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    03/07/2024

Il punto/Raccolta differenziata e recupero della frazione organica in Campania

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Attualita11_sorv_diagr.jpgNAPOLI – L’Agenzia ambientale della Campania, oltre alle essenziali attività tecniche di controllo e monitoraggio, come sezione regionale del catasto rifiuti, svolge analisi periodiche sull’andamento della gestione delle varie tipologie di rifiuti – argomento di perdurante centralità nelle politiche ambientali regionali – elaborando dati posti a disposizione dell’Ispra per il rapporto ambiente Snpa, presentato per l’anno 2019.

Dal bilancio di gestione della materia organica si evince da un lato un diffuso buon andamento quali-quantitativo delle raccolte differenziate comunali, ma dall’altro risultano le strutturali carenze impiantistiche ed infrastrutturali della Campania – nonostante i progressi attivati e/o incentivati dalla pianificazione regionale negli ultimi anni – anche a causa della strutturale inadeguatezza della organizzazione imprenditoriale nel settore.

Per la raccolta differenziata, dopo un costante incremento delle percentuali dal 2009 al 2016, nell’ultimo triennio si registra una situazione sostanzialmente stabile con un lieve incremento a livello regionale da 52,7% dal 2018 al 52,8% del 2019. Le città capoluogo e le province di Avellino, Benevento e Salerno risultano mediamente le più virtuose per le quote di raccolta differenziata (tra il 72 e il 60%), mentre si attestano sotto la media Caserta (50%) e soprattutto la città di Napoli (36,23%) di più complessa gestione.

In Campania la frazione organica costituisce circa il 35% del totale dei rifiuti urbani, tra la componente di “umido” e quella di “verde” e cioè la parte di materiale organico – come scarti di cucina, fogliame, sfalci di giardino – determinando la produzione annua di 925.000 tonnellate (stimata in coefficiente sulla base della composizione merceologica media). Si è registrata una elevata resa della intercettazione di tale materiale per effetto del differenziamento della frazione organica, con una percentuale del 71,6% del prodotto (circa 662.000 tonnellate annue), raccolta separatamente nell’ambito dei sistemi comunali ed avviata ad impianti di recupero soprattutto extra regionali. Infatti, a fronte del dato positivo relativo all’andamento della raccolta, conseguito in percentuale crescente anche grazie alla sensibilizzazione ambientale dell’utenza, emergono a valle del sistema campano le carenze strutturali degli impianti di destinazione e del mercato di riferimento.

La raccolta differenziata della frazione organica dovrebbe consentire, oltre al recupero di significative quantità di rifiuti, anche la produzione di risorse utilissime a beneficio del territorio, quali le energie rinnovabili, fortemente incentivate, sotto forma di elettricità, calore e/o biometano – soprattutto quest’ultimo di assoluto rilievo anche per la Campania – ed inoltre il compost potrebbe essere efficacemente utilizzato in agricoltura.

L’art. 182 del codice dell’ambiente (d.lgs. 152/2016) prevede, circa lo smaltimento dei rifiuti – che costituisce la fase residuale della gestione una volta verificata l’impossibilità di esperire il recupero – che, di norma, è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti. L’art. 182-bis dello stesso decreto codifica il principio di autosufficienza, stabilendo l’obiettivo di realizzare l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non differenziati e non pericolosi in ambito territoriale ottimale e comunque il criterio di prossimità del trattamento.

Il vincolante principio, di rilievo europeo e nazionale, di autosufficienza a livello di ambito territoriale e regionale per lo smaltimento dei rifiuti urbani non differenziati e di quelli non pericolosi, derivanti dal loro trattamento, non vale invece per la frazione organica tendenzialmente avviata a compostaggio, che segue diverse regole di gestione affidate prevalentemente alle spontanee dinamiche ed agli equilibri di mercato. Infatti per le filiere delle “differenziate”, funzionali al recupero della frazione organica, valgono primariamente le logiche del mercato – non interamente surrogabili dalla gestione pubblicistica – anche se è indubbio che vada incentivata e perseguita dalla mano  pubblica l’attuazione del principio di prossimità, con tutte le leve possibili come sta avvenendo oggi in Campania.

