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    03/07/2024

Irpinia, in calo la rete distributiva

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Economia_movimprese.jpgAVELLINO – La presenza di strutture distributive in Irpinia è in flessione. La crisi del commercio, soprattutto quello praticato dai piccoli esercenti, è sotto gli occhi di tutti. Basta fare un giro per il centro per notare, anche nelle strade dello shopping, la miriade di locali sfitti. Senza dire, poi, di quanto siano frequenti i cambi di gestione; negozi chiusi a distanza di pochi  mesi dall’apertura nei quali subentrano altri aspiranti commercianti speranzosi in una attività più duratura.

Molte le cause all’origine dell’andamento negativo del commercio. Alcune  sono comuni all’intero Paese: stagnazione  dei consumi dovuta della perdurante crisi economica, elevata pressione fiscale, alta incidenza dei canoni di fitto, crescente concorrenza dell’e-commerce, ecc.; altre sono peculiari di alcune aree territoriali. Si pensi, da noi, allo spopolamento dei piccoli centri.  Ci sono Comuni  dove, in considerazione del bassissimo numero di “consumatori”, stanno chiudendo persino le rivendite di prodotti di prima necessità.

Elaborando alcune statistiche di Movimprese – la banca dati gestita da Unioncamere e Infocamere e costruita sulla base delle risultanze del registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio – abbiamo calcolato che dal 2010 ad oggi in provincia di Avellino hanno chiuso i battenti circa 7 mila imprese commerciali, a fronte delle 4.500 nate nello stesso periodo. Dunque, una perdita netta di quasi 2.500  negozi: per ogni 100 imprese cessate, ne  sono nate appena 64.

Questo parametro è di tre punti più basso della media nazionale. Dai dati dell’Osservatorio nazionale del commercio, struttura operante presso il Mise, si rileva che in Irpinia sono in attività –  tra grande distribuzione, commercio all’ingrosso, al dettaglio e in forma ambulante – 11.800 aziende. La Gdo conta 150 esercizi: la metà circa è rappresentata da supermercati, un 30% da minimarket, il 10% da grandi magazzini, l’8% dalle cosiddette grandi superfici specializzate. Quattro, in cifre assolute, gli ipermercati. Gli esercizi all’ingrosso sono 1.800: un quarto del totale vende alimentari e bevande, il 20% prodotti di consumo finale, un altro 17% materie prime agricole e animali, l’11% macchine e attrezzature, il resto altri prodotti.

I negozi al dettaglio sono circa 6.100: 3 su 4 sono specializzati. Gli esercizi non specializzati nell’ultimo decennio sono diminuiti del 12%; gli specializzati sono rimasti nel complesso pressoché invariati. Non mancano però tipologie di rivendite che hanno subìto un sensibile ridimensionamento: per esempio le edicole, le librerie e cartolerie diminuite di oltre il 15%. In espansione il comparto auto; le rivendite di autoveicoli, parti di ricambio e accessori e gli esercizi per la manutenzione e riparazione di autoveicoli e motocicli (ben 1.400 imprese) sono aumentati dell’11%. Cresciuti di circa il 5% i distributori di carburante.

In flessione il comparto del commercio itinerante: sono quasi 850 gli ambulanti, il 2% n meno rispetto a 10 anni fa. In netta crescita, al contrario, le vendite “fuori negozio”, vale a dire quelle effettuate a  mezzo di distributori automatici, per corrispondenza o via internet, tv, telefono o a domicilio: l’osservatorio del Mise ne contabilizza 370,  il 25% in più del 2010.

C’è un comparto connesso al commercio che è in forte espansione numerica: è quello della somministrazione di alimenti e bevande. Si contano tra bar, trattorie, pizzerie e ristoranti 2.200 esercizi, giusto il 15% in più di 10 anni fa.

 

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