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    03/07/2024

Chi e perché blocca il progetto del verde ad Avellino

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Il tracciato del Parco Santo Spirito AVELLINO – Perché Avellino, città che tutti (ma proprio tutti) giudicano bisognosa di progettualità ed idee – progettualità leggera ed idee subito realizzabili – trascura, anzi respinge, soluzioni di questo tipo? Colpì qualche settimana fa un articolo apparso sulle pagine avellinesi del Mattino. L’articolo era dedicato alla mancanza di verde in città. Né nello scritto dell’autrice né nella (inesistente) replica del giornale c’era un accenno a qualche amministrazione precedente che aveva lanciato il pur chiacchierato programma – nel quale pochi credevano (giovani, intellettuali, imprenditori) con il titolo “Città giardino”. Programma che prevedeva – con la formula della perequazione – l’acquisizione da parte del Comune del fondovalle Fenestrelle – per farne un parco. La “perequazione” vuol dire: io amministrazione acquisisco l’area – si parla di oltre 600.000 metri quadri – tu proprietario ottieni in cambio la possibilità di costruire, su aree già indicate, una piccola cubatura.

Per la cronaca il Parco Santo Spirito – occupato da (troppi) impianti sportivi subito sfasciati per l’incuria e la mancata sorveglianza – fu realizzato sull’area già acquisita dal Comune agli inizi degli anni Novanta per insediarvi – secondo le previsioni del Prg aggiornato dall’architetto Petrignani dopo il terremoto del 1980. L’area acquisita doveva essere destinata – come  previsto anche nel Piano redatto durante il fascismo dall’architetto Cesare Valle – all’insediamento di quello che oggi chiamiamo Pip (Piano insediamenti produttivi: prevalentemente officine artigianali). Pip che non ebbe, intorno al 2000, l’approvazione della intanto nata Autorità di bacino. Fu da quel fermo no dell’autorità di bacino che nacque l’idea di destinare il vallone Fenestrelle a parco pubblico – la “strada-parco” era già scomparsa per l’assoluta mancanza di fondi –  al tempo stesso a difesa ed al servizio della città: il vallone del Fenestrelle accompagna Avellino per tutta la sua lunghezza ed un parco lungo tre chilometri è praticamente raggiungibile con facilità da quasi tutte le zone della città, ed è, nella parte finale (verso Atripalda) il punto dove confluiscono le acque dei torrenti che precipitano da tutte le colline che circondano Avellino.

Altra zona destinata a verde è il cosiddetto Campo Santa Rita, ovvero l’area oggi destinata a deposito dei bus, una volta continuazione della collina dell’istituto agrario prima che a fine Ottocento su quei vigneti passasse l’attuale via Circumvallazione. Si dà il caso che su quell’area si preannuncino corposi interventi edilizi. La decisione fu presa, purtroppo, dai progettisti modificando una previsione concordata con l’amministrazione dell’epoca. E pensare che su una striscia di Campo Santa Rita doveva trovare posto soltanto la cubatura risarcitoria di quel poco di verde espropriato a qualche famiglia “intoccabile” per realizzare il parco del teatro (parco, chissà perché, scomparso dalla vista degli avellinesi). Altro che striscia lungo rampa San Modestino. Adesso si parla di ben tre edifici…Nei pressi, inoltre, rimane sempre un mistero la trasformazione di un giardino nel tetto di un parcheggio (dice il contrario lo spirito e la lettera della legge Tognoli: quell’area, realizzati i box, va destinata a verde e restituita, senza l’ignobile cancellata, ai cittadini).

Poi viene, e non certo per una secondaria importanza, la vicenda intricata di Piazza Libertà. Anche in questo caso c’è un misto di confusione amministrativa, di incapacità e di voglia di rimettere tutto in discussione. A cominciare dal concorso europeo su un progetto per la sistemazione della piazza. Piazza che non viene rivisitata da mezzo secolo quando – in altre condizioni sociali e con un traffico automobilistico contenuto – fu trasformata in un mix di rotatoria automobilistica e giardino pubblico (all’epoca molto apprezzato).

