaio di quest’anno erano iscritti nell’Aire quasi 5,3 milioni di cittadini italiani. Se si considera che la popolazione dell’intero stivale è di 60 milioni di persone, ne consegue che su 100 residenti in Italia altri 8,8% sono sparpagliati per i diversi paesi del mondo. L’Irpinia, da sempre terra di emigrazione, supera di gran lunga la media nazionale.  Conta, infatti,  quasi 108 mila iscritti, a fronte di una popolazione residente di 421 mila abitanti.  Quindi, oltre confine c’è  un altro 25% di cittadini irpini, giusto un quarto dei residenti nell’intera provincia.

La percentuale segnata dall’Irpinia è tra le più alte d’Italia. Soltanto otto province toccano valori più alti. Questo non invidiabile primato spetta a Enna che registra il 47%. Di contro, la provincia  dove i flussi migratori oltre confine sono pressoché nulli è Lodi con un modesto 2%.  I cittadini italiani residenti oltre frontiera sono soltanto una parte dell’emigrazione complessiva. Per avere contezza dell’intero fenomeno bisogna prendere in considerazione anche le migrazioni interne che sono particolarmente corpose. Nella nostra provincia superano nettamente quelle verso l’estero. Basti considerare che, nell’ultimo anno, su 100 persone che hanno lasciato la provincia  solo 16 si sono trasferite oltre confine.

Per conteggiare la totalità dei trasferimenti di residenza ci avvaliamo dei dati dell’Istat. Utilizzando tale fonte, abbiamo ricavato che nel triennio 2016-2018 si sono cancellate dalle anagrafi dei Comuni irpini più di 30 mila persone: 25.560 per altri Comuni, 2.362  per l’estero  e 2.583 per “altri motivi” (in quest’ultima voce, annota l’Istat, sono conteggiate le rettifiche anagrafiche; quindi non si tratta di  trasferimenti effettivi). Nel contempo, da fuori provincia  sono venute  nei Comuni irpini 28.240 persone: 21.500 da altro Comune italiano, 5.643 dall’estero e 1.097 per rettifiche anagrafiche.

L’alto numero dei trasferimenti provenienti dall’estero non deve meravigliare. Solo per una piccola parte è costituito da “emigrati di ritorno”; la maggioranza, invece, è dovuta all’immigrazione: 4.600 persone, in prevalenza donne rumene e ucraine che lavorano come badanti. Facendo la differenza tra iscritti e cancellati, si ricava che il saldo è di segno negativo; infatti, il numero dei cancellati ha superato quello degli iscritti di 2.265 unità. Le quali, sommate al saldo (anch’esso negativo) tra nati e morti (contro 9.100 nascite nel triennio, si sono contati  quasi 14 mila decessi), determinano il  vistoso calo della popolazione irpina, precipitata a 421mila abitanti, il numero più basso dal dopoguerra ad oggi.

Dai dati Istat possiamo ricavare che delle 8 mila persone  che  hanno cambiato residenza nell’ultimo anno, 3.900 si sono spostate in altro Comune della stessa provincia, 1.700 sono andate in un altro Comune della stessa regione, e 2.450 in altre regioni. Le migrazioni extra-regionali si sono indirizzate per il 54% al nord Italia (regioni preferite, nell’ordine, Lombardia, Emilia Romagna e  Piemonte); per  il 32% al centro Italia  (per la maggior parte nel Lazio, segnatamente nella capitale) e per il restante 14% nel sud e nelle isole.

 

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