AVELLINO – Tra recessione e speranza di ripresa. Questo è il bivio che ha di fronte il Sud del Paese. La diagnosi è contenuta nell’ultimo numero di Check up Mezzogiorno (il disegno in copertina è di Domenico Rosa), il semestrale curato congiuntamente dall’area Mezzogiorno di Confindustria e Srm−Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (centro studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo). Dall’analisi sulla crisi economica, emergono per il Meridione – che ora sta attraversando il periodo peggiore – dati impressionanti.
Nel 2010 il Pil è sceso di 19 miliardi rispetto al 2007 (-6,1%), gli investimenti sono diminuiti di 7,5 miliardi (-10,8%), il fatturato complessivo delle imprese manifatturiere è calato di quasi 2 miliardi (-2,8%), mentre sul fronte occupazionale sono andati perduti quasi 320.000 i posti di lavoro. Massiccio il ricorso alla Cassa integrazione, ulteriormente aumentato nel corso del 2011 (159 milioni di ore in più). Il divario tra Nord e Sud, anziché accorciarsi, si è allargato. Il Pil per abitante, sottolinea il periodico, è pari nel sud Italia al 42% di quello registrato dal centro-nord segnando valori che nella classifica dell’Ue occupano una delle posizioni più basse.
L’analisi compiuta dall’osservatorio di Confindustria e Srm registra, tuttavia, qualche flebile segnale di inversione di tendenza rispetto alla precedente rilevazione. Il tessuto imprenditoriale, si legge nella ricerca, si è leggermente irrobustito perché sono state espulse dal mercato le imprese meno competitive, come è testimoniato dalla crescita numerica delle società di capitale. Altra spia di una debole ripresa, la crescita dell’export (+14,7%) avvenuta a un ritmo superiore a quello registrato dal centro-nord. Un timido segnale positivo è colto anche nel mercato del lavoro: a fine 2011 il numero degli occupati segna un +0,4%. Si consolida, poi,la leadership delle regioni meridionali nel campo delle energie rinnovabili . Una certa ripresa, infine, si è avuta nel movimento turistico.
“La crisi - secondo gli autori del rapporto - si conferma paradossalmente come l’elemento esterno che può stimolare gli attori del sistema a fare ciò che fino a questo momento non si è voluto o potuto fare: le imprese, a riprendere la via degli investimenti per affacciarsi sui mercati con maggiore fiducia, con più forza competitiva, con idee innovative e con voglia di lavorare in rete; le istituzioni finanziarie a sostenere l’accesso al credito promuovendo la crescita patrimoniale e dimensionale delle piccole imprese; le amministrazioni, a dimostrare di essere finalmente capaci di assecondare questi sforzi, accentuando nel Sud la produzione di utilità collettive e arrestando lo spreco di capitale umano, soprattutto giovanile e femminile”.
Nello studio in esame c’è un interessante indice sintetico di sviluppo, calcolato dall’Area Mezzogiorno di Confindustria con riferimento ai dati del 2009, indice che sintetizza il livello di sviluppo di un territorio sulla base di un set di indicatori economici e sociali. Ebbene, tale indicatore evidenzia come le prime posizioni della graduatoria siano coperte tutte da province settentrionali. Per trovare la prima provincia del Mezzogiorno bisogna scendere al 51° posto, occupato da Cagliari con un indice, pari a 100,09 (di poco superiore alla media nazionale Italia=100).
Ben 15 province del Mezzogiorno presentano valori inferiori di 30 punti rispetto alla media nazionale e di 45 punti rispetto alla media del Centro-Nord. Il ritardo complessivo del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord è di poco inferiore ai 40 punti percentuali.
Avellino, in questa classifica, è al 91esimo posto con 71,81 punti. Magra consolazione se l’Irpinia è messa a confronto con le consorelle campane. Sono tutte collocate più in basso, eccezion fatta per Salerno che è 87esima con 72,5 punti. Napoli è 92esima con 70,33 punti; Benevento è 100esima con 66,15 punti e Caserta addirittura al 104esimo posto con 62,07 punti.