I diagrammi di flusso relativi alla produzione e gestione dei rifiuti urbani (di fonte Arpac) consentono di interpretare in modo semplificato le linee di fondo e l’evoluzione del bilancio relativo ai rifiuti organici raccolti dai Comuni campani in forma differenziata.  In merito alle insufficienze impiantistiche si rileva purtroppo che circa il 74% dei rifiuti organici raccolti dai Comuni attraverso la cd. “differenziata” è avviato a recupero extra moenia verso impianti localizzati in altre regioni. Tuttavia, mentre il Comune di Napoli ed altri trasferiscono direttamente fuori regione i rifiuti raccolti, la gran parte degli enti locali utilizza impianti intermedi di messa in riserva prima del successivo trasferimento verso impianti extra-regionali.

Sono complessivamente 66 gli impianti campani di prima destinazione della frazione organica, che nel 2018  hanno gestito circa 574.000 delle 662.000 tonnellate di rifiuti identificati con i Cer 200-218 e 200-201 raccolti dai Comuni. In realtà la gran parte dei flussi (il 98,7% nel 2018) transita nelle 20 principali delle 66 piattaforme complessive di prima destinazione dell’organico. Lo stesso diagramma evidenzia che 88.334 tonnellate vengono avviate direttamente fuori regione dal solo comune di Napoli con circa 69.000 tonnellate e da pochi  altri, principalmente verso l’impianto di Este ubicato nella provincia di Padova. Invece la gran parte restante, cioè l’86,7% dei rifiuti organici raccolti in Campania, viene avviata in impianti intermedi di gestione (piattaforme di messa in riserva) per essere poi in buona parte trasferiti fuori regione.

A valle di tali piattaforme vengono infatti avviate fuori Campania circa 402.000 tonnellate di frazione organica, in gran parte verso la provincia di Padova in Veneto (37%), quelle di Foggia (9%) e Bergamo (7,5%). Dei sei impianti di compostaggio e gestione anaerobica presenti in Campania (Salerno, Caivano, Giugliano, Villa Literno, Teora e Solofra) solo 3 risultavano attivi nel corso del 2018 ed hanno gestito complessivamente un discreto quantitativo di 131.715 tonnellate (di cui 101.592 provenienti dalle raccolte differenziate comunali).

Ciò segna un positivo incremento della gestione di tale tipologia (frazione organica) in ambito regionale rispetto agli anni precedenti, grazie soprattutto all’attivazione di investimenti che hanno allargato la base produttiva dei trattamenti, ferma restando tra l’altro la necessità a monte di migliorare ulteriormente la qualità delle raccolte differenziate. È lecito attendersi per il prossimo futuro un ulteriore incremento dei quantitativi di rifiuti organici trattati in ambito regionale, anche in virtù dell’avvenuta riapertura dell’impianto di gestione anaerobica del Comune di Salerno e dell’incremento di produttività dell’impianto di Giugliano.

Nonostante tali positivi aggiornamenti, il bilancio di materia evidenzia un deficit strutturale di gestione per la frazione organica, per cui risulta necessario dotare la Campania di ulteriori impianti per una potenzialità complessiva di circa 440.000 tonnellate annue  con la partecipazione dei privati oltre che della parte pubblica. Tale deficit potrà essere colmato mediante la realizzazione e messa in esercizio già programmata di ulteriori infrastrutture ad iniziativa pubblica, come quelle presso gli impianti di Tmb (trattamento meccanico biologico) o privati per quei siti indicati dai Comuni che hanno virtuosamente aderito alla importante manifestazione di interesse pubblicata dalla Regione nel maggio 2016.

Ad essa si sono candidate le amministrazioni comunali interessate a tali opportunità di localizzazione e le società provinciali di gestione che detengono gli impianti di trattamento meccanico biologico, intraprendendo un tormentato percorso progettuale ed autorizzatorio. La dotazione impiantistica in fase di progettazione e/o realizzazione ai sensi del programma indicato, nella proiezione del 2025, superando talvolta le resistenze di carattere locale, con i relativi procedimenti autorizzatori, dovrà auspicabilmente integrarsi con ulteriori iniziative per realizzare in regime di mercato – orientato dai principi virtuosi dell’economia circolare – le opportune condizioni di prossimità ed autosufficienza regionale per la corretta ed economica gestione della frazione organica dei rifiuti urbani.

Tale scenario “in progress” dovrà tener conto anche delle novità normative intervenute nella gestione dei rifiuti per l’attuazione delle direttive comunitarie previste dal “Piano d’azione per l’economia circolare”, attraverso alcuni decreti legislativi vigenti dal settembre 2020 che  hanno introdotto molteplici ed articolate modifiche nella disciplina di settore.

*Direttore generale Arpac

 

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