AVELLINO – In linea di principio sembrerebbero condivisibili le linee guida annunciate dall'assessore all'Urbanistica Ugo Tomasone per l'adeguamento e la semplificazione del Puc.
Limitare il consumo di nuovo suolo, recuperare e riqualificare il patrimonio edilizio esistente sia pubblico che privato, dare priorità alla messa in sicurezza sismica, all'efficientamento energetico, alla qualità e decoro degli spazi pubblici e dei servizi di quartiere, valorizzare i beni culturali, genericamente, sono intenti da apprezzare, così come il tentativo di cominciare a ragionare in termini di area vasta.
Dopodiché vien da chiedersi che fine farà lo strumento urbanistico vigente, solo in parte attuato e sensibilmente stravolto, con decine di inchieste giudiziarie aperte, nelle zone B consolidate, le notorie realizzazioni di case sorte come funghi nei giardini di zone del centro città.
E la perequazione? Il principio per cui i privati, a partire dalla NI01, l'area attorno all'autostazione, il Central Park di Avellino, per poter edificare debbono cedere cospicue quote al Comune per la realizzazione di servizi pubblici, che fine farà? E dietro la messa in sicurezza sismica, con possibili ulteriori premi di cubatura, visti i soggetti in campo, c'è il concreto rischio di favorire la speculazione edilizia.
Perché non ripartire, sulla questione urbanistica, con trasparenza, da un'analisi di ciò che è stato, coinvolgendo in un dibattito pubblico i progettisti del Puc, Gregotti e Cagnardi? E per quanto riguarda il patrimonio storico e la sua valorizzazione stiamo parlando della stessa amministrazione che ha buttato a mare, per il recupero di Piazza Libertà, un concorso internazionale di architettura per realizzare l'attuale scempio fatto di tombini e cemento armato.
Sull'Area vasta, sulla quale ancora non si intravede l'idea guida portante, né si capisce cosa c'entrino, per esempio, Solofra e Montoro con l'hinterland di Avellino, al di là del fatto di essere tutte comunità a guida Pd, al più presto,approfonditamente, ritorneremo.