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    03/07/2024

Una partenza travagliata

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Politica-Editoriale_la_statua_di_carlo_ii_dasburgo_e_la_torre_dellorologio.jpgAVELLINO – Come potrebbe avvenire per una vecchia locomotiva, tenuta in deposito per tanti anni e rimessa nuovamente sui binari, così Vincenzo Ciampi sta cercando di avviare in qualche modo il treno della nuova amministrazione comunale di Avellino: molti sbuffi, tanti cigolii, e un’andatura veramente lenta e affaticata, certamente non quella che si dovrebbe attendere una città con tanti problemi come è attualmente Avellino. È il frutto di un voto, quello del 10 e 24 giugno scorsi, che ha consegnato un risultato, probabilmente unico nel nostro Paese: un Consiglio comunale a maggioranza assoluta di centrosinistra, un sindaco, di segno totalmente opposto (M5S), che porta in dote solo cinque consiglieri su trentadue.

In queste settimane abbiamo assistito prevalentemente a schermaglie sviluppatesi attraverso dichiarazioni rese attraverso gli organi di informazione, quasi una prosecuzione della campagna elettorale, senza tuttavia trovare una possibile intesa, peraltro già difficile di suo; il tutto alternato  a  qualche iniziativa di pubblicità-spettacolo quale quella dell’allegra brigata dei “fivestars”, divenuti per un giorno “Giovani marmotte”, con tanto di ramazza e secchio, pronti a spazzare il Parco Manganelli: un’iniziativa lodevolissima in altro momento, ma assolutamente impropria nel tempo in cui più che colmare i bidoni di pattume occorrerebbe riempire di contenuti l’azione di formazione del nuovo governo cittadino cercando, se è possibile, un valido sostegno che al momento risulta totalmente mancante.  Infatti, la stessa coalizione che ha sostenuto il neo sindaco durante le due settimane di preparazione al secondo turno, appare profondamente divisa; un dato probabilmente inevitabile perché, come insegna la storia, mettere insieme componenti profondamente diverse tra loro, può anche avvenire nella logica del “contro”, ma risulta particolarmente complesso, al momento di passare alla fase del governo. E mai come in questo momento estremamente  problematico appaiono assolutamente mancanti figure di spessore, nella veste di mediatori,  che possano provare a ribaltare una situazione che al momento appare non componibile.

A mettere altra carne sul fuoco, anche la vicenda Alto Calore, col piddino Ciarcia (prossimo dell’ex sottosegretario Del Basso De Caro) nominato successore dell’uscente De Stefano, fra i “vai e vieni” del povero Ciampi, che da sindaco di Avellino avrebbe avuto pieno potere di veto e che invece, dopo aver parlato per comunicati, è entrato in aula dopo che i giochi si erano conclusi: ingenuità,  oppure (come si mormora) “cofecchia” concertata dal nume tutelare Carlo Sibilia, coi tanto odiati democrat (in questo caso i “decariani”) nella speranza di raccattare i voti mancanti al neo sindaco per varare finalmente la nave del primo governo avellinese a guida 5S?

Se fosse vera la seconda ipotesi bisognerebbe dire che l’operazione è stata un clamoroso flop, visto che, qualche giorno dopo, l’eletto presidente del Consiglio comunale di Avellino è stato Ugo Maggio di Davvero (dunque Gianluca Festa) ai danni dell’altro contendente della “fu coalizione-Pizza”, Ettore Iacovacci, intorno al quale proprio i seguaci del senatore sannita avrebbero fatto quadrato.

E così proprio nella giornata in cui moriva una delle figure-simbolo della sinistra irpina, l’ex parlamentare Stefano Vetrano, si consumava intorno all’elezione del presidente dell’assise comunale avellinese l’ulteriore e forse conclusiva divisione del (cosiddetto) Pd nostrano; in questa ennesima, sterile, battaglia interna fra gli eredi democristian-comunisti, il vincitore è stato Gianluca Festa, dimostratosi ancora una volte abilissimo navigatore nello stagno in cui ormai da tempo i “democrat” galleggiano; al suo fianco Luca Cipriano, che dopo l’ottimo risultato al primo turno, ottenuto puntando sulla rottura col vecchio sistema, ha scelto di collegarsi con uno dei protagonisti di quel sistema (ricordiamo i trascorsi di Festa quale ex vice sindaco con Galasso, e il suo attuale ruolo di consigliere provinciale venuto qualche anno fa, al termine della brutta vicenda del “Foti bruciato”). Festa dunque vince, ma può essere lui il futuro del Pd? Ne parleremo più avanti.

Cosa propone, a questo punto, il menu politico avellinese anche in vista dell’imminente Ferragosto (a proposito il concertone si farà, i soldi sono stati trovati)? La giunta neonata, un mix di gioventù e professionisti apparentemente anche promettenti sul piano della qualità, lavora per quello che può in attesa del voto di fiducia, se mai dovesse venire, visto che in un clima tanto diviso, e con in ballo il “cerino” del dissesto, soltanto un magico “abracadabra” potrebbe risolvere la questione, a meno che…E ritorniamo, molto modestamente, ad esprimere un concetto già più volte manifestato in numerosi ambiti giornalistici, oltre che dalle colonne di questo giornale: si mettano insieme, con buona volontà e nel desiderio di mettere in sicurezza una città sull’orlo del baratro, tutte le forze e gli uomini che abbiano ancora un minimo senso dell’appartenenza ad Avellino, traccino un programma di due-tre punti al massimo (non ci permettiamo di suggerirli per il rispetto che si deve a chi è stato eletto dal “popolo sovrano”), con un limite temporale di 12-18 mesi, al termine dei quali si vada direttamente e senza esitazioni al voto. Pensiamo che questo sarebbe un modo davvero serio di affrontare una situazione che non lascia prevedere altri sbocchi, che non siano “papocchi” senza sostanza.

Vi avevamo promesso due parole finali sul Pd: la creatura che fu di Prodi, ormai, pare avvolta in un “loop” tanto a livello nazionale che a livello locale dando l’idea addirittura di  un’avanzata fase agonica. La storia traccerà i contorni di responsabilità individuali e collettive. Certamente, per restare nei confini d’Irpinia, se il gruppo dirigente (definiamolo ancora così) appare sempre più anossico, restano le numerose realtà individuali e dell’associazionismo che fanno riferimento ai valori della sinistra e del cattolicesimo democratico, pilastri fondanti dell’Ulivo prima, del Pd successivamente. E le voci danno già come operanti, tentativi di costituire reti che mettano insieme proprio tali realtà, in un’azione che verosimilmente possa andare oltre i modesti, attuali confini “piddini” per realizzare dal basso quello che, partendo invece dal vertice, si è tradotto in un pesante fallimento. È l’aspirazione di numerosi uomini e donne, ma soprattutto di tanti giovani che ambiscono a ritrovare nella propria terra una ragione di speranza che penosi e miseri egoismi hanno finora negato.

 

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