AVELLINO – A leggere le ultime statistiche riguardanti la nati-mortalità delle imprese - indicatore prezioso per giudicare l’andamento economico di qualsivoglia entità territoriale - si corre il rischio di lasciarsi prendere dall’euforia. Aumentano le nascite di nuove imprese; diminuiscono le cessazioni.
Il tasso di crescita (ottenuto facendo il saldo tra iscrizioni e cancellazioni e rapportandolo allo stock di imprese in attività) ha recuperato brillantemente, tanto da raggiungere i livelli pre-pandemia. Ma tra gli esperti economici non mancano quelli che diffidano dei numeri attuali. Le cancellazioni – sostengono – sono calate perché molti imprenditori vogliono avvalersi finché è possibile degli incentivi governativi. Se cessassero le attività perderebbero ogni beneficio. Quindi, prima di formalizzare la chiusura dell’impresa preferiscono attendere e incassare nel frattempo il sostegno elargito dallo Stato.
Secondo Unioncamere “è ragionevole stimare l’esistenza di una platea nascosta di imprese che in circostanze diverse avrebbero già cessato l’attività”. Come giustificare, però, affermano coloro che non condividono l’interpretazione pessimistica dei dati, l’aumentata “voglia” di fare impresa riscontrabile nell’inequivocabile espansione delle nascite di nuove attività? Insomma, è meglio attendere per esprimere un giudizio definitivo sugli effetti che la pandemia ha avuto sulla struttura imprenditoriale.
Dalle statistiche contenute nella banca dati Movimprese - curata da Unioncamere e Infocamere sulla scorta dei movimenti effettuati presso il registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio - risulta che nel secondo trimestre di quest’anno, a livello nazionale, si è registrata un’accelerazione delle aperture di nuove attività, tornate quasi ai valori pre-pandemia.
Nell’intero stivale sono nate, da aprile a giugno, 89 mila nuove imprese, contro 44 mila cessazioni. L’incremento in soli tre mesi è stato di 45 mila unità. Il tasso di crescita ha raggiunto così lo 0,74%, con punte massime superiori a 0,90 in Trentino Alto Adige e in Puglia e minime (0,53%) in Molise. Anche in Irpinia, in parallelo con quanto si è verificato in tutto il Paese, è in atto una ripresa della natalità imprenditoriale. Nella nostra provincia il tasso di crescita si è assestato sullo 0,75% ; infatti, la differenza tra ditte iscritte e ditte cancellate è stata di 333 unità (598 iscrizioni contro 265 cessazioni). Da rimarcare che il tasso di crescita irpino uguaglia quello sannita ed è il più basso tra le circoscrizioni campane: infatti, Caserta raggiunge lo 0,95%, Napoli lo 0,93 e Salerno lo 0,77.
Avellino, anche se si allarga l’analisi estendendola al periodo gennaio-giugno, quindi all’intero primo semestre, conferma i risultati di tutto rispetto spuntati nel secondo trimestre dell’anno, superando sia pure d’un soffio (+0,01%) il tasso di crescita toccato in tutto lo stivale; tra le province italiane l’Ipinia si colloca intorno al 55esimo posto.