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    03/07/2024

L'Irpinia ha perso l'autobus dello sviluppo

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b_300_220_15593462_0___images_stories_sviluppo.jpgPrima o poi si dovrà scrivere la storia degli insediamenti del gruppo Fiat in Irpinia. Ora che questa intensa vicenda che ha segnato indelebilmente lo sviluppo socio-economico dell’intera provincia sta conoscendo una crisi gravissima, sarebbe più che mai attuale una riflessione seria ed attenta sul passato per meglio comprendere anche le scelte fatte dalla casa torinese e gli effetti che esse produrranno.

Un primo significativo passo su questo percorso che unisce memoria e presente è senza dubbio segnato dal libro Metalmezzadri (Editore Mephite) dedicato alla cronaca delle ultime vicende della Irisbus. In realtà, l’autore Michele De Leo, giornalista de Il Mattino, parte da lontano, inserendo nelle pagine del volume vari ed intensi flash-back sul passato dello stabilimento della Valle dell’Ufita. È un passato anch’esso costellato di momenti critici e, tuttavia, anche di coraggiose rinascite favorite dalla virtuosa sinergia tra i lavoratori ed il colosso del Lingotto. Purtroppo, è stata proprio questa condizione a non essersi più avverata e, quindi, a causare l’inizio della fine.

Fu proprio De Leo, nello scorso agosto, a divulgare per primo la notizia della imminente dismissione dello stabilimento, rivelando ai lavoratori dalle colonne de Il Mattino l’amara verità fino ad allora taciuta. Fin dall’inizio, quindi, l’autore si fa testimone dei sentimenti contrastanti che animano i singoli operai ed i gruppi della società civile che sostengono la loro lotta. In pagine dense ed appassionate la scrittura coinvolgente di De Leo conduce i lettori davanti ai cancelli della fabbrica, li introduce nei capannelli dei lavoratori che attendono invano rassicuranti certezze, li fa sedere ai tavoli ministeriali dove i ministri non si siedono. Ma fuori dai palazzi ministeriali si agitano anche altri protagonisti. Sono i potenziali acquirenti dello stabilimento, da Di Risio ai cinesi dell’Amsia. Metalmezzadri rivela anche i retroscena di queste trattative, facendo luce sul cono d’ombra in cui le trattative si sono consumate. Ma, più di ogni altro messaggio o informazione, l’autore a trasmettere per intero prima lo sconcerto e, poi, la disperata rassegnazione di chi registra, giorno dopo giorno, l’indifferenza delle istituzioni e della classe politica. Di questi sentimenti egli si fa partecipe, prendendo posizione, indignandosi, lottando con e per i lavoratori con l’unico strumento a sua disposizione, l’informazione.

Sarebbe, però, fuorviante ritagliare all’autore uno spazio angusto di appassionato spettatore e divulgatore del dramma dei lavoratori dell’Irisbus. De Leo va oltre, non si fa sedurre dalla demagogica tentazione di farsi agiografo di personaggi o situazioni. Al contrario, non teme di sottolineare le contraddizioni e le spaccature che segnano profondamente le maestranze dello stabilimento ufitano. Non si appiattisce, insomma, sulla scontata contrapposizione tra gli interessi dei potenti e i diritti (calpestati) dei deboli. In Metalmezzadri, infatti, trovano spazio anche le voci controcorrente, quelle di chi, dall’interno dell’Irisbus, sottolinea i punti deboli e le incoerenze di alcuni gruppi di lavoratori.

In definitiva, quindi, è un libro scomodo quello di De Leo. Scomodo per chi ha già archiviato la vicenda dello stabilimento ufitano, rassegnandosi all’inevitabile chiusura. Scomodo per chi ha già dimenticato le assenze dei politici e la scarsa attenzione delle istituzioni. E, ancora, scomodo per chi ha rinunciato troppo in fretta a sperimentare nuove strade e soluzioni. Finita la lettura, restano sensazioni contrastanti: gradimento per un libro interessante ed appassionante; amarezza per l’ennesimo dramma consumato sulla pelle dei lavoratori irpini.

 

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