Mezzo secolo dopo, in ben altro contesto, si pensò anche di correggere la distorsione cui Piazza Libertà costringe il notevole traffico automobilistico (Avellino è tra le prime dieci città italiane per intensità di spostamento dei veicoli: forse tutto nasce dalla forma filiforme della città e dall’essere  il “largo” un tappo per le sette strade che vi confluiscono). Ed allora ecco il primo – tra il presuntuoso ed il gigantesco nonché piuttosto estraneo al mondo nostrano – tentativo del dopo terremoto: quello dello studio Zevi di Roma. Fu la prima volta, allora, che si cominciò a parlare di parcheggi interrati (due piani) ed una eccentrica interpretazione della piazza che a tutto si ispirava tranne che agli storici dipinti, disegni, foto venutici dai tempi che furono.

Alla fine è venuto il concorso europeo che stava sprofondando nella disattenzione e nei ritardi. Il progetto vincitore, proposto da uno studio di Lucca, è molto originale. Trasforma la vecchia piazza di pietra in parco. Da quando questo progetto è stato scelto sul tutto è calato il silenzio. E vengono posti tanti problemi: il progetto abbassa il livello della piazza; il progetto non si raccorda a sua volta con il parcheggio interrato che è legato – sono soldi dei privati – al finanziamento pubblico per il tunnel (quando sarà completato per dire alla Regione che carte e conti sono a posto?). Ora si dà il caso che il sindaco si sia espresso contro il parcheggio interrato già in campagna elettorale ma non nelle sue dichiarazioni programmatiche di insediamento. Paura della Corte dei conti se i privati che dovranno realizzare il parcheggio dovessero spuntare un rimborso da parte del Comune? Ed il processo di pedonalizzazione di pezzi della città lo si attuerà fermando tutte le auto alle porte di Avellino?

Riassumendo: gestione traffico, pedonalizzazione, parcheggio, piazza, zone limitrofe alla piazza (Corso, Matteotti, Nappi, Piazza del popolo, via De Sanctis, via Due Principati, via Cascino). Siamo sicuri che ad abitanti e commercianti della zona il parcheggio in centro, che prevede anche vendite di box, proprio non interessi o non occorra? Non si dimentichi che prefettura, Palazzo Caracciolo (sede della Provincia) ed il resto della quinta settecentesca non hanno garage, così come il palazzo vescovile e lo stesso Palazzo Sarchiola.

Che stupidaggine, infine, dire – con ferma quanto eterea fermezza – che un altro cantiere la città non lo sopporterebbe. Viene il sospetto che questa storia del cantiere “insopportabile” serva a giustificare due marce indietro: quella, pericolosa, del parcheggio e quella del rifacimento della piazza, mal digerito, quest’ultimo, dai professionisti nostrani perché bocciati al concorso. Ed a proposito di cantiere infinito c’è chi ha già dimenticato quando sconquassarono Corso Garibaldi appena rifatto e si mangiarono metà strada per avere – dove c’erano i distributori di benzina espiantati e lo spartitraffico rifatto con fiori e piante… – l’accesso al tunnel, dov’erano allora i fini politici che oggi trovano bellissima la piazza così com’è, che temono un altro cantiere infinito? Dov’erano gli intellettuali e gli organi d’informazione? Dov’erano i commercianti in protesta? Diamo loro, ed al sindaco, un suggerimento-furbata: qualche saggio in profondità per capire se il “largo” contiene giacenze sepolte dal tempo. Si risolverebbe subito anche il rischio finanziario.

Infine, a qualche anima candida che li ignora parlando del triste futuro della città bisogna ricordare il parco di via Morelli e Silvati, il verde di via Derna, del quartiere 9, e di quello acquisito di Villa Amendola. E per finire meglio ricordare la “variante per gli ambiti fluviali e collinari” di Avellino, colpevolmente lasciata andare alla deriva negli ultimi dieci anni. L’amministrazione Foti ed i “lamentosi” vogliono tornare sull’argomento?

 

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