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    03/07/2024

Una difesa ed un rimprovero

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Paolo Foti e Costantino PreziosiC’è un neo, un pelo nell’uovo nella secca ed ampia vittoria di Paolo Foti nella sua elezione a sindaco di Avellino? Teoricamente, ma molto teoricamente qualcosa che fa discutere ci sarebbe. Si tratta della scarsa partecipazione al voto. Ad Avellino, come nel resto del Paese, a livelli negativi da record. Ma a stemperare una possibile discussione sull’argomento concorrono significativi precedenti ed autorevoli analisti. Proprio mentre emittenti nazionali e locali lamentavano da tutte le contrade del Paese la scarsissima affluenza alle urne.

Una sintesi di queste osservazioni antipatiche è stata subito offerta dal professore Roberto D’Alimonte, politologo di fama internazionale, che ha criticato la “mania” italiana di ritenere un grande valore l’alta affluenza alle urne. “In tutti i Paesi civili – ha detto – la corsa alle urne è fiacca. Gli italiani che hanno vissuto con entusiasmo il dopoguerra e la ricostruzione anche politica del Paese hanno scambiato quella fase come una regola fissa dei Paesi civili. In Europa si vota poco, come in America, dove nessuno si sognerebbe di definire delegittimato un presidente solitamente eletto con quasi il cinquanta per cento di “partecipazione popolare”.

In più, aggiungiamo noi, c’è anche il precedente della Francia dove in pratica il doppio turno è nato. In alcuni momenti oltralpe la partecipazione al ballottaggio era inferiore al quaranta per cento; percentuale che negli ultimi anni sta risalendo forse perché quanti si allontanavano dalle urne in quanto non interessati a sostenere né l’uno né l’altro dei candidati non hanno trovato, come in Italia, quel miscuglio di disprezzo, di rivincita, di arma in più utilizzato per prendere le distanze dalla politica e dalla classe dirigente da essa espressa. I metodi elettorali, del resto, sono per loro natura, con eccezione di autentiche canagliate, sistemi neutri.

Neutro non è, invece, quanto durante la campagna elettorale si dice per impressionare, per colpire l’opinione pubblica o, peggio, per ferire gli avversari. La corsa di tanti a descrivere la “disperazione” della città di Avellino è apparsa singolare non solo perché sulla “crisi” ci sarebbe tanto da capire, ma soprattutto perché in passato su questo tema si è preferito glissare o addirittura accusare di vaneggiamento chi ne parlava.

Colpisce sentire oggi che la città è ridotta a pezzi slegati tra loro e che tutto deve essere ricondotto a sicura unità. Ma chi ha amministrato nell’ultimo decennio? Perché in pubblico Foti non si è posta questa domanda? Quindici anni fa su questo tema non fu sbagliato lanciare lo slogan-programma “ridiamo un’anima alla città”. In un turno di ballottaggio questa scopiazzatura sarebbe stata rinfacciata da uno dei due contendenti. Forse non è accaduto perché conveniva a tutti coprire vuoti di idee. Un tema, questo delle idee riciclate, che forse meriterebbe un’accurata analisi del professor D’Alimonte.

 

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