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    22/07/2024

Altro che d’oro, da noi le pensioni sono di latta

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Economia_inps_riforma.jpgAVELLINO – Anche loro attendevano dal governo Renzi uno sgravio fiscale simile a quello annunciato per i lavoratori dipendenti; ma sono rimasti delusi. Sono i pensionati che, almeno per il momento, non avranno aumenti conseguenti ad alleggerimenti delle imposte. Non ci sono le risorse per una misura del genere che riguarda una massa ingente di persone, dicono i ministri responsabili. Secondo alcuni sindacalisti, invece, una parte del denaro per incrementare gli emolumenti dei pensionati potrebbe essere attinta dalle cosiddette pensioni d’oro. Ma qual è la soglia affinché una pensione possa essere ritenuta davvero fatta di metallo prezioso? Susanna Camusso, leader della Cgil, ha dichiarato durante la nota trasmissione radiofonica del mattino “Radio anch’io” che l’asticella posta a quota 2.500-3.000 euro mensili sarebbe troppo bassa. Quindi occorrerebbe operare su pensioni di maggiore consistenza. Le quali sarebbero, in tutt’Italia, 860 mila se per tali bisogna considerare quelle superiori ai 3 mila euro mensili. Il dato si ricava dalle statistiche pubblicate dall’Inps nel casellario on line dei pensionati. Queste pensioni dorate rappresentano il 5% del totale delle pensioni; il loro importo complessivo, però, costituisce il 17% dell’ammontare globale del reddito pensionistico del nostro Paese. Facendo la cresta su questo scaglione di trattamenti pensionistici – il cui ammontare medio annuo, sempre in base ai dati pubblicati dall’Inps, si aggirerebbe sui 50 mila euro – si potrebbero ottenere somme non trascurabili, quantunque insufficienti a coprire l’intero fabbisogno necessario per concedere un tangibile sgravio fiscale ai pensionati con un basso reddito. Il resto bisognerà recuperarlo altrove. Senza dire, poi, che non si potrebbero tagliare a cuor leggero, senza incorrere peraltro in prevedibili contenziosi, pensioni per le quali il pensionato ha regolarmente pagato i relativi contributi durante la sua vita lavorativa.

La consultazione dei dati Inps offre l’occasione per dare uno sguardo ai trattamenti pensionistici erogati nella nostra provincia. I pensionati in Irpinia sono 111 mila. Da noi, quindi, 26 abitanti su 100 beneficiano di una pensione. Questa aliquota è di due punti più bassa della media nazionale e di ben 4 punti maggiore di quella regionale. In Campania ci supera soltanto Benevento con una percentuale del 29%. Ovviamente tale parametro è da mettere in relazione con l’indice d’invecchiamento della popolazione.  Il reddito pensionistico complessivo si avvicina in Irpinia al miliardo e mezzo di euro. Corrisponde, quindi, quasi a un quarto del Pil provinciale, contro il 17% della media dell’intera penisola. L’importo medio annuo delle pensioni è da noi di 13.400 euro, contro i circa 16 mila che rappresentano la linea di mezzo dell’intera nazione. La fascia più corposa di pensionati (il 26,5% del totale) appartiene nella nostra provincia alla classe che va dai 500 ai 750 euro mensili. Sotto i 500 euro c’è il 15,4% dei pensionati.  Un altro 15,2% è da iscrivere nella classe 750-1.000 euro. Quindi, in totale 57 pensionati su 100 non raggiungono in Irpinia neppure i mille euro mensili. In tutt’Italia è il 44% dei pensionati che si colloca in questa fascia.  Sopra i mille euro e fino ai 1.500 in Irpinia c’è il 20,6% dei pensionati (nell’intero Paese il 23,1%). Tra i 1.500 e i 2.000 se ne contano da noi 9 su 100 (in Italia 14,9). Oltre i 2.000 euro al mese e fino a 3.000 ce ne sono quasi 10 (in tutto lo stivale circa 13).   I pensionati d’oro, se tali possono ritenersi quelli con un reddito pensionistico superiore ai 3 mila euro mensili, sono in valori assoluti in provincia di Avellino 3.692 e rappresentano poco più del 3% del totale, contro i 5,2 della media nazionale. Guardando alle fasce d’età, si osserva che più del 70% dei pensionati irpini ha superato i 65 anni d’età (in Italia il 72%); un altro 20% è compreso nella fascia che va dai 50 ai 65 anni (22 in tutta la penisola). Il  10% (il 6 nel resto d’Italia) appartiene a classi più basse d’età; si tratta quasi sempre di invalidi.

 

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