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    03/07/2024

La città e la democrazia/La diciamo fino in fondo?

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b_300_220_15593462_0___images_stories_Politica-Editoriale_aula_gonfalo.jpgAVELLINO – Sulla vicenda politica cittadina e sullo scontro in atto tra il M5S e le opposizioni ospitiamo un intervento di Stefano Kenji Iannillo.

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Sarò lungo ma penso che in questo momento in cui tutti parlano della tenuta democratica di #avellino sia importante dire alcune cose provando ad entrare un po’ nel merito del dibattito oltre gli slogan che si sentono in queste ore. La tesi alla base di questo ragionamento è: se c’è una disaffezione alla democrazia e una sua messa in discussione, la responsabilità non è dei Grillini, che ne sono una conseguenza da combattere, ma di chi negli ultimi decenni l’ha più volte umiliata per i propri interessi.

La realizzazione di alcuni manifesti 6X3 che girano all’interno della città di #Avellino indicando i nomi degli 8 consiglieri che hanno votato la pregiudiziale che di fatto ha bloccato la variazione di bilancio necessaria al Ferragosto avellinese (variazione che è bene ricordare andava votata in giunta) è un evento sintomatico di un decadimento ormai irreversibile della politica, del dibattito pubblico, delle istituzioni di questa città.

Le responsabilità politiche, prima che legali, di questa vicenda vanno chiarite ovviamente il prima possibile per avere un giusto ritorno sul presente della nostra città. Così come il ruolo del sindaco Ciampi in questa vicenda, dato che solo poche ore fa aveva dichiarato che nessun cartello sarebbe stato fatto e che la sua uscita sui social era figlia unicamente di uno sfogo per cui aveva chiesto scusa. Nel frattempo l’altro grillino avellinese per eccellenza, Carlo Sibilia, parla come suo solito di complotti e intimidazioni, rivendica a mezza bocca, minaccia, sbraita, prova a coinvolgere un privato parlamentare e associazioni conniventi nella prima vera privatizzazione di una festa di comunità a cui abbia mai assistito. Un’occupazione privatistica e politicista di uno spazio simbolico in cui da sempre si riconosce tutta la città, nonostante le discutibili scelte culturali degli ultimi anni.

È  importante l’indignazione generata dai manifesti ma anche dalla degenerazione politica di questa amministrazione nel suo tentativo di “salvare” il Ferragosto così come gli altri hanno provato a “salvare” la nostra economia: svendendolo a privati che prendono quel che gli serve, non lasciando niente.

Però credo sia importante anche ricostruire le tappe - e con esse le responsabilità - di questa continua svalutazione dei processi democratici, di questa atomizzazione della cittadinanza, di questo perpetuarsi di un dibattito sui social che coinvolge indiscriminatamente maggioranza, opposizione, consiglieri, assessori, cittadini. Questo perché le responsabilità sono diffuse e Ciampi e le sue gesta sono il frutto avvelenato di decenni di mala politica in città e molti di quelli che oggi si indignano, chiamano alla piazza, alla democrazia dovrebbero quanto meno farsi un bagno di umiltà riconoscendo le proprie responsabilità prima di parlare di Avellino e del suo bene.

Cominciamo questo “remind”  in maniera molto veloce con le prime cose che mi vengono in mente:

- Decenni di governo democristiano prima, di centrosinistra poi, che hanno consegnato i quartieri nelle mani di rais territoriali – molto spesso posizioni ereditarie – che hanno sostituito il rapporto cittadino/amministrazione con quello cittadino/intermediario/amministrazione generando di fatto la base delle clientele e il primo screditamento delle istituzioni democratiche.

- Grandi opere cittadine e progetti di città (quando c’erano) realizzate, o meglio cantierizzate, senza coinvolgimento pubblico, senza tempi e spese certe trasformando la città in un cantiere continuo da odiare. Questo dopo il disastro del terremoto e la consistente sfiducia generata dalla gestione dei fondi e dal mancato rilancio del nostro territorio dopo la tragedia. Ovviamente in queste condizioni per ogni cittadino è complicato alimentare un sentimento proprio della città, percepirla come sua, come un qualcosa in cui viene richiesta la propria opinione, in cui investire anche emotivamente il proprio futuro. Anche qui è la sostanza e non la forma della democrazia, del sentirsi cittadini, che è andato in fumo.

- Disoccupazione altissima, emigrazione giovanile senza precedenti, precarietà e lavoro nero dilagante. Mentre nel recente passato le partecipate e le aziende pubbliche diventavano terreno di clientele e merci di scambio, il lavoro lontano dall’essere strumento di dignità era considerato alla stregua di un pacchetto di voti. Amministrazioni pubbliche infarcite di dirigenti e dipendenti assunti con bandi ad hoc, inseriti dal politico di turno, pronte a fare gli interessi del politico di turno. Ed è a queste amministrazione – che è l’interfaccia “materiale” dello Stato – che i cittadini avrebbero dovuto dare credito “democratico”?

- Ultime amministrazioni fallimentari da Galasso all’indeciso Foti, che addirittura non si capiva quale fosse la sua maggioranza, in cui bene o male hanno gravitato tutti. Aveva 5, 6, 8, 15 consiglieri a seconda di quale fosse il dibattito in città e nel partito democratico. Un Consiglio ostaggio di un partito e già di per sé quindi snaturato, privato del suo valore. Numeri legali che c’erano o sparivano a seconda dei capitoli di bilancio, delle dichiarazioni sui giornali. Ditemi voi se negli ultimi 5 anni – dopo un decennio di crisi economica – ci sia stata la tutela della democrazia e del ruolo del consiglio a cui il buon cittadino borghese deve appellarsi in questo momento.

- Una città impoverita, condizioni materiali sempre più devastanti, atomizzazione sociale, quartieri abbandonati. E le forze politiche dell’opposizione che sono riuscite a costruire solamente cartelli elettorali, iniziative ai fini del consenso elettorale che puntualmente non arriva mai. Completamente disinteressati di quello che accadeva in città, nessun supporto materiale a movimenti, associazioni, eventi pubblici che erano utili fintanto che potevano portare voti. Movimenti studenteschi? Occupy Avellino? I tanti eventi culturali che con difficoltà ci sono in città? Vanno bene se mettono un candidato - ma non deve prendere troppi voti sennò il partito si incazza - ma non se esprimono idee, desideri, bisogni. La crisi democratica passa anche dalla denigrazione dell’importanza dei movimenti dentro la società civile, del loro ruolo creativo. Il tutto mentre cresceva questo terribile “Giano” mostruoso chiamato Movimento 5 Stelle.

- E come dimenticare le ultime Amministrative? Ditemi voi se la democrazia non è stata umiliata da oltre 250 candidati scelti da De Mita e Mancino? Oppure dalla Santa Alleanza dei diversi contro l’indistinto che ci siamo dovuti subire al ballottaggio? E questi sarebbero gli alfieri delle idee chiare? Dei processi democratici della nostra città? Rappresentanti che passano il tempo a chiedere dimissioni sui social, a commentarsi e a svilire così il dibattito pubblico e i suoi luoghi?

- Da qui in poi arriva il nuovo sindaco. La sua incapacità di comporre una maggioranza, di dare uno straccio di idea progettuale alla città. La gestione dei social network modalità gita del liceo, lo spostamento dei toni verso l’odio, verso il noi/loro, verso la segregazione della comunità e quindi i giorni nostri.

- E la presenza nel dibattito pubblico di Carlo Sibilia? I rettiliani, lo sbarco sulla luna inesistente, i rapporti tra specie diverse, il piano kalergi, la sua nomina a sottosegretario. Non è lui stesso il più evidente sintomo che c’è qualcosa che non va nella formalità della democrazia rappresentativa?

Io credo che se non si ha in mente la storia recente della città con i suoi responsabili - e mi sarò sicuramente dimenticato tanti altri momenti - si corre il rischio che l’alternativa in grado di ristabilire una partecipazione popolare, democratica alla vita pubblica di Avellino, di esigere una città e un futuro diverso per essa, semplicemente non sarà mai credibile. Si rischia di fare fronti repubblicani, dare la mano, ritrovarsi d’accordo con quanti sono i veri responsabili di tutto quello che quotidianamente subiamo.

Se si vuole davvero costruire qualcos’altro rispetto alle miserie del presente in cui ci troviamo a vivere bisogna essere credibili, coerenti e trasparenti rispetto a quello che sarà necessario fare perché, scusatemi ma devo dirlo, in tanti che in queste ora stanno urlando alla democrazia oltraggiata avrebbero maggiore decenza a chiudersi nel silenzio dei loro errori recenti e di quello che ci hanno fatto passare.

 

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